Lettere dalla prigione

“… la prigione del tempo, le quattro pareti sulle quali scorre e scivola…e tu un giorno guardandoti in un pezzo di vetro non ti riconosci più. Ti rendi conto di come l’invisibile signore ti ha curvato e piegato nella sua prigione. Hai presente un pezzo di legno del mare? Lo guardi ed è tutto lì viaggio,tempo, vita, morte.. anche lui spera d’essere ripreso dal mare, per tornare a vivere. Solo che noi, una volta sulla terra non ci alzeremo più è questa la differenza! “ Vincenzo Calafiore Sai, se si potessero in qualche maniera, abbattere i muri che via via si incontrano lungo il cammino, se si potessero almeno modificare alcuni tratti del viaggio, forse certi pesi inutili che in qualche maniera sono addosso, forse avremmo potuto evitarceli e vivere in un mondo migliore, per lo meno di verso da questo: un’immane prigione fatta e concretizzata su un’illusione, è uno specchio che riluccica di luce impropria. La prigione accogliente, con quanto di più tecnologico a disposizione, avuto per via delle gentile concessione dell’indebitamento … in mano a degli usurai legalizzati e in giacca e cravatta hanno fatto, e continuano a far si che tanti cadano in questa terribile trappola dell’indebitamento. Ma c’è chi dice no e sono coloro che rimangono in piedi in un proscenio inchinato, sono coloro che hanno conservato e difeso più di ogni cosa al mondo la loro dignità, il loro onore, il loro orgoglio e questi sono la “ razza dei sognatori “ che non hanno mai abbandonato o scambiato un solo loro sogno per un pugno di cose inutili, come lo può essere l’accaparramento della ricchezza, l’inseguimento del lusso sproporzionato, ma a quale prezzo? “All’uomo irrazionale interessa solamente avere ragione. All’uomo razionale interessa imparare”. (Karl Popper) Ecco, imparare! Imparare a vivere senza paura, senza vergogna, dopo aver conosciuto la fame, la miseria, la povertà che sono: dignità! Vedo la mia immagine riflessa allo specchio e mi riconosco, riconosco l’uomo con la barba bianca, i capelli arruffati dal vento, la carnagione olivastra, gli occhi grandi, verdi e mobilissimi, sempre pronti a seguire le strane traiettorie disegnate in cielo dai gabbiani. Con la sua vita che ha seguito il ritmo delle onde e l’intensità della luce del sole, piegandosi ai voleri della luna solo quand’era tempo di razziare sogni a largo di Orione. Da qualche tempo non riesco più a scrivere racconti per un rifiuto personale degli Editori, del successo, della fama, della notorietà. Non puoi immaginare come possa mancarmi la presenza sul tavolo, della Olivetti M80, il rapporto con i miei personaggi, la conversazione con loro, il gioco assieme a loro, qui in carcere. Il cuore si inaridisce. Ad un certo punto mi sono mancate le parole, mi sono mancati i colori, le immagini, il canto della risacca, i giochi di luce che ingannano gli occhi, a un certo punto mi è mancato il mare. Con il mare non puoi bleffare se lo ami, ti ama, se non lo ami e gli stai vicino ugualmente te lo fa capire senza remore, senza false ipocrisie. A un certo punto mi sono reso conto che gli ultimi romanzi che avevo scritto li avevo scritti per i bambini e non per i grandi; allora ho smesso perché mi piace scrivere per raccontare sogni. I grandi, a parte quelli che non riescono più a scrivere come me, non capiscono più, si sono dimenticati che ci si può innamorare, che si può diventare una stella filante e fuggire via nel cielo, raggiungendo Orione. I grandi si sono dimenticati che il vento parla,il mare racconta, il cielo ti colora, che le pietre raccontano, scaldano, guariscono. I grandi non riescono più nemmeno a parlare tra loro. Io ho cominciato a sognare e ho raccontato i sogni ma solo perché ero in galera, e perché i miei compagni di cella volevano sognare… ecco tutto!