Confai Bergamo: la difficile congiuntura del comparto suinicolo bergamasco

“L’emergenza della peste suina richiede una crescente attenzione da parte delle istituzioni e un costante coordinamento tra governo e Regioni al fine di scongiurare la prospettiva di danni economici irreparabili per la filiera zootecnica e agroalimentare. Le misure approvate nei giorni scorsi nel quadro del decreto Sostegni Ter vanno nella direzione di fissare alcuni argini per salvaguardare un comparto di per sé già esposto alle frequenti fluttuazioni dei mercati domestici e internazionali”: è quanto afferma Leonardo Bolis, presidente di Confai Bergamo e Confai Lombardia, commentando i provvedimenti recentemente adottati dal ministero delle Politiche Agricole, che ha istituito un fondo di 50 milioni di euro da suddividere tra interventi strutturali e futuri indennizzi. La peste suina, lo ricordiamo, benché non sia trasmissibile agli esseri umani, può trasmettersi pericolosamente a cinghiali e maiali, risultando una grave minaccia per gli allevamenti del settore. Benché gli standard di bio-sicurezza abbiano finora tutelato adeguatamente gli allevamenti lombardi, la preoccupazione di Confai Bergamo riguarda i possibili effetti di mercato.

“Condividiamo i timori manifestati dall’assessore regionale Rolfi – spiega Bolis – circa i pericoli di eventuali blocchi alle esportazioni di carni e salumi lombardi verso paesi non comunitari, che potrebbero adottare misure commerciali restrittive ben oltre qualsiasi criterio di sicurezza sotto il profilo sanitario”.

“In provincia di Bergamo gli allevamenti suinicoli ad alta specializzazione sono oltre un centinaio – ricorda il direttore di Confai Bergamo, Enzo Cattaneo – cui occorre aggiungere circa 200 allevamenti di dimensioni medie e medio-piccole, oltre ad allevamenti di carattere più strettamente familiare, per un totale di circa 280.000 suini all’ingrasso”.

Il 95% della produzione di carne suina bergamasca si concentra in pianura. “L’emergenza attuale si aggiunge ad una tendenza pluriennale di per sé già negativa per le produzioni animali, ripetutamente aggravata dagli incrementi dei costi dell’energia e dei mangimi – chiarisce Cattaneo -. Lo spettro della diffusione della peste suina annulla ora anche i segnali di timida ripresa del comparto suinicolo, pari ad un dato tendenziale dello 0,3% su base annua, che all’inizio dello scorso mese di dicembre erano stati diffusi dal centro di ricerche Crefis”.