Lamezia Terme, la mafia fa affari con gli ucraini
Cambiano i tempi e “bisogna” ingegnarsi ed in questo i calabresi sono molto bravi! Un’associazione per delinquere di stampo mafioso capace di mettere insieme gli interessi criminali di una banda di ucraini e quelli di una cosca di ‘ndrangheta di Lamezia Terme. Il tutto per portare a termine reati, contestati a vario titolo, come estorsioni, sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e detenzione illegale di stupefacenti, mentre da parte degli investigatori è stata evidenziata anche una pista che porterebbe al traffico di armi dall’Ucraina all’Italia. I particolari sono stati resi noti, nel corso di una conferenza stampa che si è svolta nella Questura di Catanzaro alla presenza del procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, del questore Vincenzo Roca, del capo della Mobile Rodolfo Ruperti e del vice Angelo Paduano. Una banda ben organizzata, quella individuata nel corso delle indagini, che imponeva il pizzo agli autisti dei pullman che facevano la spola con la nazione dell’Est Europa. Ognuno di loro, infatti, veniva fermato in due posti fissi, in piazza d’Armi a Lamezia Terme e nei pressi di un noto hotel a Catanzaro, con una sorta di “posto di dogana”, come è stato definito dagli inquirenti, e qui doveva pagare una tangente variabile tra i cento e i duecento euro. In arresto sono finite sei persone, oltre a quattro cittadini ucraini che risultano colpiti da provvedimento di custodia in carcere ma ancora ricercati, e due indagati. L’attività delinquenziale interessava circa dodici, tredici passaggi mensili dei bus, ma che si protraeva da sei anni. A bordo degli autoveicoli viaggiavano prevalentemente pacchi, e proprio in base ai quantitativi trasportati venivano decisi i prezzi da pagare. Ma l’attività delinquenziale del gruppo non si fermava solo a questo aspetto, dal momento che il sodalizio era in grado anche di fare giungere in Italia cittadini ucraini con documenti rumeni, consentendo di trasformare i cittadini in membri dell’Unione Europea. “Non abbiamo individuato il modo e il luogo in cui questi documenti venivano preparati – ha affermato il procuratore aggiunto Borrelli – ma sappiamo che il fenomeno era consistente. Anche rispetto alle armi, il traffico risulta da alcune intercettazioni, ma non sono stati effettuati sequestri”. Gli inquirenti hanno evidenziato le azioni cruente che gli autisti dovevano subire se non pagano la tangente. Molti di loro, infatti, venivano picchiati selvaggiamente, per costringerli a sottostare alle regole. Un meccanismo che sarebbe stato organizzato e diretto da Matteo Vescio, 29 anni, di Lamezia Terme, già noto alle forze dell’ordine e considerato vicino alla cosca Iannazzo, mentre Vasyl Koval, 28 anni, cittadino ucraino residente a Maida (CZ), considerato elemento molto pericoloso si sarebbe occupato della gestione pratica degli affari. Sarebbero stati questi loro gli elementi di congiunzione tra la malavita straniera e quella della ‘ndrangheta, che avevano dato vita ad un vero e proprio monopolio nella gestione delle estorsioni. Nell’operazione in manette sono finiti anche Cosimino Berlingieri (detto Coco’), 32 anni, di Lamezia Terme, che deve rispondere per alcuni episodi di droga; Nataliia Gordiichuk, 34 anni, ucraina residente a Lamezia Terme; Nadiya Tymofiy, 49 anni, ucraina domiciliata a Lamezia; Larysa Furkulitsa, 38 anni, ucraina domiciliata a Lamezia. Agli arresti domiciliari Ugo Bernardo Rocca, 26 anni, di Lamezia Terme. Quattro persone sono tutt’ora ricercate, oltre a Vasyl Koval, anche Fedir Andriiesh (detto Igor), 32 anni, ucraino domiciliato a Lamezia; Oleg Deulia, 26 anni, ucraino residente a Lamezia; Ivan Furkulitsa, ucraino domiciliato a Lamezia Terme. Risultano, invece, indagati la madre di Vescio, Giovanna Rocca, 70 anni, e Francesco Costantino Mascaro, 37 anni, di Lamezia Terme. Una donna ucraina sarebbe stata anche costretta a prostituirsi, a dimostrazione della volontà del gruppo criminale di avere affari illeciti diversificati, a seconda delle esigenze. Secondo il questore Roca, “l’operazione “On the road” ha dimostrato l’ottimo raccordo tra polizia giudiziaria e autorità giudiziaria, un punto forte in questa provincia che ci permette di stare più tranquilli. E’ stato dimostrato che quando svolgi attivita’ criminali sul nostro territorio devi avere un collegamento con la criminalità organizzata”. Aspetti ripresi dal procuratore Lombardo, che ha sottolineato come la richiesta del sostituto Simona Rossi e il provvedimento del gip Abgail Mellace “hanno riconosciuto l’esistenza di una doppia associazione, una mafiosa l’altra ordinaria. Gli ucraini e gli italiani hanno creato una simbiosi perfetta – ha aggiunto – e questa operazione deve dare fiducia ai cittadini ucraini che vengono in Italia per lavorare onestamente”. Il capo della Mobile di Catanzaro, Ruperti, ha ricordato che l’operazione e’ partita da una segnalazione anonima che ha permesso di avviare indagini che si sono avvalse anche di video riprese e intercettazioni telefoniche e ambientali, nel corso delle quali sono emersi i diversi interessi malavitosi della banda, ma anche i ruoli ricoperti da ognuno. Come nel caso della fidanzata ucraina di Vescio, la quale traduceva le minacce e le richieste estorsive ai suoi concittadini. “Ad un certo punto – ha affermato Ruperti – si è anche rischiato lo scontro con altri cittadini ucraini che volevano interessarsi all’affare, ma proprio l’influenza delle cosche calabresi ha evitato lo scontro. Il gruppo, tra l’altro, godeva anche di favori, come nel caso del gestore delle pompe funebri coinvolto nell’operazione e che aveva fornito alla banda schede telefoniche intestate a defunti”.