La Libia è un paese fortemente instabile

Fernando Termentini

23 agosto 2011, 6 mesi di bombardamenti NATO sulla Libia e Gheddafi ancora riesce a lanciare missili SCUD su Misurata. Lanci imprecisi, si affretteranno a dire gli stessi esperti militari che nello stesso modo hanno frettolosamente giudicato un precedente lancio missilistico contro la fregata italiana “Bersagliere”. Un segno della frustrazione degli sconfitti ripeterà la Farnesina, dimenticando, però, di chiarire agli italiani la ragione per cui ad ore dalla sconfitta finale, Gheddafi riesce ancora a gestire un attacco missilistico. Gli eventi stanno precipitando a Tripoli, la gente muore nelle strade, compresi i bambini. Al Jazira continua a gestire l’informazione come ha fatto durante tutta la primavera araba, prediligendo di riproporre le medesime immagini, spesso anche datate; civili che festeggiano la vittoria sparando in aria. Nessuna notizia, invece, sui “colpi di coda” di Gheddafi. Un’informazione parziale ripresa quasi integralmente dalla maggior parte dei mass media occidentali, che non aiuta l’opinione pubblica a capire ed a condividere la spesa dei miliardi di dollari sostenuta dai Paesi che partecipano ai bombardamenti NATO, con lo scopo di “garantire” il rispetto della risoluzione 1973 dell’ONU. Gheddafi, invece, lancia ancora missili ed il figlio primogenito Saif al Islam organizza una conferenza stampa, mentre i ribelli accerchiano la sua residenza. Ancora una volta, dunque, l’informazione unidirezionale è protagonista come lo è stato nel corso di tutta la primavera araba e quando ci propone i massacri in Siria, dimenticando di approfondire tematiche importanti come, ad esempio, la consistente presenza di donne velate in occasione delle manifestazioni libiche, sicuramente distanti nella concezione del Governo provvisorio di transizione libico e forse anche dello stesso Gheddafi. Episodi che, invece, andrebbero proposti per essere oggetto di approfondita analisi, in quanto potrebbero rappresentare un segnale significativo per il futuro delle popolazioni dell’area islamica dell’Africa mediterranea. Popoli che ormai liberi dalle quarantennali dittature monocratiche, potrebbero invece rischiare di essere improvvisamente fagocitati da Governi permeati da fanatismo ed estremismo religioso, sicuramente lontani dall’auspicata conquista di ogni forma di democrazia.