Droga 28 arresti a Palermo colpo ai Porta Nuova

Il capoluogo siciliano è stato letteralmente messo a soqquadro con l’operazione antimafia “Pedro” portata avanti dai carabinieri. Per 22 indagati la Dda del capoluogo ha emesso provvedimenti di fermo per associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni, al traffico di droga e alle rapine; per altre sei persone, già detenute per mafia, è stata disposta la custodia cautelare in carcere. L’indagine che ha portato al blitz ricostruisce l’organigramma dei mandamenti di Porta Nuova e Bagheria.

Secondo l’accusa, Tommaso Di Giovanni, braccio destro del boss di Porta Nuova Calogero “Pietro” Lo Presti, entrambi fermati la scorsa notte, si occupava personalmente di reperire le somme da investire nell’acquisto di grosse partite di stupefacenti, e ne organizzava l’importazione. Un suo uomo, Ivano Parrino, coordinava invece la rete di “pusher” che smerciava le dosi in piazza Ingastone e nelle zone limitrofe. Cocaina e hashish le sostanze trattate dal clan mafioso. Tra gli spacciatori, Fabrizio Toscano e Giovanni Mannino, Salvatore Sampino, Giustino Giuseppe Rizzo. Christian Mancino e Domenico Marino erano invece i “corrieri” dell’organizzazione e secondo la Dda avrebbero trasportato in diversi occasioni grossi quantitativi di cocaina. Antonino Lo Iacono avrebbe fornito supporto logistico alle attività di spaccio. Tutti sono stati fermati nel blitz di questa notte.

A Palermo, i “tentacoli” di Cosa nostra si erano estesi persino sulla produzione della fiction “Squadra Antimafia Palermo Oggi”. La cosca di Porta nuova avrebbe controllato i servizi di trasporto e catering per le troupe impegnata sul set del telefilm. Nella produzione, tra l’altro, lavorava anche un uomo vicino alla cosca.

Dall’inchiesta emergono gli stretti rapporti tra i mafiosi di Porta Nuova e le “famiglie” palermitane di Pagliarelli, Brancaccio, Noce e Tommaso Natale. Parte dell’indagine riguarda il mandamento di Bagheria: gli investigatori ne hanno individuato i vertici e hanno ricostruito la mappa del racket nella zona, principale attività di guadagno della cosca. L’operazione si è sviluppata attraverso intercettazioni video e audio di oltre 15 mesi, riscontrate anche dalle dichiarazioni dei pentiti. Ne è venuta fuori una Cosa Nostra particolarmente aggressiva nell’imposizione del pizzo e interessata a mettere le mani sulle attività imprenditoriali. Dall’inchiesta è emerso come detto anche un ritorno della mafia a investire il denaro sporco nel narcotraffico: i boss acquistavano cocaina da vendere sul mercato siciliano attraverso una rete di spacciatori capillarmente controllata. Tra i fermati ci sono gli attuali capi dei mandamenti di Porta Nuova e Bagheria. La scelta di un provvedimento d’urgenza come il fermo nasce dall’esigenza di bloccare le attività estorsive della cosca ed evitare danneggiamenti e attentati a imprenditori e commercianti. A differenza di quanto accaduto in altre indagini, le vittime del pizzo questa volta avrebbero collaborato con gli investigatori.