Milano, impedito a Silvio Berlusconi di partecipare al vertice del Ppe

Bocciata la richiesta avanzata dai legali del Cavaliere di avere il nulla osta al rilascio del passaporto per consentire al leader di Forza Italia di andare a Bruxelles per il vertice Ppe. Il “no” è giunto dall’ufficio esecuzione della Procura di Milano. La revoca del passaporto al Cavaliere era stata effettuata nello scorso agosto dopo la condanna definitiva a quattro anni di carcere per il caso Mediaset.

Il parere negativo dei magistrati all’istanza, secondo fonti della Procura, sarebbe stato dato “perché non lo prevede la legge”. Anche la sollevazione di un cosiddetto “incidente di esecuzione” davanti al Tribunale non otterrebbe alcun risultato perché la decisione non arriverebbe in tempo utile. Non è possibile appellarsi al fatto che la destinazione di Berlusconi sia Bruxelles, quindi una città dell’area Schengen, dove sono stati aboliti i controlli alle frontiere, perché rimane l’obbligo di portare con sé i documenti per l’espatrio.

“Negando a Silvio Berlusconi il diritto di partecipare al vertice del Partito popolare europeo, il giudice dell’esecuzione ha forzato oltre ogni limite la sentenza di condanna”, afferma Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario di Fi-PdL alla Camera. “Appellarsi al divieto di espatrio come conseguenza del ritiro del passaporto – aggiunge – significa non riconoscere quello spazio comune europeo, così come previsto dall’accordo di Schengen, al cui interno dovrebbe rimanere la libertà di circolazione per ogni cittadino. Né i magistrati possono invocare il pericolo di fuga, intenzione fermamente esclusa da Berlusconi e incompatibile con la sua determinazione a continuare la battaglia politica in Italia”.

“La decisione del giudice dell’esecuzione si inserisce nella catena di accanimenti contro il leader di Forza Italia – sostiene Gelmini – al quale si ritiene di dover negare ogni agibilità politica e civile. La sua assenza dal vertice del Ppe dovrebbe essere motivo di riflessione per tutti gli altri leader popolari sulla stato della giustizia in Italia. La negazione del diritto di parola è un ulteriore aggravio delle già inique pene accessorie”.