Serra San Bruno non solo Certosa e Benedetto XVI

È già passata una settimana (domenica 9 ottobre) dacchè Benedetto XVI si è recato in montagna, nel profondo sud, in Calabria,a visitare la “Cittadella dello spirito”, come lo stesso l’ha definita, la Certosadi Serra San Bruno.

Già, Serra San Bruno uguale Certosa. Perché questa cittadina deve la sua esistenza proprio alla sua millenaria Certosa, la prima in Italia fondata nel 1084 come primitivo nucleo, dove oggi troviamo lo splendido Santuario regionale di Santa Maria del Bosco immerso nell’altrettanto millenario verde delle conifere, da Brunone di Colonia, fondatore dell’Ordine monastico certosino. Ordine  che prese il nome da Chartreuse, toponimo della località dove lo stesso Santo tedesco fondò la sua prima Certosa vicino Grenoble in Francia, oggi Casa madre.

Successivamente, nel 1091, per esigenze climatiche e per accogliere i monaci più anziani, è stato edificato, più a valle, il secondo nucleo certosino che nei secoli sarà conosciuto come Certosa di Santo Stefano. La stessa che nel ‘500 assumerà la forma di grande abbazia, edificata alla maniera rinascimentale con grandezze di forme artistiche ed architettoniche. Purtroppo la grande Certosa, dopo bei secoli legati alla storia feudale, religiosa ed artistica, è stata distrutta dal disastroso terremoto del 1783. Ci restano pochi ruderi: parte della facciata palladiana, del chiostro e del torrione del muro di cinta. Dopo due secoli di abbandono dovuto anche alle conseguenze della famigerata Cassa Sacra, il nostro monastero bruniano è stato ricostruito nei primi anni del secolo scorso, così come oggi lo vediamo.

Non voglio dilungarmi oltre sulla Certosa, è già abbastanza ricca la letteratura e la manualistica certosina. Da ogni parte del mondo: poeti, storici, scrittori, giornalisti, scienziati, teologi si sono avvicendati attorno alla storia di questo preziosissimo bene culturale che Serra custodisce gelosamente, orgogliosa com’è di essere stata eletta primogenita della scelta di san Bruno, quando venne in Calabria al seguito del suo discepolo, il papa Urbano II al quale rifiutò la nomina di vescovo di Reggio Calabria e soprattutto gelosa di custodire e venerare le reliquie del Santo che qui vi morì il 6 ottobre 1101. Tra i tanti studiosi della Certosa mi piace ricordare: Benedetto Tromby, Domenico Taccone Gallucci, Benedetto Croce, Andrè Ravier, Bruno Maria Tedeschi, Agostino Ribecchi, Cesare Mulè, Corrado Iannino, Tonino Ceravolo, Sharo Gambino, Ilario Principe, Enzo Romeo, Pietro De Leo ed altri;  tra i visitatori illustri cito: il re borbonico Ferdinando II, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, lo statista Alcide De Gasperi, Orace Rilliet e Norman Douglas, il Cardinale Carlo Maria Martini, oltre Papa Giovanni Paolo II, di cui dirò più avanti.

Oggi finalmentela Certosavive il suo millenario silenzio e clausura come voluto dalla sua Regola cartusiana, senza più invasioni di turisti o semplici curiosi. Infatti nell’estate del 1994 è stato inaugurato il Museo della Certosa allestito all’interno dello stesso muro di cinta e ai piedi dell’antico torrione sopravvissuto al terremoto. Si tratta di una struttura di 1200 mq che ricostruisce quasi fedelmente l’atmosfera della vita claustrale dei Certosini.

Ma Serra San Bruno non è solo Certosa: è la città dell’arte nel verde. Circa la sua fondazione, dal Fiore e altri leggiamo che il Conte Ruggero il Normanno, che fin qui era arrivato e posto la sua sede capitale nella vicina Mileto, allorché era all’assalto di Capua e stava perdendo la vita, fu salvato dal Santo certosino apparsogli in sonno. Quindi Ruggero, in segno di gratitudine donò in servitù alla prima comunità di san Bruno tutti i prigionieri presi a Capua, invece che condannarli. Questi, con le loro famiglie, andarono ad abitare poco distante dall’eremo e costituirono il primo abitato di quella che poi si chiamerà Serra, detta così forse per un’antica sega idraulica qui esistente o anche per la sua forma orografica.

Entrando in Serra San Bruno è d’obbligo visitare, perché no, il cimitero monumentale ricco di quattro artistiche chiesette e di tanti monumenti sepolcrali in granito, marmo e bronzo e tra i tanti spicca il monumento granitico dell’artista serrese Biagio Lo Moro e la statua bronzea del Redentore dello scultore Giuseppe Pisani di Mongiana.

