Milano in festa per il nuovo arcivescovo Scola già Patriarca

Dopo la formale “presa di possesso” della Diocesi, avvenuta lo scorso 9 settembre attraverso la procura del vicario generale Carlo Redaelli e certificata questa settimana con la consegna del “Pallio” da parte di papa Benedetto XVI, il cardinale Scola inizierà il suo viaggio di avvicinamento a Milano partendo alle ore 14:00 di oggi da Malgrate, suo paese natale a pochi chilometri da Lecco. E il primo momento di preghiera e riflessione personale sul compito che lo aspetta avverrà già lì, nella chiesa parrocchiale di San Leonardo in cui fu battezzato e dove sarà il parroco don Luciano Capra – suo futuro segretario particolare – ad accoglierlo insieme col sindaco Gianni Codega e altre autorità locali. In chiesa ci saranno i nipotini e i parenti del cardinale. Il successivo momento di solitudine e raccoglimento se lo è riservato per subito dopo quando si fermerà nel piccolo cimitero, proprio di fronte alla chiesa, dove sono sepolti i suoi genitori suo fratello. L’arrivo a Milano è previsto per le ore 16:00 nella basilica di Sant’Eustorgio, luogo carico di tradizione simbolica e porta d’ingresso per la prima entrata in città di tutti i vescovi ambrosiani: è il più antico luogo di culto cristiano di Milano, quello dei primi battesimi, dei primi martiri e della loro sepoltura. E infatti qui che, reiterando anche in questo caso un’antica consuetudine, il nuovo arcivescovo donerà alla basilica il suo “rocchetto” – una veste liturgica di lino bianco – ricevendo in cambio un’urna di cristallo contenente la terra del cimitero dei martiri: non casualmente il Vangelo scelto per la breve celebrazione sarà quello del “tesoro nascosto nel campo” di cui la Chiesa ambrosiana viene in questo modo definita come il frutto simbolico. Ad attendere e accogliere il cardinale fuori da Sant’Eustorgio saranno il sindaco Giuliano Pisapia a nome della comunità civile ambrosiana e il vicario episcopale Erminio De Scalzi in rappresentanza di quella ecclesiastica. Dopodiché, salutato dai parrocchiani e dai catecumeni che troverà in chiesa (215 uomini e donne in attesa del battesimo, per due terzi stranieri di ogni parte del mondo), Scola e il corteo che lo accompagna riprenderanno l’itinerario che li porterà in Piazza Duomo intorno alle ore 16:45. Qui, ricevuto con gli onori militari dal picchetto d’onore, oltre al vicario generale e al Moderator Curiae Gianni Zappa che lo aspettano insieme con tutte le autorità il cardinale incontrerà come si è detto l’arcivescovo emerito Tettamanzi col quale farà il suo ingresso nella cattedrale al suono delle campane cui seguirà per la prima volta l’esecuzione dell’inno del Duomo, composto dal maestro don Claudio Burgio. La ritualità tradizionale proseguirà all’interno dove – salutato subito oltre il portone dal Consiglio episcopale, dai vescovi ausiliari e dal Capitolo metropolitano – Scola bacerà l’antica Croce capitolare per poi essere incensato e aspergere a sua volta i fedeli con l’acqua benedetta. Quindi sarà accompagnato nella cripta di San Carlo per prepararsi alla celebrazione e indossare i paramenti sacri. Come tutti i suoi predecessori anche lui riceverà, oltre al pastorale di San Carlo, anche l’anello episcopale appartenuto al santo e la croce pettorale del beato Giovanni XXIII. La mitra preziosa è dono della Curia Arcivescovile. La liturgia avrà inizio con la lettura della lettera con cui il pontefice aveva nominato Angelo Scola nuovo arcivescovo di Milano, a cui seguirà il saluto ufficiale di Tettamanzi. Quindi Scola si siederà sulla cattedra arcivescovile per ricevere il saluto dell’Arciprete della cattedrale e di alcuni rappresentanti del clero, dei religiosi, dei laici della diocesi. La Messa si concluderà con la benedizione papale, impartita dal Duomo all’intera Arcidiocesi. Poi, mentre la processione con i Vescovi, ritornerà in sacrestia, l’arcivescovo si tratterrà davanti all’altare per salutare autorità e Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano. Quindi percorrerà la navata centrale per un ulteriore saluto ai fedeli sul sagrato, rientrerà in Duomo per arrivare a sua volta in sacrestia dove lascerà gli abiti liturgici e riassumerà l’abito corale. Infine, passando per il sottopasso, verrà accompagnato dai cerimonieri e dai chierici al Palazzo dei Canonici. Il Premier Silvio Berlusconi in una lettera al cardinale scrive: “La prego di accogliere i voti augurali del governo italiano e miei personali per il suo ingresso ufficiale nella Diocesi di Milano. La sua attività pastorale costituirà un arricchimento per tutta la comunità milanese”.

