Crotone, dubbi di costituzionalità sul taglio della Provincia

In relazione all’attualissima discussione sul “taglio” delle province con meno di 300 mila abitanti, pubblichiamo una riflessione di Daniele Trabucco costituzionalista dell’Università di Padova e di Enrico Schenato avvocato del Foro di Venezia, pervenuta dall’Ufficio Stampa della Provincia di Crotone. I due esperti sollevano una serie di dubbi sulla costituzionalità del provvedimento così come i gruppi consiliari della Provincia avevano avanzato venerdì scorso, 19 agosto, nel documento stilato ed approvato alla presenza del presidente dell’Ente intermedio Stano Zurlo. “L’articolo 15 del decreto legge n. 138/2011, quello relativo alla soppressione delle province che presentano un numero di abitanti inferiore ai 300mila oppure una estensione al di sotto dei 3mila chilometri quadrati, lascia aperte alcune perplessità di ordine costituzionale. Su questo punto, in primo luogo, il decreto non dispone del presupposto della necessità che, insieme alla straordinarietà ed all’urgenza, costituisce una delle condizioni indefettibili, contemplate dall’articolo 77 della Costituzione, affinché il governo possa adottare «provvedimenti provvisori aventi forza di legge». Infatti l’esecutivo può ricorrere alla decretazione d’urgenza nei soli casi in cui non è possibile utilizzare la via della legislazione ordinaria. In questo caso, invece, nulla impediv a al governo la presentazione al parlamento di un disegno di legge ordinaria, anche in vista di una riorganizzazione organica e sistematica delle autonomie locali territoriali. Inoltre, a conferma dell’assenza del presupposto della necessità, l’esatta e puntuale indicazione delle province che verranno soppresse (sempre in caso di conversione in legge del decreto), è procrastinata al prossimo censimento generale della popolazione fissato nel mese di ottobre 2011. In secondo luogo, la soppressione delle province che non soddisfano i requisiti previsti dal decreto legge non rientra neppure nella piena disponibilità della legge dello Stato, dovendo essere sempre preceduta dall’iniziativa dei comuni e dal parere (obbligatorio anche se non vincolante) delle regioni, come indica espressamente il primo comma dell’articolo 133 della Carta Costituzionale. Se, però, da un lato, la norma costituzionale non parla espressamente di cancellazione ma solo di «mutamento delle circoscrizioni provinciali», dall’altro molti costituzionalisti ritengono che la soppressione, rappresentando la forma di mutamento più radicale dell’ente provinciale, non possa che svolgersi nell’alveo della previsione costituzionale citata. Il governo, invece, con il suo provvedimento, non solo ha proceduto alla cancellazione delle province che non soddisfano i due criteri indicati (300mila abitanti o più di 3mila metri quadrati di estensione) senza seguire l’iter indicato dalla norma costituzionale, ma lo ha anche utilizzato in modo non corrispondente alla sua ratio, obbligando i comuni insediati sull’area della provincia soppressa (come fa il secondo comma dell’articolo 15 del decreto legge 138) a scegliere la provincia alla quale essere aggregati nel rispetto del principio di continuità territoriale. In questo modo l’iniziativa, e cioè la facoltà di avvio dell’iter di mutamento/soppressione, viene imposta autoritativamente da parte dello Stato. Infine, la norma dell’articolo 15 del decreto legge sembra porsi in contrasto con il principio di ragionevolezza che la Corte Costituzionale mutua dal primo comma dell’articolo 3 della Carta. Infatti, se l’obiettivo del governo era (ed è) la riduzione delle spese, allora una eventuale soppressione avrebbe dovuto essere generalizzata (e questo richiede una revisione della Costituzione) e non condizionata alla presenza o meno di certi parametri”.