La Befana, “Strega”, pur generosa, è derisa e maltrattata

Povera vecchietta, la “Strega”, pur generosa, è derisa e maltrattata . Ben accetta nel Sud ed odiata al Nord ove padrone incontrastato resta Babbo Natale, seppur negli ultimi tempi qualcosa è variato giacchè il consumismo anche nelle lande povere va serpeggiando.

Riti e tradizioni, ormai, si rincorrono dappertutto attorno a questa strana figura ormai, da più tempo, legata strettamente ad una delle feste più importanti della cristianità, l’Epifania.

Ma cosa vuol dire “Epifania”? E che rapporto ha conla Befana, la simpatica vecchietta che nella notte del 6 gennaio i bambini buoni aspettano con ansia e quelli, diciamo, disobbedienti, temono pensando di ricevere solo calze piene di carbone e cenere?

L’Epifania, nella tradizione cristiana, indica il giorno in cui i Re Magi, guidati da una stella, giunsero alla grotta di Betlemme per dare al neonato Bambinello i loro doni: oro, perché Egli era un Re, anzi il Re dei Re; incenso perché il suo aroma era gradito a Dio e la mirra perché avrebbe saputo amare fino alla morte.

I nomi tramandatici dalla tradizione sono Melchiorre di veneranda età, Gasparre il malato e Baldassarre il povero. Consegnati i doni, i tre se ne tornarono alle loro città di origine e vissero felici e contenti ancora per lungo tempo.

La Chiesa cristiana per non dimenticare la consegna dei doni portati a Gesù dai Re Magi, stabilì la festa dell’Epifania nell’813, separandola da quella del Natale. Prima di questa data, infatti, la cristianità celebrava un’unica festività che durava dodici giorni, il primo dedicato alla nascita di Gesù e l’ultimo alla donazione dei Magi. E poiché il primo giorno era allora dedicato alla preghiera, l’ultimo fu dedicato ai regali.

La tradizione popolare, però, non sapendo come giustificare i regali dell’Epifania (anche se in taluni paesi sopravvive ancora la metafora dei tre Re Magi che come Babbo Natale dispensano doni ai bambini per le vie), s’inventò la Befana che così divenne la personificazione stessa dell’Epifania.

Nell’iconografia essa è rappresentata come una vecchia, brutta ma generosa, che durante la notte del 6 gennaio entra nelle case scendendo dalle cappe dei camini (di chi li ha) per dare ai bambini buoni i regali desiderati, e a quelli cattivelli o discoli calze piene di carbone, di cenere, di agli o cipolle. È ancora tradizione, in alcuni paesi, nelle case prive di camini, lasciare socchiusa una finestra per consentire alla Befana di entrare e porre sulla soglia un cencio camuffato da vecchina.

Era una figura pagana dell’antica Roma, l’antenata della nostra Befana: la “dea della notte” che insieme alle altre divinità veniva fuori soltanto una volta all’anno per portare regali ai bambini. Si chiamava Strenia e dal suo nome deriva il sinonimo di regalo: strenna o “strinna” che ricorda il regalo raccattato dai bambini in alcune aree della Calabria, come nelle Serre vibonesi. Nella Roma imperiale, era “strenia” il dono offerto ai potenti nei giorni di festa, soprattutto le “calende”, il nostro capodanno. Per i suoi spostamenti non utilizzava la scopa ma un cocchio celeste trainato da bianchi cavalli ed era giovane e bella; non si stancava affatto e non aveva fame chè era ricca già di suo.

I suoi doni non raggiungevano soltanto i figli di Cicerone, di Attilio Regolo o Scipione, giusto per citare la gente più importante del tempo, ma facevano felici anche le case dei contadini che lei trovava vuote: erano tutti nelle campagne, vecchi e bambini, a salutare la fine dell’anno con grandi falò che bruciavano  le stoppie dell’ultimo raccolto, come rito propiziatorio per il nuovo anno sulle terre. Da qui, sicuramente, la tradizione tutta romagnola che vede  la generosa “vecchietta” bruciata, nella forma di un pupazzo di fieno, nelle piazze delle città come nelle campagne.

Secondo gli antropologi: “con quei falò si rinnovano riti arcaici: la Befana, l’immagine della pagana Madre Natura che, ormai invecchiata, ha bisogno di rinnovarsi e rinascere a nuova vita. Il fuoco è purificatore e le ceneri, nell’antica Roma come oggi, sono il simbolo magico di fecondità per i nuovi raccolti.