La fotografia di Confai: Agricoltura bergamasca perde dinamismo

Si svolgerà domenica 10 marzo a Grassobbio l’assemblea annuale di Confai Bergamo, associazione provinciale aderente alla Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (CAI).  L’appuntamento assembleare offrirà l’occasione per fare il punto sull’andamento congiunturale dell’agricoltura provincia e regionale. “Mentre nel 2017 la produzione lorda vendibile dell’agricoltura bergamasca aveva fatto segnare finalmente una ripresa dopo diversi anni di evidente crisi, nel 2018 il settore ha perso parte del proprio dinamismo, attestandosi attorno ad un fatturato complessivo di 600 milioni di euro, pari a meno del 10% della produzione lorda vendibile agricola regionale”, rileva Enzo Cattaneo, direttore di Confai Bergamo e segretario generale di Confai Academy. Le note positive per Confai si riscontrano soprattutto sul piano organizzativo. “A livello provinciale possiamo manifestare qualche legittimo motivo di soddisfazione – fa notare Leonardo Bolis, presidente provinciale e regionale di Confai – in quanto nel 2018 il numero dei soci di Confai Bergamo ha superato le 450 unità, facendo registrare un incremento annuale di quasi il 12% nel numero delle imprese affiliate”. Nondimeno rimangono numerose le questioni ancora aperte sul fronte sindacale. “Molti anni di instabilità politica non hanno certo giovato all’efficienza del sistema amministrativo statale, al di là dei pur meritevoli sforzi di singoli protagonisti della scena agricola nazionale – osserva Bolis -. Tra i temi da tempo sul tappeto vi è quello del riconoscimento degli imprenditori agromeccanici come beneficiari delle provvidenze dei fondi europei per lo sviluppo rurale, al pari degli altri protagonisti del settore primario”. A questo proposito vi è molta attesa nel mondo agromeccanico riguardo agli sviluppi del disegno di legge n. 982, attualmente in discussione alla Camera, che punta ad equiparare imprenditori agricoli e agromeccanici in vista di una rilevante semplificazione dei processi amministrativi. “In questo modo – conclude Bolis – si eliminerebbe uno dei grandi paradossi della politica agricola: quello per cui, attualmente, può accedere ai contributi una grande impresa di trasformazione dei prodotti agroalimentari, il cui legame con l’agricoltura locale è magari assai affievolito; mentre un’impresa agromeccanica che lavora esclusivamente a servizio dell’imprenditoria agricola del territorio si trova totalmente esclusa”.