Pisticci, l’omaggio di Pittella a Mingo il ribelle

“Ricordo quando venni a Pisticci da assessore al Turismo e Attività produttive e mi ritrovai nel pieno di una manifestazione pro Ospedale di Tinchi capeggiata da Domenico Giannace. Mingo é una personalità straordinaria, dentro il suo cuore, c’è tanta passione, tanta pancia, ma anche tanta testa. C’è anche la capacità, la sapienza, la saggezza, l’equilibrio, non sempre legato all’età. Proprio di chi é capace di fare lotta e governo. Di fare lotta e battaglia e conseguire un risultato, porlo sul tavolo e avere anche la capacità di trovare all’interlocutore la via di fuga per provare a recuperare il tempo necessario con equilibrio per ricercare una soluzione. E così fu”. Lo ha detto il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, intervenendo a Palazzo Giannantonio a Pisticci, alla presentazione del libro “Mingo il ribelle”, scritto da Giuseppe Coniglio che narra la vita del novantunenne Domenico Giannace, già, sindaco, consigliere comunale, provinciale e regionale con l’allora Partito Comunista Italiano in un arco di tempo che va dagli anni ’50 agli anni ’80. Il governatore nel suo lungo intervento riconosce al protagonista del volume un ruolo importante nella vicenda che riguarda l’ospedale di Tinchi.

“Conosco Mingo Giannace da quando sedeva tra i banchi del Consiglio regionale con mio fratello Gianni, erano gli anni ’80. Ricordo anche se di sfuggita il dibattito che all’epoca animava i consigli regionali e le piazze della nostra regione. Era tutto un dibattito legato alle cose del fare, ma intriso profondamente di passione e ideologia. All’epoca – ha ricordato Pittella – avevamo tre blocchi sostanzialmente: la Dc, il Pci e il Psi. Oggi, siamo in un tempo post ideologico oggettivamente, in una lunga fase di transizione. E in un tempo come questo in cui stiamo ricostruendo gerarchie di valori, anche diversi rispetto al passato, recuperare la storia vissuta accanto agli ultimi e ai penultimi, di un novantenne ancora nel pieno della sua forza e della sua lucidità, non solo fisica ma anche psicologica e mentale, che ha vissuto una vita attraversata da cose belle e anche da cose non piacevoli. Mi rendo conto che sempre più spesso, l’animazione del nostro dibattito viaggia e innerva la sua essenza sulla velocità della rete. E con un click riesci a costruire nel bene e sempre più spesso nel male, una discussione che sa dell’inverosimile, perché molto poco legata alle cose vere e alla profondità di un pensiero. Quello che invece animava una persona che non aveva avuto la possibilità di studiare, che non ha frequentato alcuna scuola se non quella della vita come Domenico Giannace e che, nonostante non l’avesse in termini di titoli conseguiti, ha però da trasferire per profondità, molto di più di chi invece presume di poter essere depositario di verità e profondità su argomenti molto sensibili solo e soltanto perché costruisce una sentenza su Facebook o su Twitter”. Pittella parla ancora della vertenza dell’ospedale di Tinchi. “Ora mi ritrovo – ha continuato – a recuperare tutta intera quella battaglia e provo a far diventare insieme alla giunta regionale e alla maggioranza, quel portato quale esempio di una possibile ricostruzione di fiducia tra i cittadini e le istituzioni, perché Tinchi rappresenta uno dei tanti cortocircuiti che hanno animato gli ultimi quindici anni di vita politica italiana, non lucana. Come si generano la sfiducia e il dissenso, l’allontanamento dalle istituzioni e l’idea che noi che ricopriamo ruoli istituzionali siamo tutti uguali, se non attraverso le discussioni e le ritualità continue, e mai le cose reali da fare. Quando traduci le cose alle quali ancori parte della tua vita e le traduci in cose reali, in cose concrete, puoi anche sbagliare, ma solo chi non fa non sbaglia. Nel consegnare ai cittadini lucani l’esperienza di Tinchi, si può affermare che Domenico la cui leadership é riconosciuta per le sue battaglie in una vita consumata, condivide con noi, istituzione regionale, la realizzazione di ciò che é previsto per quell’ospedale. Oggettivamente non può che trarne la più grande gratificazione che é l’unica che ha chi consuma la propria vita nelle istituzioni. Domenico segue passo dopo passo le vicende dell’ospedale di Tinchi, delibera dopo delibera. Posso dire – ha voluto puntualizzare Pittella – che quando si prendono impegni verso la sua persona e per la storia che rappresenta, io debba togliermi il cappello. Sono venuto per questo. Non per fare passerelle”. E rivolgendosi direttamente all’interlocutore “tu allora hai avuto l’onore e il dispiacere di conoscere Rocco Scotellaro, in momento difficile della tua e sua vita. Due grandi uomini chiamati a patire la carcerazione per non aver commesso nulla. Poi c’è il tempo che non sempre é una variabile di cui non tener conto soprattutto in politica e nel sistema delle relazioni. C’è un tempo che deve trascorrere perché un pezzo di verità si possa affermare”. In conclusione il governatore ha spiegato che “la verità non é un’istantanea, ha bisogno di tempo, un tempo che Domenico é riuscito a trascorrere senza mai venir meno a un dovere che scorre nel suo sangue: quello di servire un popolo e di fungere da esempio ad una nuova generazione, che spesso corre troppo sulla leggerezza della rete e poco legge i libri, poco si forma alle scuole di partito che un tempo c’erano e continuano a esserci”.