La Gran Bretagna si chiama fuori dall’Europa

L’Unione Europea non c’è più e la dissoluzione è dietro l’angolo. Probabilmente per ora l’Ue si salva ma ne esce indebolita perché si spacca con 23 Nazioni allineate alla volontà della Germania e le altre che si chiamano fuori. Insormontabili le differenze tra Gran Bretagna, da una parte, e Francia e Germania, dall’altra. Si va quindi verso un accordo tra i 17 paesi dell’Eurozona più altri sei paesi “volontari”. In particolare, l’intesa riguarda unione fiscale, riforma del fondo salva Stati e prestiti all’Fmi.

“Se oggi è nata un’Europa a due velocità è colpa della Gran Bretegna”. Ad attribuire la responsabilità a Londra è il presidente francese Nicolas Sarkozy: “Non abbiamo trovato un accordo sulla modifica dei trattati a 27 a causa delle condizioni inaccettabili”, poste dal premier inglese David Cameron. La “condizione inaccettabile” è un protocollo che avrebbe esonerato il Regno Unito dall’applicazione delle regole sui servizi finanziari. Il premier inglese risponde poco dopo: “Noi non vogliamo aderire all’euro, siamo contenti di esserne fuori, come lo siamo di non fare parte della zona Schengen. Noi non vogliamo rinunciare alla nostra sovranità come stanno facendo questi Paesi. Noi vogliamo i nostri tassi di interesse, la nostra politica monetaria: quello che ci veniva offerto non era buono per la Gran Bretagna, quindi meglio che si facciano un trattato tra di loro”. I “volontari” sono Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Danimarca. A Svezia e Repubblica Ceca mancava invece “il mandato parlamentare” per partecipare alla discussione una volta saltato l’accordo a 27, ma la loro partecipazione è data comunque per probabile. Fuori, ovviamente, la Gran Bretagna ma anche l’Ungheria. I 23, convinti che un accordo non fosse più rinviabile, hanno portato avanti le trattative subito dopo il fallimento del negoziato generale. Vertice ristretto che è andato avanti per un’altra ora abbondante, prima che Barroso e Van Rumpuy e gli altri leader si presentassero – alle ore 05:30 – in sala stampa. Un ulteriore tentativo per raggiungere un accordo a 27 potrebbe essere condotto nel corso della sessione di lavori programmata per la mattinata.

Da una parte la Gran Bretagna, con il suo netto no ad ogni ulteriore cessione di sovranità nazionale in favore delle istituzioni europee; dall’altra la Germania (appoggiata dalla Francia), con il cancelliere Merkel che chiedeva un ampio accordo di revisione dei trattati per dare il suo via libera alle nuove garanzie economiche sui debiti dei paesi sotto attacco della speculazione.

Al centro, la posizione che si potrebbe definire più “pragmatica”, rappresentata dalle istituzioni europee e dall’Italia del governo Monti. Ovvero: pensare alla sostanza (salvare l’euro), invece di guardare alla forma (accordo intergovernativo o modifica dei trattati). Anche perché una modifica dei trattati, che dovrebbero essere ratificati da tutti i paesi membri, potrebbe causare lungaggini e sarebbe a rischio bocciatura, come già avvenuto nel caso della Costituzione europea.

Proprio per l’opposizione della Gran Bretagna, sarà quindi un accordo intergovernativo a guidare il “salvataggio”‘ della zona euro: “Un trattato a 17 – ha detto Nicolas Sarkozy – aperto a chiunque voglia partecipare”.

L’intesa che raggiunta dai 17 dell’Eurogruppo e che entreranno nell’accordo 17+6 sono incentrati sull’unione di bilancio, attraverso il rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche. “Creeremo un’unione fiscale – ha detto Angela Merkel – che è un’unione di stabilità, che creerà un freno del debito per tutti i paesi dell’euro e gli altri che vorranno partecipare. Un buon risultato, con il quale il l’euro recupererà la sua credibilità”.

“I risultati del vertice Ue sono molto buoni per la zona Euro: saranno la base per una maggiore disciplina nelle politiche economiche dei Paesi membri”. Mario Draghi, presidente della Bce, ha commentato così la notte di trattative: “Si è arrivati a conclusioni che saranno dettagliate e attuate nei prossimi giorni siamo vicini all’accordo per il patto fiscale, una buona base per una disciplina nella politica economica dei paesi membri”.