La nomina di Scola è stata parecchio dibattuta. Il Papa ha scelto il Patriarca per una questione non personale ma “politica”. A livello personale, infatti, la figura umana e cristiana del cardinale Angelo Scola merita sicuramente la stima di Benedetto XVI e la considerazione di tutti i cattolici italiani, è un fine intellettuale, dottore in filosofia e teologia con pubblicazioni importanti, e da Patriarca di Venezia si è dimostrato in grado di governare senza farsi appiattire sulla sua provenienza ciellina. E’ impossibile negare che la nomina di Scola ad arcivescovo di Milano suona come un’umiliazione pesante, forse l’ultima, per il cattolicesimo democratico. Dopo gli episcopati di Martini e Tettamanzi la diocesi milanese era rimasta l’unico punto di riferimento nazionale per quei cattolici che ancora non hanno dimenticato le speranze conciliari di rinnovamento. Si poteva scegliere se continuare in quella linea, se moderarla o se contrastarla frontalmente. La scelta di Benedetto XVI è stata la terza. Solo così si spiega la sua scelta, mai vista nella storia, di trasferire un Patriarca di Venezia ad Arcivescovo di Milano, visto che da Venezia i Patriarchi sono sempre andati via solo per fare il Papa (Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I per stare al ’900). Si va forse producendo a livello ecclesiale l’inverso di quanto avvenuto a livello civile? Cioè che la città simbolo del berlusconismo e del leghismo diventata con Pisapia la capitale di un possibile new deal italiano, ora, a livello ecclesiale, da simbolo del cattolicesimo democratico diventa la capitale di un cattolicesimo conservatore di stampo ciellino? L’equilibrio mostrato da Scola da rettore dell’Università Lateranense e da Patriarca di Venezia, e soprattutto la sua formazione intellettuale, non giustificano questi timori, né bisogna cadere nell’errore di ridurre Angelo Scola a Comunione e Liberazione. Le persone che pensano sono sempre di più della loro storia. Di certo però con l’uscita di scena di Tettamanzi e l’arrivo al suo posto di un vescovo di formazione ciellina al cattolicesimo democratico non è rimasto più nulla, non un solo rappresentante dell’attuale gerarchia che lo rappresenti. Un tempo si avevano vescovi come Lercaro a Bologna, Pellegrino a Torino, Ballestrero a Bari e poi a Torino, Bettazzi a Ivrea, Tonino Bello a Molfetta, Giuseppe Casale a Foggia, Piero Rossano a Roma come ausiliare, e appunto Martini e Tettamanzi a Milano, che costituivano un punto di riferimento per i cattolici progressisti di questo paese. A eccezione di Bettazzi e Tonino Bello, nessuno di loro fu uno spirito particolarmente innovativo né tanto meno si produssero pubbliche dialettiche, impensabili nelle gerarchie ecclesiastiche italiane che sono sempre state tra le più conservatrici al mondo. Tuttavia si sentiva che le istanze più aperte al cambiamento avrebbero trovato in quei vescovi per lo meno una possibilità di essere ascoltate, di essere comprese come reali esigenze della vita concreta, senza essere bollate a priori come eresie. Non era granché, ma a volte in una famiglia basta solo l’impressione di essere ascoltati per mantenere il desiderio di appartenenza. Oggi non c’è più nessuno così tra i vescovi delle principali diocesi italiane, ai cattolici progressisti di questo paese è stata tolta anche l’ultima possibilità di avere un punto di riferimento nella gerarchia. Questo è il significato politico della nomina di Angelo Scola ad arcivescovo di Milano, e dicendo politico intendiamo prescindere del tutto dalla sua figura umana e intellettuale, per la quale vale quanto detto all’inizio. Dopo un biblista e un teologo moralista, ora è la volta di un teologo sistematico. L’intenso affetto collegiale per i suoi predecessori porterà il cardinale Scola a proseguire nella loro direzione? Oppure è stato scelto dal Papa togliendolo da una sede come Venezia per operare rispetto a loro una netta discontinuità? Oppure la statura personale di Angelo Scola saprà inventare qualcosa di nuovo? Quello che è sicuro è che Milano, e con essa l’Italia, ha bisogno di uomini che credono nel dialogo e lo favoriscono.