Quella strana sensazione di esistere raccontata dallo scrittore Vincenzo Calafiore

Vincenzo Calafiore nasce a Reggio Calabria dove, pur seguendo gli studi classici inizia a coltivare, confortato dalla cultura antica e nuova della sua terra, l’amore per la poesia. Giovane si trasferisce a Udine, dove presto si ambienta frequentandone diversi circoli culturali; l’amore per la sua terra natale è linfa e respiro per la sua anima e di un uomo con tanto da dare e da dire a chiunque intenda il messaggio d’amore. E’ un viaggio il suo dentro l’anima e la storia, a cogliere ciò che vale la pena strappare all’oblio o al velo grigio della unita indifferenza. E’ un grido silenzioso che entra nell’anima disposta ad accogliere la rugiada anche amara delle parole del poeta e le fa tesoro, tesoro e ali per fuggire lontano dalla molta bestialità di cui l’uomo troppe volte dà prova. Nel 1980 fonda la Compagnia Teatrale Amatoriale “ Teatro Giovani ” formata da studenti e volontari, per cui ha scritto testi che hanno riscosso successo tra i quali: E’ solo un brutto sogno,  L’amore strappato, Vita che fai, Un continente perduto. Ha portato in scena anche. L’apologia di Socrate. Nel periodo tra il 1990 e il 1993 pubblica: Laura e Terra Scheggiata, Ali sul Mediterraneo. Nel 1995, in collaborazione con il Comune di Pasian di Prato (UD) e con la Terza Rete Rai  di Trieste e l’Aned (Sezione di Udine). Allestisce “ La Shoa’ Mostra documentaria itinerante sui campi di sterminio; la mostra ha riscosso un notevole successo ed è stata ampliamente pubblicizzata, oltre che dai quotidiani regionali, anche dal terzo canale della Rai e dall’ Aned, la quale ha anche invitato sopravvissuti ai campi di sterminio, Rosa Cantoni e Bruno Fabbretti, ad intervenire in prima persona con le loro testimonianze, creando dibattiti con gli studenti e gli insegnanti delle scuole, Istituti, in cui si è tenuta la mostra. Da ciò nasce il dvd “La Shoa” che lo stesso ha realizzato e utilizzato come strumento didattico nelle classi medie e superiori. Ha partecipato a molti concorsi di poesia, sia nazionale che internazionali, nei quali ha ottenuto menzioni e premi. Tuttora collabora con diverse compagnie teatrali per le quali scrive i testi. Ha pubblicato con diverse Case Editrici, tuttora collabora con la Casa Editrice Laruffa (RC) che ha pubblicato: Quella Strana sensazione di Esistere – e Ceneri di parole – . E’ iscritto all’Albo degli scrittori Italiani ed Europei – Roma. Lo abbiamo intervistato in esclusiva per il giornale.

Come organizzi la stesura di un racconto: mentre stai lavorando ad un romanzo, oppure lontano da esso, voglio dire per strada, in riva al mare dove?

Quando scrivo un racconto e scrivo quasi sempre di notte, non mi interrompo per scrivere altre cose, ma mi capita che proprio mentre sto scrivendo mi vengano delle idee per altri racconti e allora me le annoto su un quaderno, giusto un cenno per ricordarmi poi di cosa si tratta. Poi quando ho finito il racconto, mi trovo in quella fase che per ogni scrittore costituisce una pausa vuota di tutto, sì perché per due o tre anni e magari anche di più sono stato immerso a lavorare con intensità ad un racconto, e ne esco come svuotato. Allora apro il cassetto della scrivania prendo una delle storie che attendono di essere rilette e quindi da continuare e il vuoto si colma naturalmente.

Vuoi dire che ti dedichi ai tuoi racconti con un forte senso di dedizione ?