Percorrendo, poi, il centro storico visitiamo le quattro chiese che, come ha scritto Enzo Vellone, “sono la prova del nove di un grande retaggio architettonico ben innestato in un contesto paesaggistico e ambientale quasi unico”. La prima di queste è la chiesa arcipretale,la Matrice, detta anche di san Biagio, con artistica facciata in granito a tre navate ed edificata nel 1785; all’interno sono conservate pregevoli opere marmoree, lignee ed oggetti sacri in metalli preziosi, molti di questi provengono dalla Certosa rinascimentale. La seconda è il prezioso tempietto dell’Addolorata di architettura barocca del 1721, ad una sola navata con portale esterno in bronzo del serrese Giuseppe Maria Pisani ed il ricco portale interno ligneo del “professore” Salvatore Tripodi. Pochi metri più in là, la chiesa, la più antica, dell’Assunta detta anche di san Giovanni, di origine ducentesca ma ricostruita nei primi anni dell’800, ad una sola navata con ricchi stucchi barocchi. Infine la chiesa, anche questa, dell’Assunta e, per distinguerla dall’altra, è detta dello Spinetto dal nome del nuovo quartiere sorto dopo il terremoto del 1783, che custodisce un’artistica e raffinata statua lignea  dell’omonima Madonna, opera della famiglia artistica degli Scrivo. Oltre alle citate chiese, a Serra si possono ammirare nobiliari palazzi con portali artistici e soffitti riccamente decorati, fontane, obelischi e tantissime altre opere d’arte. Insomma un vero museo all’aperto.

È doveroso, qui, precisare, che tutto il ricco ed abbondante patrimonio artistico è creatura di artisti serresi: scultori, scalpellini del granito, ebanisti, architetti, pittori ed artisti del ferro battuto, decoratori ed orafi. Sono artisti figli di tante dinastie che vanno dai Pisani agli Scrivo, ai Barillari e ai De Francesco, dagli Scaramozzino agli Zaffino, ai Reggio e ai Lo Moro e Tripodi già citati. Sono quegli uomini d’arte che hanno costituito la leggendaria “Mastranza dila Serra” che ha arricchito, anche, tante chiese sparse in Calabria: Nicotera, Vibo, Catanzaro, Stilo, Roccabernarda, Petronà, Santa Severina, Rossano ed altri e financo a Napoli dove ha operato Biagio Scaramozzino, discepolo del Vanvitelli per la costruzione della Reggia di Caserta. Per fortuna l’arte  a Serra non si è estinta, continua infatti ancora con le opere di tanti altri e molti giovani.

Di sicuro, oggi, però il vero fiore all’occhiello, in termini di fede, arte e natura, è il Santuario regionale di Santa Maria del Bosco, forte richiamo turistico in ogni stagione dell’anno. Siamo a due chilometri dalla Certosa, nell’antico eremo certosino dove sono evidenti i luoghi abitati e vissuti dal Santo. La chiesa, fatta edificare da san Bruno con rami e tavole, è stata in tempi successivi ingrandita e abbellita alla maniera delle chiese del centro abitato. Riedificata in muratura, venne consacrata nel 1094 con la concelebrazione di ben sei vescovi tra cui quelli di Palermo e Catania, alla presenza del Conte Ruggero. La chiesa rimase, poi, gravemente rovinata sempre dal sisma settecentesco ma dopo i ritorno a Serra dei monaci cartesiani, che erano stati espulsi dall’eversione napoleonica del 1807, fu riparata e consegnata al culto e venerazione non solo dei Serresi. Qui vi han trovato sepoltura i resti mortali di san Bruno e del suo primo seguace Lanuino per più di quattro secoli fino a quando furono qui rinvenuti nella Pentecoste del 1504 e quindi traslati nel monastero di Santo Stefano.

Nello splendido scenario incorniciato da alte conifere di abeti bianchi, faggi, pini ed altre singolari piante, non solo spicca la chiesa che custodisce una bella statua della Madonna, ma di fronte a questa troviamo la cappella che ricorda la grotta dove viveva e dormiva il Santo e per testimoniarlo vi è posta la statua marmorea di san Bruno dormiente, opera di Venanzio Pisani. Scendendo la caratteristica scalinata di Giuseppe Maria Pisani, vediamo il laghetto con il santo tedesco genuflesso e immerso nell’acqua a ricordo dei suoi momenti penitenziali.

Qui, nell’ottobre del 1984, nel IX Centenario della fondazione dell’Ordine Certosino, il Papa Giovanni Paolo II venne, vi sostò e pregò insieme ai tantissimi fedeli e a tutto il clero dell’Arcidiocesi Metropolita di Squillace – Catanzaro. Qui il Papa diede anche il titolo di “basilica” alla chiesa di Santa Maria.

Questa è Serra San Bruno: città di arte, fede e natura, città testimonianza ed opera del Divino. Questa è Serra San Bruno che, ancora un a volta, ha accolto festosamente un altro papa:erano almeno in trenta mila ad abbracciare, in un pomeriggio molto freddo, Benedetto XVI, il quale, da tempo, aveva espresso il desiderio di pregare davanti alle reliquie del Santo di Colonia, suo conterraneo di origine.