La mia Pasqua fuori dal mondo

Vincenzo Calafiore

 

La mia Pasqua fuori dal mondo

 

Vincenzo Calafiore

Dietro le quinte di questo teatro va in scena lo spettacolo di una smorzata, sconosciuta vita, nella tinta d’occaso l’io racconta di se, permette di costruire storie sfumate sui binari più quotidiani. Si espande, questa tinta più dimidiata, sulle scene, inquina i colori, soffoca le voci, li carica di una malinconia effervescente di una sconosciuta vitalità, quasi meccanica.

La leggerezza di una esistenza frenata e senza cantabilità, ne prolunga gli echi.

Le idee, i pensieri dei personaggi sono assillati dall’ambiguità, dall’inquietudine, vaga è la coscienza del mondo, ma all’interno, nell’anima, c’è un inestinguibile desiderio di oltrepassare le allusioni e di entrare in contatto con qualche angelo.

Sentirlo urgere dentro di sé le esigenze di felicità, di bellezza, di giustizia, di amore, di verità, sentire vibrare, ribollire nelle fibre del nostro essere pensando che Dio da lassù, da qualche parte guardi questa palla di terra sospesa in un mare blu, in guerra, in autodistruzione, ove regna il potere del denaro, e nulla ha più valore di questo, nemmeno Dio.

Amare Dio è l’avventura degli audaci, è per gente viva, libera, capace di volersi veramente bene. Per persone che vuole vivere quell’ideale d’amore a cui il cuore spinge senza sosta.

Ma cosa potrà restare in piedi e resistere alla distruzione del tempo, del dolore, del male e della certa morte?

Stat Crux dum volvitur orbis “ che vuole dire: solo l’uomo della Croce rimane invincibile, mentre tutto nel mondo passa e tutto crolla.

Resta solo il potere dell’Amore, di Dio, colui che ha portato tutte le croci del mondo.

In quel dietro le quinte la gente mormora è chiassosa, disordinata, ma qualcuno dice:

Cristo ha dato la vita per noi e muore per noi….  Tutti di colpo tacciono e come un’onda silenziosa si inginocchiano abbracciando il mondo, tutti i destini e tutto il tempo, da Adamo al Giudizio Universale.

Dietro la croce non ci sono tempeste, c’è la pace, la serenità, l’Amore. Ma fuori dalla croce si brancola nel buio, nel segno del disfacimento, preda di un invisibile tsunami che ci sta travolgendo.

Eppure io sento in me i segni di una primavera nascosta! Ma bisogna volgere lo sguardo altrove. Bisogna accorgersi di qualcosa che sta accadendo nel silenzio, lontano da tutto. Come quando stava crollando l’impero romano e sembrava vi fossero solo le rovine e la barbarie … invece qualcuno stava piantando il seme di una nuova civiltà nel nome di Dio.

Dunque per salvarsi non guardare dove guardano tutti, cioè verso le rovine, perché la speranza e l’amore, la pace e la serenità, non vengono dalla politica, dall’economia, dal denaro, dagli intellettuali, dagli eserciti. La novità vera, pur sembrando fragile e silenziosa come le gemme che spuntano a rinnovare la vita, eppure senza quelle gemme la vita non sarebbe altro che legna da ardere, non sarebbe che un cimitero, non avrebbe speranza:

quella gemma è Cristo.

Una gemma che sfida lo tsunami che ci sta travolgendo, sfida il tempo del dolore e della morte.

Possiamo far finta o a meno di guardare i segni che Gesù ci ha dato per capire almeno in quale direzione dobbiamo cercare. Gesù non ha lasciato il suo corpo alla corruzione, ci ha mostrato che anche la materia è destinata all’eternità, che è realmente risorto, che non rimane una cosa perduta.

Gesù ha preso con se anche la materia, così la materia ha anche la promessa dell’eternità.

Gesù non muore più, perché non sottomesso alle leggi della fisica e della biologia, muore chi è sottomesso a queste leggi.

Gesù è eterno, è l’eternità!

Questa Pasqua avrebbe bisogno di un nuovo cenno, di una nuova direzione che non sta nelle feste sui prati, sta in una chiesa vuota avvolta nel silenzio ove si può respirare Gesù, con cui parlare, prendere la sua mano tesa.

Lontana dal consumismo, dal frenetico; cercare invece una vita nuova, una vera vita, una vita che nella grazia di Gesù non è più sottomessa alla morte e che è la nostra grande promessa!