La Procura di Napoli vuole la testa di Berlusconi

Puntano in alto i magistrati napoletani. Ipotizzano anche un reato da contestare a Silvio Berlusconi. E così rimettono in discussione pure la questione della competenza. Induzione a rendere dichiarazioni mendaci. Questo l’addebito contro il premier, che potrebbe essere formalizzato nelle prossime ore. I pubblici ministeri attendono il giudizio del tribunale del Riesame, ma appaiono determinati a procedere con l’iscrizione nel registro degli indagati accusando il presidente del Consiglio di aver “pilotato” i comportamenti processuali di Tarantini in cambio di soldi e altre utilità. L’accusa  – sostenuta da Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Greco – fonda il cambio di orientamento sulle dichiarazioni di Tarantini. Nei verbali l’imprenditore afferma, infatti, che Berlusconi non sapeva che le ragazze reclutate per le sue feste fossero prostitute e soprattutto giura che i soldi ricevuti erano soltanto un prestito per avviare una nuova attività. “È una versione falsa – sostengono i pubblici ministeri – smentita dagli interrogatori dei testimoni, primi fra tutti i collaboratori più stretti di Berlusconi”. Woodcock paragona il capo del governo che giura di non essere ricattato e di aver aiutato una famiglia in difficoltà “a coloro che vengono accoltellati e invece sostengono di essersi tagliati mentre affettavano il pane”. Poi depositano gli atti dell’inchiesta di Bari sullo sfruttamento della prostituzione che dimostrano come il premier fosse informato dei pagamenti delle donne e vi avesse in parte contribuito. Ricordano l’elenco delle utilità ottenute da Tarantini: almeno 20 mila euro al mese nell’ultimo anno, 500 mila euro attraverso Lavitola (anche se quest’ultimo ne ha trattenuti 400 mila), la tutela legale e il lavoro. Poi sferrano il colpo: “È stato Berlusconi a indurre l’indagato a mentire, dunque gli può essere contestato l’articolo 377 bis del codice penale che appunto punisce con la reclusione da due a sei anni chiunque con violenza o minaccia o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata davanti all’autorità giudiziaria”. E su questo “deve indagare Napoli, oppure Lecce che ha già avviato accertamenti sulla gestione dell’indagine da parte dei colleghi baresi”. I magistrati negano che l’iscrizione di Berlusconi sia già avvenuta. Ma – a meno di una smentita clamorosa di questa impostazione accusatoria da parte dei giudici del Riesame – sembra non ci siano dubbi sul fatto che ciò possa avvenire appena la decisione del Tribunale sarà depositata, vale a dire entro lunedì, quando scadranno i termini per decidere sull’eventuale scarcerazione di Tarantini. Anche perché i pubblici ministeri napoletani sono convinti che il reato di estorsione non sia alternativo a quello di induzione e dunque le inchieste di Roma e Napoli potrebbero procedere in maniera parallela.