Vincenzo, a Gioia Tauro ora si rischia a stare fuori casa…

L’omicidio di Vincenzo Priolo, giovane di 29 anni, vittima di un agguato ieri mattina, getta nel terrore Gioia Tauro, una città che negli ultimi anni aveva vissuto momenti di tranquillità. Il giovane è stato assassinato con modalità mafiose, raggiunto da colpi che lo hanno attinto al volto e allo stomaco. Enzo Cavallo Pazzo, così conosciuto tra gli amici, si trovava appena fuori dalla sua autovettura, una Volkswagen Golf nera, quando qualcuno gli ha sparato facendolo cadere a terra. Il fatto di sangue si è consumato in pieno giorno, in pieno centro. A pochi minuti dalle sedi delle forze dell’ordine che sono da subito intervenute. Trasportato d’urgenza, scortato dagli stessi inquirenti, all’ospedale di Polistena, che dista da Gioia Tauro circa 20 minuti, è deceduto. Priolo era stato processato nel procedimento “Cent’anni di storia”, ma alla fine del primo grado era stato assolto. Secondo gli inquirenti era vicino alla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Un fatto che getta ancora più inquietudine e timore. Arrivare a sparare tra i passanti, tra la folla in una strada trafficatissima in un orario dove le persone sono fuori a fare la spesa, a prendere un caffè. Sembra un far west dove nessuno ha visto nulla. Qualcuno potrebbe chiamarla omertà. Noi la definiamo paura di parlare. Perché la Calabria è terra strana con le sue regole. Ma al di là del come e dei perché, che toccano agli inquirenti, l’incubo è che Gioia Tauro sia tornata ai tempi della cruenta guerra di mafia quando si ammazzava a ripetizione. Il clima è pesante, manca l’aria a Gioia Tauro, non solo e non soltanto per il caldo. Manca il lavoro, al porto come nelle aziende private messe in ginocchio dalla crisi e dall’alluvione del 2 novembre 2010. Ma non manca il coraggio. Il coraggio e la forza di reagire ed andare avanti perché il Calabrese è fiero e tenace. E proprio ora ci vuole maggiormente uno scatto d’orgoglio per continuare a vivere, reagire, mettere da parte le paure e rilanciare anche e soprattutto l’immagine della città perché non si torni ad etichettare Gioia Tauro con il luogo comune di città di mafia.