La violenza di cui non si parla: in aumento le violenze psicologiche sulle donne

Violenza sulle donne e femminicidio: sono gli aspetti più drammatici e più noti del fenomeno. Ma anche le violenze psicologiche hanno conseguenze devastanti. Analizza il fenomeno, divenuto più eclatante nei giorni del lockdown, Bruna Colacicco, milanese, pediatra, autrice di un romanzo-memoir sull’argomento, co-fondatrice dell’Associazione “Scrivere contro la Violenza”.

Le donne vittime di omicidio volontario nei primi dieci mesi del 2020 in Italia sono 91. Otto in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Ma aumentano i casi di femminicidio maturati tra le mura domestiche, passando dal 57,6 % del totale (2019) al 67,5% (2020), con un picco durante il lockdown di marzo-maggio. I dati dell’ultimo rapporto Eures fotografano una situazione allarmante. Ma che rappresenta solo la punta di un iceberg di un fenomeno molto più diffuso. 

Le violenze psicologiche e tutti i maltrattamenti, che pur talvolta non arrivano alla violenza fisica, sfuggono a qualsiasi statistica poiché sono meno facili da individuare e più subdoli. Nondimeno, sono causa di forte disagio e grave sofferenza psicologica e anche fisica per la donna e per i figli, costretti ad assistere a episodi di maltrattamenti e a respirare un’atmosfera di violenza quotidiana.
«La violenza psicologica è invisibile, non causa lividi che i medici del Pronto soccorso possono segnalare in un referto, ma devastano le vittime che arrivano alla depressione e ad ammalarsi anche fisicamente. È fatta di umiliazioni e discredito, pretese di condizionare la vita e le scelte della partner, dominio e possesso, minacce e ricatti subdoli, manipolazione della coscienza», spiega Bruna Colacicco, un’autorità in materia di violenza psicologica. 

Autrice del del romanzo memoir “Eppure sono lieve” (Manni, 2019), scritto allo scopo di aiutare le donne e il loro entourage a riconoscere i segnali di abusi e di violenza psicologica e a trovare la consapevolezza e la forza di uscirne, Bruna Colacicco è da anni impegnata, sia con la partecipazione a trasmissioni televisive come “UnoMattina” sia con l’organizzazione di eventi ed iniziative, a far sì che le donne prendano coscienza del problema, imparando a riconoscere per tempo i segnali di una relazione psicologicamente violenta, dell’abuso domestico e del mobbing familiare.

La violenza psicologica spesso coinvolge anche i figli, che sono costretti sempre ad assistere a litigi e sfuriate. Il nuovo Codice Rosso, introdotto in Italia nel 2019, ha individuato due fattispecie di reati:“maltrattamenti in famiglia” e, per quanto riguarda i figli, “violenza assistita”.

«Per noi donne – continua Bruna – è difficile all’inizio renderci conto di essere state intrappolate in una relazione abusante. E, quando arriva la consapevolezza, decidere di interrompere questi “rapporti malati” richiede un lavoro doloroso di introspezione oltre che la capacità di affrontare le difficoltà pratiche che comporta una separazione. Così spesso si decide di farlo quando si sono già prodotti effetti gravissimi. Diversi gli aspetti della violenza psicologica, che passano anche attraverso un certo grado di sudditanza economica, specie se la donna non ha un lavoro proprio. I dati dei maltrattamenti in famiglia non emergono dalle statistiche perché ancora troppo basso è il numero delle donne che decide di denunciare. Il maltrattamento psicologico poi è difficile da dimostrare in tribunale, almeno in Italia dove, a differenza che in altri paesi europei, non esiste ancora una legge specifica in merito. La violenza psicologica è dannosa quanto quella fisica (che ne è a volte l’evoluzione), annienta la vittima e le fa addirittura ammalare. Coinvolge anche i figli, costretti spesso a vivere in un clima familiare difficile, ad assistere alle sfuriate e ai litigi familiari e alle violenze che ne sono la diretta conseguenza. Interpretare per tempo i segnali di una relazione abusante e allontanarsene, può servire a evitare situazioni ben peggiori e più gravi per il partner abusato e per i figli».