Per me scrivere racconti implica una completa dedizione e concentrazione, un grande interesse pure. La sfida della narrazione è identica, come pure quella dello rimanere sveglio tutta la notte fino al mattino. Ho da sempre immaginato di paragonare l’idea di come nasce un romanzo o un racconto, ma anche la qualsiasi cosa scritta, ad un uovo, che arriva a noi completo, voglio dire, tuorlo e albume, tutto insieme racchiusi in un guscio, e noi lo teniamo in mano, ed è tutto lì completo interamente. Quindi la stessa cosa vale per un racconto, e quando mi viene l’idea è già tutto scritto, anche il finale… e tutto è completo. Insomma è come partire per un viaggio verso un altrove, dove io ho l’inizio… solo questo… e non conosco il seguito perché non so come si svilupperà; anche se seguo una sorta di mappa che non è segnata da nessuna parte se non nella mia mente. Così procedo da una tappa all’altra di questa mappa. Questa fase è molto delicata, intensa, perché il racconto cresce, ma può anche cambiare rispetto all’idea originaria, può succedere anche di fermarsi prima di giungere alla conclusione. E comunque i miei libri non superano le 90 pagine … proprio come l’uovo deve stare dentro una tasca e leggerlo tutto d’un fiato.

E i personaggi, come nascono i tuoi personaggi?

I personaggi nascono dall’attenzione e dalla fascinazione di certe esperienze vissute e del vivere quotidiano; dalle persone che incontro e da ciò che esse rivelano oppure cercano di nascondere di se stesse. Io credo che noi scrittori abbiamo di gran lunga preceduto la psichiatria perché riusciamo a leggere le persone, magari ci si siede accanto a qualcuno, o in coda in attesa di fare qualcosa, o in una cena, e basta che qualcuno dica una cosa qualsiasi o faccia un gesto con le mani o da come guarda o muovi le labbra, un movimento perché scatti in me un’indagine silenziosa fino a leggere il linguaggio del corpo, così comincio a chiedermi che cosa c’è di non detto in ciò che mi viene rivelato. A un certo punto viene la necessità di creare una vita alternativa rispetto a quella reale che può essere di quella persona incontrata per caso. Questo è stato per me motivo di tante noie. In effetti non conosco la vita reale della persona incontrata casualmente e in verità neppure di coloro con cui vivo, coloro che si ama, si conosce la vita reale. Ed ecco che qui interviene l’immaginazione che in un certo senso si aggancia  all’esperienza.

Dove ambienta i suoi racconti?

Sono nato in una città che si affaccia sul mare e sa di mare, è cangiante e splendente come il mare anche con le sue cose e storie positive o negative che siano. Reggio è bellissima all’alba come pure al tramonto, ha un’aria particolare che sa nonostante i suo guai di voglia di vivere è spumeggiante come l’onda …. E poi non potrebbe essere diversamente con quel mare davanti! Io l’ho sempre amato quel mare, perché mi è sempre apparso grande come un oceano, profondo e forte come un oceano, amo quello stretto che divide in due una città: Reggio-Messina; un piccolo tratto di mare cangiante e profumato che unisce. Quindi ho sempre nel cuore e negli occhi quelle spiagge e quei tramonti, quelle albe, quelle essenze e quei profumi; sono orgoglioso di essere un cittadino calabrese, come lo sono di essere un meridionale che attraversando lo stretto su un ferry-boat diventa siciliano e tornando diventa italiano! La Sicilia non è Italia, ma è ferry-boat, una terra che va e viene senza sosta… una terra a se… Le mie storie quindi sono ambientate tutte in riva al mare, che è nel contempo non una stazione di arrivo ma di partenza, i miei personaggi sono granelli che messi assieme fanno la “ rrina” ( sabbia) sono uomini saggi e un po’ levantini, che amano la libertà e  hanno il profumo della salsedine addosso come una seconda pelle. Io vivo a Udine e tutto ciò mi manca, quando ho necessità di sentire e ascoltare il mare mi reco a Grado … ma non è la stessa cosa… credimi.

Scrivi per necessità o per diletto?

Per nostalgia.