Roma, la Capitale dice addio alle cabine telefoniche

Nell’era dei cellulari, degli smartphone, di internet, il loro destino sembra essere segnato. Una delibera dell’Agcom (pubblicata nella gazzetta ufficiale numero 77 del 2 gennaio 2010) ha autorizzato Telecom Italia a rimuovere i telefoni pubblici “in eccesso”. Saranno “risparmiati” solo quelli presenti negli ospedali, nelle scuole e nelle caserme. E allora in questi giorni capita, girando per la Capitale, di vedere affisso su di esse un grande cartello rosso con scritto: “Questa cabina sarà rimossa dal giorno” e una data. Gli irriducibili sostenitori della necessità delle cabine, però, hanno ancora una arma nelle loro mani: inviare una e mail all’indirizzo [email protected] entro 30 giorni dall’affissione del cartello di rimozione, “per chiedere che questo telefono pubblico resti attivo”, specificando i propri “dati, un recapito, l’indirizzo della cabina e le motivazioni della richiesta”. Quante siano state le mail ed eventualmente quali cabine siano “salve” si saprà forse tra una decina di giorni, quando l’Agcom farà arrivare alla Telecom i dati ufficiali. Poi inizieranno le rimozioni, che in molti casi sono state già fissate per il 20 di giugno. La rete di postazioni telefoniche pubbliche (ptp), comunque, si è già notevolmente sfoltita negli ultimi dieci anni: se oggi le cabine sono circa 130 mila, nel 2000 infatti erano 300 mila. Nessuno le usa più. Secondo quanto riferisce la stessa Telecom Italia, dal 2001 l’uso delle cabine si è ridotto del 90 per cento, sia come numero di conversazioni sia come media di minuti passati alla cornetta. L’Italia, con un telefono pubblico ogni 450 abitanti circa, resta però ancora al primo posto in Europa: adesso quindi l’obiettivo dichiarato è intanto quello di passare da 130 a 100 mila unità.