Brexit no deal: la Regina appoggia Johnson e chiude il Parlamento

A Londra la democrazia è stata calpestata. Il premier “dittatore” Boris Johnson ha usato le maniere forti per arrivare alla Brexit no deal. E la Regina Elisabetta è stata costretta a tenere il suo discorso al Parlamento sulle sfide del nuovo governo il prossimo 14 ottobre. Boris ha chiuso il Parlamento! Johnson fa chiudere la Camera dei Comuni fino a quella data, “prorogando” la pausa estiva. La sospensione inizierà non prima di lunedì 9 settembre e non più tardi di giovedì 12 settembre e durerà fino al 14 ottobre. Johnson ha così coinvolto Elisabetta, che in base alla peculiare costituzione inglese fondata su convenzioni, in teoria avrebbe potuto opporsi. Ma per convenzione non lo si fa, né lo si è mai fatto. La 93enne sovrana non l’ha fatto e ha approvato la richiesta del governo britannico. Così il premier britannico ha neutralizzato gli oppositori al No Deal (l’uscita senza accordo dall’Ue prevista per il 31 ottobre) e alla Brexit dura. Questi ultimi infatti avranno pochissimo tempo per cercare di fermare con un’eventuale legge la corsa verso lo strapiombo del No Deal, dai primi calcoli all’incirca una settimana, limitando così la loro azione. Potranno soltanto portare avanti una mozione indicativa. Ma non ci sarà tempo per conquistare l’agenda legislativa e far passare una legge che legherebbe le mani a Johnson. Mnetre le persone protestano fuori il numero 10 di Dowing Street sono già oltre 360 mila le firme della petizione che chiede al Governo del Regno Unito di non sospendere il Parlamento. Lo speaker (il presidente) della Camera dei Comuni John Bercow ha criticato con queste parole gravissime la decisione di Johnson. “Questo è un oltraggio alla Costituzione. L’unico scopo è impedire ai deputati di dibattere sulla Brexit. È vitale che il Parlamento possa dire la sua. Siamo in una democrazia parlamentare!”. Furia anche dei laburisti di Jeremy Corbyn, che parlano di “golpe costituzionale”, e dei lib-dem. Le opposizioni e Bercow hanno già detto che, in tal caso, costruiranno un Parlamento alternativo. Labour e lib-dem insieme ai Verdi ne hanno presentato il manifesto alla Church House, dietro l’Abbazia di Westminster. Il parlamentare conservatore europeista, Dominic Grieve, ha detto che a questo punto voterebbe il voto di sfiducia per Johnson. L’ex cancelliere dello Scacchiere nel governo May Philip Hammond, ha definito la decisione del premier “profondamente anti-democratica”. Un gruppo di 25 vescovi della Chiesa di Inghilterra ha scritto una lettera aperta in cui si esprime “particolare preoccupazione” per la prospettiva di una Brexit no-deal. I vescovi mettono in guardia sul “potenziale costo” di un’uscita del Regno Unito dalla Ue senza accordo che “difficilmente” porterà a una “riconciliazione o alla pace in un Paese spaccato”. A scendere il campo pur senza schierarsi esplicitamente era stato l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, che ha annunciato la propria partecipazione ad eventi sul no deal con l’obiettivo di “favorire il confronto tra i cittadini”.