Il Riconoscimento per la Pace 2011 del Comune di Ferrara a Patricia Troncoso Robles
Alla cerimonia – Patricia Troncoso Robles dal 2002 detenuta per motivi politici sarà rappresentata dal compagno di lotte Josè Belisario Llanquileo Antileo – interverranno il sindaco Tiziano Tagliani, il presidente del Consiglio comunale Francesco Colaiacovo e Nedda Alberghini presidente dell’associazione “Le Case degli Angeli di Daniele”. L’appuntamento in Municipio sarà preceduto in mattinata da due incontri tra lo stesso Josè Belisario Llanquileo Antileo (alle 9) con alcune classi dell’Istituto Einaudi e (alle 11.15) con gli studenti del liceo Ariosto. In serata (alle 17) al Cafè della Paix l’ospite cileno esporrà invece la propria testimonianza di lotta nel corso di un incontro pubblico con le associazioni del Tavolo di pace. L’iniziativa è organizzata dall’Ufficio Politiche per la Pace del Comune di Ferrara in collaborazione con “Le Case degli Angeli di Daniele”, l’associazione che poi sabato 15 ottobre (nella sala consiliare della Provincia di Bologna) assegnerà a Patricia Troncoso Robles la quinta edizione del suo Premio Internazionale. Sempre venerdì 15 ottobre a Cento Josè Belisario Llanquileo Antileo porterà la sua testimonianza di attivista della causa Mapuche nella conferenza dal tema “La terra ancestrale del Popolo Mapuche: lo scempio delle privatizzazioni in Cile”. Patricia Roxana Troncoso Robles, meglio conosciuta come “La Chepa”, è una attivista per i diritti del popolo Mapuche. Nata a Santiago del Cile il 14 Luglio 1969, si è laureata in teologia all’Università Cattolica di Valparaiso . Nel 2002 è stata incarcerata con l’accusa di terrorismo. Nel dicembre 2001 Patricia Troncoso fu ritenuta colpevole, assieme ad altri attivisti, di aver appiccato un incendio nella foresta Poluco-Pidenco, appartenente al potente Grupo Matte. Dopo un processo sommario, dove le identità dei testimoni furono tenute nascoste, le pene inflitte furono applicate in base alla la legge antiterrorismo, risalente alla dittatura militare di Pinochet (1973-1990). La legge antiterrorismo cilena punisce duramente reati che altrove sono considerati “lievi” come il furto, l’incendio. Anche l’occupazione pacifica delle terre destinate da sempre agli usi civici dei Mapuche (pascoli o boschi), oggi illegalmente occupate da coloni privati, in Cile sono considerati atti terroristici. Da questo, la militarizzazione dei territori Mapuche da parte di militari e carabineros, giustificati dal Cile all’opinione pubblica internazionale attraverso la manipolazione delle informazioni. Nel processo Poluco-Pidenco, Patricia e i suoi compagni furono condannati a 10 anni di detenzione presso il carcere di Angol. Nel 2007 Patricia Troncoso assieme ad altri 4 prigionieri iniziano uno sciopero della fame per richiedere la smilitarizzazione delle Comunità Mapuche, la fine della brutalità della polizia, delle torture e uccisioni, la revisione del processo Poluco-Pidenco e soprattutto la liberazione di tutti i prigionieri politici Mapuche. Quello di Patricia è il più lungo sciopero della fame di tutti i tempi e si concluse il 30 gennaio 2008 dopo 112 giorni nei quali perse 25 Kg, nutrendosi solo di acqua e di infusi d’erbe. La mobilitazione nazionale ed internazionale attorno al suo caso fece uscire dall’ombra la causa Mapuche e con la mediazione della Chiesa e del vescovo Alejandro Goic, le richieste vennero parzialmente accolte dal governo guidato allora da Michelle Bachelet. La celebre frase “se la mia morte serve per la libertà dei miei fratelli, io non desisterò” venne pronunciata quando ormai era in pericolo di vita a metà gennaio 2008 quando fu portata all’ospedale di Chillian. < br /> Manifestazione per Patricia Troncoso e di protesta per la morte di Matias Catrileo, nella Piazza delle Armi a Santiago del Cile il 3 gennaio 2008. Matias Catrileo fu ucciso dai carabineros durante una manifestazione. Un altro giovane, Johnny Cariqueo venne ucciso sotto tortura. Si documentano oltre 50 casi di tortura nelle carceri cilene al tempo del governo di Michelle Bachelet. I corpi dello stato responsabili sono rimasti impuniti. Gli indigeni Mapuche rivendicano le terre dei propri antenati sulle quali si basa la loro sopravvivenza. Le terre, da sempre destinate agli usi civici come il pascolo per gli animali di allevamento e i boschi per la caccia, sono state gradualmente occupate da coloni privati e grandi società multinazionali che sfruttano in maniera indiscriminata le risorse, alterando di fatto irreparabilmente gli equilibri naturali. Oltre a spingere le numerose comunità fuori dalle proprie terre ancestrali, l’oltraggio maggiore agisce sulla struttura sociale sulle credenze spirituali dei Mapuche. La religione Mapuche è un sistema complesso di interrelazioni fra la comunità e Ñuke Mapu (la Madre Terra), l’individuo stesso si sente intimamente legato all’ambiente e alla natura. La lotta dei Mapuche contro lo sfuttamento indiscriminato e il grande capitale finanziario internazionale, rigurda da vicino l’Italia più di quanto ci si immagini. In Patagonia, a cavallo fra l’Argentina e il Cile, la famiglia Benetton possiede una estensione di 900.000 ettari di terreno (circa come l’estensione della regione Marche) sulle quali ha diritto esclusivo per l’allevamento di bovini e ovini, nonchè per lo sfruttamento minerario e del turismo per i proprio esclusivo vantaggio. In Cile anche ENEL ha enormi interessi legati al così detto “idrobusinnes”: la sua partecipazione è legata al mega progetto di costruzione di 5 centrali idroelettriche nella regione dell’Aysén, un territorio incontaminato con equilibri delicatissimi che rischia di scomparire. Contro questi scempi, anche la Chiesa si è attivata per impedire la svendita di beni primari alle grandi multinazionali. Fra questi mons. Luis Infantil de la Mora nel suo libro “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana” scri ve: “I processi di privatizzazione dell’acqua vengono spesso avviati con decisioni poco democratiche. E’ accaduto anche in Cile con la privatizzazione dei servizi di igienizzazione dell’acqua. Le imprese di acqua potabile sono state vendute dallo Stato a imprese prívate, quasi tutte multinazionali, in un proceso iniziato negli 1988-1989 in seguito a politiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca mondiale e dalla Banca interamericana per lo sviluppo e confermate dai Trattai di libero comercio. Per questo processo non è stata consultata la cittadinanza e, se sono state fatte delle consultazioni (nella Regione del Bìo-Bìo il 99,09% degli utenti si è pronunciato contro le privatizzazioni) non hanno influito sulle decisioni finali. … Inoltre, lo stato finanzia le imprese del settore assicurando loro un 10,3% di redditività e concedendo sussidi alle famiglie con basso reddito per coprire il pagamento delle tariffe, beneficiando così i guadagni delle imprese”.