Pisa, trovata una casa per il poeta homeless Giovanni Lecci

LecciNato nel 1945 a Livorno, per i primi anni della sua vita Giovanni Lecci conduce un’esistenza regolare: il suo mondo è rappresentato dalla famiglia e dal lavoro di muratore. Una realtà che, seppur con qualche sacrificio, gli permette di vivere dignitosamente e felicemente. Poi cambia tutto: entrambe le figlie muoiono, la prima a 2 anni per una malattia, la seconda a 7 anni per un tragico incidente, investita da un camion davanti a casa. Un dolore troppo forte da sopportare. Cominciano per lui gli anni bui. «È come se qualcosa mi si fosse rotto dentro, è venuta fuori la parte scura del mio animo» racconta Giovanni.

Ma nonostante le difficoltà, con la depressione e la perdita del lavoro, Giovanni cerca di rimanere a galla aggrappandosi all’amore della sua vita: la poesia. In qualunque condizione, infatti, non smette di scrivere. Una passione che lo accompagna da sempre: «già quando avevo 10 anni – dice Giovanni – ho ricevuto un premio per i miei versi». E quando finisce a fare vita di strada continua e riempie decine di quaderni. «Fa parte della mia natura – spiega – per me scrivere è sempre stato come respirare. È stata proprio la poesia che mi ha dato la forza di superare tutto questo».

Qualche anno fa Giovanni scappa da Livorno e arriva a Pisa. Qui avviene l’incontro con il centro culturale Mondostazione al Dopolavoro ferroviario, che promuove letture pubbliche dei suoi versi. Anche se all’inizio dorme in stazione, per Giovanni è l’inizio di un nuovo percorso: la città lo accoglie e lo aiuta a tirarsi fuori dalla strada. E arrivano anche i riconoscimenti come nel 2013 a Fiesole quando ha vinto il primo premio di poesia concorrendo con altri 480 poeti.

Da qualche mese Giovanni e la compagna, inseriti nel percorso per l’emergenza abitativa della Società della Salute, abitano in un appartamento condiviso con altre persone in difficoltà. E presto arriverà anche la casa popolare (hanno infatti regolarmente partecipato al bando del Comune di Pisa e, data l’età e la situazione, sono in buona posizione in graduatoria). Lui, felicissimo, ringrazia tutti e lo fa alla sua maniera: con versi delicati e toccanti.

Pisa donna magica e fatale, di Giovanni Lecci

Magica e fatale, colorata è la tua veste di vibratile fiamma, il tuo insieme è come un mazzo di fiori variopinti. Pisa è la città dove è così bello vivere e morire, è la città della buona speranza, questa vita si smarrisce nella storia. Quest’incerta luce che tutto esplora, così il cuore si alza con afflizioni per percorrere il cielo per cercare il sole nell’infinito universo, così sento l’anima gemere d’elegia. Vasti e strani domini dell’essere e della sua essenza, ove il mistero in fiore si doni a chi coglie nuove fiamme dai colori infiniti nei mille fantasmi senza corpo ai quali dare una realtà, nella ragione smisurata e silenziosa della mente e del cuore. Non c’è terra che più mi commuove, le tue vie strette, i tuoi meravigliosi palazzi, i tuoi prati fioriti ridonano candidi di brine mattutine, i tuoi vicoli oscuri dove echeggiano voci passate, di cavalieri e dame. Nulla è più dolce per il cuore di questa antica e fatale eredità. Una barca è imprigionata come una trappola di cristallo nei cespugli della riva, ondeggia lungo il fiume, poi si dilegua e sparisce sprofonda, ma io sono qui a guardarti sul bordo della riva, poichè la via si rompe sul bordo dell’abisso. Tutto si sconvolge, il mare i fiumi il cielo, in questa luce di quest’esilio che continua a far girare l’eternità fino alla chiara oscurità. Nello spirito del luogo, nello spirito dell’acqua. Ora si accendono le luci della città, è già calata la sera. Si odono le voci delle genti, il rumore assordante delle macchine, dei pulman, così vive questa città. Pisa dolce riposo della mia sofferente vita, dove tutte le parole vengono meno, ha profetizzato il passato e il futuro. Ho scritto una postfazione dei miei infiniti sogni, nella brezza del vento così tanto cospira il fremito del tuo silente tempio, al rumore e al silenzio di tal luogo. Il bel cielo vero, guarda me che cambio dopo tanta fierezza, dopo tanta inerzia strana, ma piena di forza, mi abbandono a questo lucente spazio, nell’osservare tutte le cose, così la mia ombra piegandosi al suo fragile passare nell’incerto lucare, lunare, dove la bellezza e l’amore la verità l’amicizia abbracciano il sonno immortale della vita di questa mia anima, che ha attraversato la radura della storia interiore dove la materia ha ceduto all’incomprensibile assenza della mia immanenza.

Giovanni Lecci