Siamo ancora qui. Il passato e il presente dei nativi americani di Danielle SeeWalker

Dalla prefazione all’opera Siamo ancora qui. Il passato e il presente dei nativi americani: “Questo libro nasce dall’incrocio di tre rette che per un istante hanno formato un triangolo, la cui base poggia sulla certezza che non possiamo più permetterci di non raccontare la storia della depredazione delle culture native […]”. Questo triangolo è formato dalla scrittrice del saggio, l’artista e attivista lakota della tribù Sioux di Standing Rock Danielle SeeWalker, dalla fotografa Carlotta Cardana e dall’autrice della prefazione e degli approfondimenti Lorena Carbonara. Tre donne diverse, che abitano in differenti parti del mondo, hanno deciso di unire i loro sforzi e le loro esperienze per dare voce ai nativi americani, che per più di un secolo sono sopravvissuti allo sterminio sistematico delle loro tribù e ad un genocidio culturale mirato a cancellare il loro prezioso e diversificato patrimonio di credenze, spiritualità e lingue. Si è soliti pensare, quando si parla di nativi americani, a quella manciata di etnie più conosciute, ma in realtà ci sono oggi 573 tribù distribuite in 35 stati profondamente diverse per usi, costumi e linguaggio, e ognuna di loro merita attenzione e rispetto. Nell’opera si racconta della sanguinaria colonizzazione nordamericana e delle Guerre Indiane del XVI secolo, concluse nel 1890 con il massacro di “Wounded Knee” nella riserva indiana di Pine Ridge, in cui persero la vita 300 nativi lakota Sioux. Una strage ignobile, che ha permesso “all’uomo bianco” di soffocare ogni anelito di libertà di un popolo che voleva solo continuare a vivere nella terra dei propri antenati, una terra che avevano sempre protetto e amato. Che non avevano mai considerato di loro proprietà ma, al contrario, a cui sentivano di appartenere profondamente: “La terra, l’acqua, le piante e gli animali, nonché il cielo, i tuoni, i fulmini, la pioggia, il vento e il fuoco sono, per i nativi, spiriti potenti che camminano al fianco di tutti noi”. Il confinamento forzato nelle riserve è stato l’ennesimo atto brutale del governo americano, avente lo scopo di sottomettere le tribù e di rivendicarne le terre per meri fini economici. Lo sradicamento dai luoghi sacri, fondamento della loro spiritualità, unito all’istituzione nel XVIII secolo delle scuole residenziali, nate per riprogrammare i bambini indigeni e per cancellare la loro identità a sostegno del folle progetto «Uccidi l’indiano, salva l’uomo», hanno creato “un trauma storico nel sangue” che si è trasmesso di generazione in generazione. Nell’opera si parla anche e soprattutto del presente dei nativi americani, che sentono forte il dovere di proteggere la terra a cui appartengono; un intento che unisce tutte le tribù, anche le più lontane. L’attivismo della settima generazione di nativi americani, la cui importanza è stata profetizzata dai gradi capi indiani del passato, è segno che il vento sta finalmente cambiando: non avrebbero dovuto essere qui e invece ci sono, più decisi che mai ad affermare la propria identità; hanno mantenuto saldo il legame con la terra, con gli antenati e con il mondo degli spiriti, e stanno combattendo affinché non sia stato vano il sacrificio di chi è venuto prima di loro.

Danielle SeeWalker è hunkpapa lakota e membro della riserva Sioux di Standing Rock in North Dakota, dove è nata e cresciuta. È un’artista, attivista e madre di due figli e vive Denver, in Colorado. È autrice dei testi di “The Red Road Project”, lavoro che si occupa delle popolazioni native americane nel 21° secolo. Danielle è componente dell’American Indian Commission ed è impegnata a mettere in discussione le rappresentazioni stereotipate delle popolazioni indigene e ad offrire una più accurata e profonda narrazione dell’America nativa contemporanea.

Carlotta Cardana lavora come fotografa da oltre dieci anni. Dopo aver studiato in Italia, ha lavorato come freelance in Argentina e Messico; dal 2011 vive a Londra. Nei suoi progetti personali si interessa alla spiritualità indigena, alle relazioni fra le persone e l’ambiente e alle modalità in cui l’identità è plasmata dagli spazi in cui si vive. Il suo lavoro è stato premiato ed esposto in numerose gallerie e festival internazionali. Una selezione di immagini di “The Red Road Project” è in mostra permanente all’American Museum of National History a New York.

Lorena Carbonara è ricercatrice all’Università della Calabria e componente del gruppo di ricerca internazionale, con sede a Bari, “S/Murare il Mediterraneo”. Si occupa dell’(auto)rappresentazione linguistica e visuale di nativi americani e popolazioni migranti. È speaker del programma radiofonico VoxFem Italy.