Addio Giovinezza

          Giovinezza, addio

Di Vincenzo Calafiore

10 Settembre 2021 Udine

“… amare è riconnettersi alla vita

e ai sogni che sono poi i veri protagonisti

del nostro tempo. E sono loro i sogni

di cui parlo. Sogni di quando eravamo bambini

e le estati ci accoglievano con tanta generosità.

Questo voglio credere, a cominciare con l’aver ritrovato una lettera mai inviata, in mezzo a un libro di latino a una fanciulla di cui sono stato

tanto innamorato, lei si chiamava: Giovinezza! “

                                              Vincenzo Calafiore

Cara,

questa è una di quelle estati uguali a quelle della mia gioventù : sfinita dal frinire di cicale, cornucopia colma degli aromi del basilico, dell’origano; e questa notte non avendo altro mezzo per raggiungerti, ti scrivo una lettera che forse mai leggerai.

E’ una maniera per stare con te!

Sai quei miei settantacinque anni sono passati così in fretta da non essermene reso conto …. i miei anni più o meno trentacinquemila giorni.

All’apparenza sembrano un’eternità, un tempo infinito eppure adesso, ora che li guardo con attenzione e con tutto il tempo che ho, mi sembrano invece siano stati brevi, troppo brevi!

Vedi ? Sono stati così veloci da non concedermi il giusto tempo di ricommettere gli stessi errori della giovinezza! Devi sapere che mi sento e vivo come un sopravvissuto dinosauro, vengo da un passato remoto tragico e drammatico come un dopoguerra.

Cara sono così brevi gli anni dei vent’anni …..

Ora tu mi hai lasciato, è già passato molto tempo, di te non so più nulla, ma ti ricordo ancora come la mia vita di adesso: fatta di ricordi.

Amore mio, sono finiti i due tempi e sto giocando i miei tempi supplementari, per vivere non rimane che la mia memoria che ogni sera al tramontar del sole e sorge la malinconia, mi propone ricordi!

Sai? Loro sono la dea bendata della nostra vita e io tremo solo al pensiero di perderli o lasciarli andare via nel nulla. Penso che chi non abbia più memoria non abbia più vita; la loro sequenza è quella di un vecchio film in bianco e nero, montato senza un filo conduttore, senza la colonna sonora dell’amore.

Amore mio, i ricordi sono gocce di pioggia che lentamente scivolano su lastre di vetro; mi sono accorto mentre ti pensavo che le mie mani stavano giocando con un metro e un metro è di cento centimetri sui 75 centimetri c’è una tacca rossa, è una tacca importante, ma la domanda che mi faccio questa notte è: quanti centimetri ho ancora a disposizione?

Dimmelo amore!

Certe notti, caro amore mio faccio un appello, un silenzioso appello, e sono molti davvero gli assenti giustificati!

Adesso, in questa notte placida di tempesta voglio parlarti, scriverti una lettera perché sono convinto che i miei giorni non andranno perduti, perché la mia storia, la nostra storia, la lontananza, hanno dimostrato che si può amare, si deve amare, che l’amore vincerà sempre ora e domani come fino al numero civico 75 di quella via che si snoda verso il tramonto.

Forse ha avuto ragione, aveva ragione, quel poeta che conosco molto bene, che scrisse: Questo è il dolore della vita, che si può essere felici solo in due: Io e l’Amore che è in me!

Mia giovane compagna, amore mio!

Quante solitudini e quante tristezze fra queste righe, nelle ore dedicate alla lettura di testi antichi, la mia più grande fortuna!

Giovinezza, per me sei stata la sicurezza, il punto di riferimento, perché qualsiasi cosa mi fosse successa tu saresti stata sempre dalla parte mia, assieme a tante cose della mia vita che non è stata mai semplice.

Ho sempre preso delle decisioni conscio delle mie responsabilità, ho lavorato sempre, non mi è stato mai un peso perché mi è sempre piaciuto posso confessarlo? Sono stato sempre onesto e sincero, umano, di troppo umano destino.

Poi dopo tanti anni mi sono capitate cose che non mi sarei mai aspettato che quello che scrivo fosse letto in Giappone come in Russia, In America come in Australia, in Messico come in Argentina.

Quanti viaggi ho fatto! Ho potuto conoscere i miei fantasmi coi loro pigiami di seta colorata … a guardarli sembravano nuvole nei bordelli allegri, piccoli ruffiani dagli occhi spenti e che sorridevano venendomi in contro.

Sono stato a Sarajevo!

Vicino allo Stadio Olimpico c’era un enorme cimitero …. Le croci dei cristiani, le colonne sepolcrali di legno dei musulmani; qualcuno aveva messo su una tomba un cartiglio: i morti non gradiscono che il silenzio nelle preghiere!

E adesso anche se tu mi hai lasciato continuo a fare quello che so fare: scrivere; un foglio di carta, una biro e ritorno a vivere.

Ricordo di Sarajevo quelle giornate di tardo autunno, il sole che appariva a tratti, faceva brillare le pietre sotto le croci e mi venne in mente l’Italia che sognavo mentre il silenzio divorava l’ora; mi fa paura l’abitudine al dolore, alle violenze, alle sopraffazione, ai lasciti come quelli di un amico, di un amore in cui si ha creduto.

Quello che ho fatto, l’ho fatto per raccontare agli altri le cose dentro che vedevo: oggi, questo oggi poco emozionante, penso che ho avuto tutto da te, tutto arriva tardi per non parlare della morte che arriva quando meno l’aspetti!