Monti prepara una nuova stangata da oltre 10 miliardi

Appena incassato il via libera definitivo alla manovra è già in agenda un appuntamento che coinvolgerà il presidente del Consiglio Monti e i maggiori ministri economici, da Giarda a Passera, per aprire il dossier spesa pubblica. Due le misure sul tavolo. Si va dal blocco dell’aumento della spesa primaria al 50 per cento della crescita del Pil fino allo sfoltimento dei 720 sconti fiscali, tra famiglie e imprese, che costano al nostro sistema 253 miliardi. Oltre a una stretta su beni e servizi e sprechi vari. Nel complesso, sul versante della spesa, si potrebbero risparmiare circa 10 miliardi aggiuntivi. Al netto delle pensioni e degli interessi la spesa pubblica italiana ha raggiunto i 480 miliardi di euro. Troppo per essere sostenibile e troppo sperequata per aderire a tutti i crismi dell’equità.La cornice all’interno della quale si muoverà il Governo per aggredire la spesa pubblica, al netto delle pensioni sulle quali si è già operato, è quella della spending review, cioè la selezione tra sprechi e spese necessarie. Ma in mano all’esecutivo, votato con l’ultima legge di Stabilità che porta la firma dell’ex ministro Tremonti del settembre scorso, c’è anche il cosiddetto emendamento Morando, dal nome del senatore del Pd che l’ha presentato e fatto approvare dall’assemblea di Palazzo Madama, e che ora il governo Monti vuole rendere immediatamente operativo. La norma prevede che la spesa primaria del bilancio dello Stato non possa aumentare in termini nominali (cioè inflazione compresa) più del 50 per cento della crescita del Pil stimata dal Documento di economia e finanza. Una vera e propria mordacchia ai conti pubblici che, unita al pareggio di bilancio inserito in Costituzione, renderà stazionario lo stato dei conti pubblici italiani.

Monti sta studiando tre mosse che comportano un’azione pressante e coordinata. Il primo fronte si chiama federalismo fiscale. Spinto a tappe forzate dalla Lega Nord nella prima parte del 2011 ora, anche in vista dei nuovi equilibri politici, dovrà essere rivisto. Il secondo fronte si chiama “tagli lineari”. Serve un intervento per modificare la tecnica “proporzionale” e indiscriminata adottata da Tremonti per tagliare la spesa pubblica che ha ormai “congelato” bilanci di enti e amministrazioni costretti ad incorporare le nuove regole. Terzo fronte, il patto di stabilità interno. I Comuni hanno avuto parte delle risorse per l’aumento delle imposte e l’introduzione della tassa sui servizi, ma resta la necessità di rivedere pesi e impostazioni. A completare il quadro dell’agenda delle prime settimane dell’anno, che sarà oggetto della ricognizione governativa tra Natale e Capodanno, c’è il taglio delle agevolazioni fiscali eccessive, inutili o che si sovrappongono ad analoghe provvidenze assistenziali Inps. La norma è nata sotto l’emergenza dell’estate scorsa e prevedeva, nel caso di mancata attuazione, l’introduzione automatica e indiscriminata di tagli lineari del 5 per cento fin dal prossimo anno. Il governo, considerando i tempi assai stretti per attuare la delega, l’ha accantonata e coperta per ora con l’aumento dell’Iva che scatterà da ottobre al 23%. Ma l’intenzione dell’esecutivo è quella di evitare l’aumento dell’Iva (o di ridimensionarlo) e di approvare in tempi rapidi la legge di riforma del fisco, praticando tagli selettivi delle agevolazioni fiscali per circa 3-4 miliardi. Senza sacrificare quelle basilari, come le detrazioni per figli e lavoro dipendente. Con i risparmi che arriveranno dal taglio delle agevolazioni si dovrebbe finanziare la riforma dell’assistenza e degli ammortizzatori sociali, per aiutare soprattutto i disoccupati. La giungla degli sconti sui quali il Governo si propone di operare è enorme. Dalla Commissione presieduta dall’attuale sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani è emerso che nel nostro sistema ci sono 720 agevolazioni fiscali che costano allo Stato 253 miliardi. Ma soprattutto è la confusione che regna. Per detrazioni per abbonamenti a bus e metro, per palestre, per spese funebri bisogna rivolgersi al Fisco. Per esperimenti come la social card per anziani indigenti, oppure bonus bebè da 1.000 euro per i nuovi nati, bisogna bussare all’Inps. Nel corso degli anni, si sono cumulate detrazioni con finalità assistenziali che spesso si sovrappongono con analoghi e simili interventi ad erogazione diretta da parte dell’Inps. Di fatto due Welfare. Che camminano ciascuno per conto proprio. Dentro questo marasma, che prevede circa 80 voci di agevolazioni nella denuncia dei redditi, c’è di tutto. Alcune fanno sorridere come quella per le cure veterinarie di cani e gatti di cui beneficiano 60 mila amici degli animali. Altre sono duplicazioni come le agevolazioni per le donazioni alla Biennale di Venezia o all’Ospedale Galliera, ottime istituzioni ma che comunque potrebbero beneficiare del sistema più moderno del 5 per mille. Ma ci sono poi aiuti ben più importanti e gettonati, come quelli per i mutui prima casa (ne beneficiano 3,8 milioni di contribuenti) e quelli per le assicurazioni sulla vita e contro gli infortuni (6,6 milioni di contribuenti). O ancora quelli sulle spese sanitarie. Sono 18 milioni gli italiani che le detraggono regolarmente dalle tasse, e sarà difficile intervenire qui. Dove si pensa di affondare la lama è sulle agevolazioni Iva e quelle sulle accise (che ad esempio facilitano autotrasporto e traffico aereo).