Lamezia Terme, la Chiesa condanna l’escalation di morti ammazzati

“La criminalità organizzata di stampo mafioso piaga profondamente la nostra città, e sciaguratamente non cessa di spargere sangue. La popolazione di Lamezia Terme è sbigottita da tanta crudeltà, per le uccisioni, gli attentati e le intimidazioni, le libertà violate e la dignità umana calpestata. Perché tutto questo? Per denaro, per dominio, per eclisse dei valori umani e cristiani, o altro ancora? Quando i malavitosi capiranno che il male porta altro male, la violenza genera violenza, la vendetta richiama vendetta, e il tutto ricade inevitabilmente anche su di loro e sulle loro famiglie? La città sembra fuorviata da oscuri manovratori, intenzionati a non fermare le mani omicide verso persone innocenti e finanche tra loro stessi. Ma l’onore di ciascun essere umano sta nel custodire e non nell’uccidere il fratello! «A tutti i credenti, agli uomini e alle donne di buona volontà, diciamo apertamente che abbracciare o anche solo simpatizzare con una concezione dei valori della vita quale quella mafiosa è contrario al Vangelo e al bene della società e dell’uomo, perché l’appartenenza o la vicinanza ai clan non sono un titolo di vanto o di forza, bensì di disonore e debolezza» (CEC, Annunciare il vangelo della vita nella nostra terra per un futuro di giustizia e carità, n. 18). Chi sparge violenza e paura nella società non è uomo d’onore! L’onore si addice a chi fa il bene, non il male: essere mafiosi è peccato grave e la mafia genera e alimenta strutture di peccato. Non vi sono giustificazioni”. – Così scrive in un comunicato stampa il Vescovo della diocesi di Lamezia Terme Mons. Luigi Cantafora – . “Noi stessi non possiamo pensare di ripararci in campi neutri, che non esistono. Nella città esistono strati sociali che educano alla legalità; uomini e donne al servizio della polis, associazioni laiche ed ecclesiali impegnate per il bene comune, famiglie che testimoniano con sacrifici l’onestà; scuole che insegnano i valori civici; imprenditori e commercianti coraggiosi che resistono ai mafiosi e denunciano; giovani che amano la vita democratica e libera. Eppure, tutto questo non basta. La città è grata e si stringe vicino a una magistratura operosa e a forze dell’ordine dedite a debellare la malavita. Ma da sole non possono bastare. La Chiesa è chiamata a fare la sua parte e cerca di farlo nel suo quotidiano e ordinario servizio al Vangelo in ogni ambito di vita in cui è radicata: ma anche tutto ciò sembra insufficiente. Dovremmo fare di più? Come cattolici, in particolare, dovremmo lasciarci orientare dagli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa, la quale indica nella carità – e non certo nell’egoismo o nella mafiosità – la via maestra (Cfr Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 2) a difesa della dignità di ogni uomo; ricostituendo, così, le fila di una “grammatica sociale” comune a tutti gli strati che compongono la comunità civile, prima che la nostra civiltà sprofondi ulteriormente nel relativismo etico e giuridico, che si annida ormai nelle istituzioni, nella cultura e nel modo di pensare della gente. La lotta alla mafia in tutte le sue denominazioni e in ogni area del Paese va accompagnata, infatti, da una coerente azione educativa e dotando l’amministrazione giudiziaria delle risorse atte a favorire la certezza del diritto. Quest’invito alla carità personale, familiare, sociale e politica ce lo rivolge il Papa Benedetto XVI, che verrà a far visita alla Diocesi di Lamezia Terme il 9 ottobre prossimo. Come vescovo, mi sento unito nel desiderio e nella volontà di legalità che anima tutti gli uomini e le donne di buona volontà di Lamezia Terme, uomini e donne che nei differenti ruoli della vita civile e politica si impegnano nella quotidianità a superare la mafiosità come cultura e la mafia come pratica.