Sanità in Calabria, l’Osservatorio Civico denuncia: “Quanto vale la vita di un calabrese?”

Disuguaglianze nell’accesso alle cure, sottofinanziamento cronico e carenza di personale: la sanità calabrese rischia il collasso. L’Osservatorio Città Attiva aderisce alla manifestazione del 10 maggio con un elenco di proposte urgenti.

“Quanto vale la vita di un calabrese?”. A porre la domanda in modo provocatorio è l’Osservatorio Civico Città Attiva, che ha annunciato la propria adesione alla manifestazione del 10 maggio contro le disuguaglianze nel sistema sanitario nazionale. Al centro della denuncia, le profonde sperequazioni tra Nord e Sud Italia nell’accesso alle cure, con la Calabria tra le regioni più penalizzate.

Secondo le tre avvocate portavoce dell’Osservatorio – Daniela Primerano, Francesca Guzzo e Ornella Grillo – la sanità pubblica calabrese è allo stremo. Dopo 15 anni di commissariamento statale giudicato “totalmente fallimentare”, la regione continua a registrare una massiccia migrazione sanitaria verso le strutture del Nord, con un sistema locale segnato da tagli, sottofinanziamento e carenza cronica di personale.

Tra le principali richieste avanzate figura l’azzeramento del debito sanitario regionale e una nuova ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale che tenga conto non solo della popolazione per età, ma anche di fattori come la deprivazione sociale, la minore aspettativa di vita e l’elevata mortalità infantile. La Calabria, denunciano le promotrici, riceve attualmente 2.124 euro pro-capite contro i 2.860 della Provincia autonoma di Bolzano, con una perdita annuale di oltre 475 milioni di euro.

Gravi le disparità anche nella distribuzione di posti letto e personale sanitario: con solo 119 addetti ogni 10.000 abitanti, la Calabria è lontana dalle medie di regioni come l’Emilia Romagna (183) o la Liguria (189), risultando carente di oltre 12.000 unità. Il divario si riflette anche nei posti letto, 33 ogni 10.000 abitanti contro i 45 del Piemonte.

La disuguaglianza, però, si manifesta anche all’interno della stessa regione. L’Asp di Vibo Valentia, ad esempio, riceverà nel 2024 quasi 100 milioni di euro in meno rispetto a quella di Crotone, pur essendo anch’essa un centro spoke. Simili squilibri si ritrovano anche tra i centri hub, con Cosenza a quota 3.912 euro pro-capite, Catanzaro a 2.346 e Reggio Calabria a 2.112.

L’Osservatorio propone una serie di misure urgenti, tra cui:

  • Un piano straordinario di assunzioni con incentivi per chi opera nelle aree disagiate;
  • La definizione di standard di servizio territoriali che considerino tempi di percorrenza e accessibilità, in particolare nelle zone montane;
  • L’erogazione effettiva degli screening preventivi, garantiti con tecnologie adeguate;
  • L’eliminazione del numero chiuso per l’accesso alle professioni sanitarie e una pianificazione coerente del fabbisogno formativo, oltre a borse di studio per attrarre studenti stranieri in Calabria.

La regione, spiegano le avvocate, conta oltre 5.500 medici mancanti, tra medicina generale e altre specializzazioni, e rischia il tracollo se non verranno adottati interventi strutturali: “La sanità pubblica calabrese è sempre più schiacciata da carenze strutturali e dalla fuga dei professionisti verso il privato. Il diritto alla salute rischia di diventare un privilegio e non un diritto costituzionale”.

Il grido d’allarme dell’Osservatorio arriva a pochi giorni dalla mobilitazione del 10 maggio, che si preannuncia come un momento di forte protesta e proposta per il futuro della sanità nel Mezzogiorno.