Graffignano, in manette il sindaco Adriano Santori e l’assessore all’ambiente Luciano Cardoni

Un sistema di corruzione ramificato nei settori della raccolta differenziata di rifiuti, lavori stradali e ristrutturazione di edifici pubblici. Tredici le persone arrestate e 51 quelle denunciate a piede libero dal Corpo forestale dello Stato su disposizione del giudice per le indagini preliminari di Viterbo, Franca Marinelli.

Turbativa d’asta e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Sono i reati ipotizzati. Tra le persone tratte arrestate il sindaco di Graffignano Adriano Santori e l’assessore all’ambiente Luciano Cardoni, due funzionari dell’Ufficio del Genio civile di Viterbo, ritenuti i presunti personaggi chiave dell’inchiesta, quattro imprenditori di Viterbo, due di Montefiascone, uno di Tarquinia e due di Celleno.

Le indagini, condotte per oltre due anni dalla Forestale di Viterbo, sono scattate in seguito alle intercettazioni eseguite nell’ambito di una precedente inchiesta relativa al pagamento di tangenti per il rilascio di nulla osta paesaggistici.

Dall’esame delle centinaia di migliaia di conversazioni intercettate al telefono, o registrate negli uffici e nelle auto di alcuni indagati e dall’analisi di filmati realizzati con telecamere occulte, emergerebbe un quadro di diffusa corruzione e turbativa delle gare indette sia da alcuni Comuni viterbesi, romani e ternani, che dalla Provincia di Viterbo, con la complicità di pubblici ufficiali corrotti.

Sarebbero, infatti, 26 le gare d’appalto risultate truccate nei settori della raccolta differenziata dei rifiuti, dei lavori stradali e della ristrutturazione di edifici pubblici, per un importo totale superiore ai 12 milioni di euro.

Le ditte invitate a partecipare venivano selezionate in modo da permettere alla predestinata vincitrice di non trovare ostacoli e, inoltre, veniva mantenuto un sostanziale equilibrio tra le ditte partecipanti al sodalizio criminale al fine di garantire a tutte una fetta dei contratti. Le decine di società indagate si spartivano le gare, provvedendo non solo a remunerare i pubblici ufficiali che le favorivano, ma anche ad escludere dagli appalti pubblici le società antagoniste.

Gli accordi garantivano offerte economiche estremamente vantaggiose per le ditte vincitrici che, di norma, effettuavano dei ribassi minimi dato che era garantita loro l’assenza di concorrenza. Per di più tale meccanismo provocava danni rilevanti per la collettività, chiamata a sostenere oneri superiori a quelli che si sarebbero determinati in un contesto di libero mercato e di rispetto della legge.

Oltre ai dodici arrestati (nove in carcere e tre ai domiciliari) sono attualmente iscritte nel registro degli indagati altre 51 persone appartenenti sia alla pubblica amministrazione che all’ambiente imprenditoriale.