Pegasus, un viaggio fantastico

“ … sai di avere ancora un sogno da vivere solo che non sai dove esso ora si trovi e se questa notte sarà quella in cui verrà alla soglia degli occhi tuoi. Non te ne rendi conto, ma sei personaggio della vecchia storia del nascere e del morire e continui a inseguire un disegno e recitare nel buio le più flessibili sfumature, disinvolte, appassionate, maliziose, che esistono solo nella scena che il destino ha creato per te, nello spettacolo che più lusinga: l’essere rapito da un sogno! “ Vincenzo Calafiore E’ un’alba dal respirare lento, quella che sta lentamente avanzando come una superstite di una catastrofe, di cui nessuno si accorge. Il paesaggio sottostante che riprende il suo sordo battito e un sole maturo che piove sulla città come fosse una richiesta di aiuto. Con lo stato d’animo di chi si butta stordito dietro ogni giorno come giù da una guglia alta nel cielo. Agonizzo per una malattia sconosciuta, che non si può curare. Hanno messo assieme i miei pezzi per farmi sopravvivere e questo mi è stato detto è una grande vera fortuna. Ma loro, gli altri prigionieri, gli altri morti viventi? Quelli che ho intravisto, lunghe file davanti a un cancello che sperano si apri. Quelli che protestano per ogni cosa, contro la fame e le umiliazioni e che del tutto legalmente si mettono in prigione, si torturano, si impiccano? Quelli che spariscono per sempre? Quelli della sperimentazione, Quelli dei nuovi morti d’Hiv e delle Dachau in Libia, in Turchia, Mediterraneo. E’ un’alba dal respiro piano, col moto della lentezza. E’ coscienza senza coscienza questa che si approccia o si sta svegliando già sfinita, già vissuta. Conosco bene la prigione e i carcerieri di questo circo amaro e festoso ove si compiono le vicende di giocolieri e di illusionisti, di nani ragionieri, che non riescono mai ad essere se stessi. Così io sempre assediato dalla solitudine come un fantasma dietro vetri appannati, come ombra tra libri e carte da disegnare e riempire di nuove magie per quei sognatori che come sperano sempre ad ogni alba d’essere rapiti da un sogno per compiere quel viaggio verso quell’Oltre che sta dentro o sta fuori. E’ un luogo di magia, un non luogo. E’ tempo non tempo, è sopra e sotto quel cielo che a bordo di una piccola astronave a remi, la “ Pegasus “ provo a immaginare di trovare e fermare, almeno per un attimo, giusto il tempo di guardare negli occhi il destino. E sono qui divorato dall’ansia celata nell’allegria, dalle chimere della perdizione per un sogno da prendere al volo e trattenerlo fino alla fine dei giorni. Intorno il passare delle stagioni, modula un’età dal perenne variare dei colori nella vecchia storia del nascere e del morire. Un’età dalle luccicanti insegne dei caffè dove ho scritto, dalle stordenti immagini di tramonti inghiottiti dagli occhi, dove consunte barche perdono il colore. E si affaccia a un oblò, una Trieste languida prostituta di frontiera negli ultimi fuochi d’estate dolciastra e appiccicosa che di ogni tramonto trattiene una scheggia del suo passaggio. E poi v’è il castello di Miramare che nelle stagioni morte è più bugiardo del solito…… Una sedia e una scrivania, illuminata da una lampada stanca delle tante battaglie notturne; la scrittura si assottiglia fino a raffigurare gli insignificanti gesti di un’esistenza placentaria, denudata di beltà, ripiegata su se stessa o attorno a una parola che non giunge, a un verbo non recitato, a un sogno mancato. E’ la mia vita pronta a ripopolarsi di nuove storie che riempiranno registri d’esistenza, dove la mutilazione della vita non cede mai la sua euforia narcotica nel mezzo di un tremolio pieno di crepuscolo che torna a svegliarsi e sveglia le voci della sera che cercano il sogno. La mia malattia non da tregua e mi concede poco … ho letto libri antichi che mi hanno portato lontano ed è successo che riesco a capire tutto, oltre le parole non dette, capisco gli addii sommersi, la morte che piano s’accosta passo passo con immagini grigie davanti agli occhi nitide e chiare. L’amore è una fiaba, e io ho sempre cercato di attenermi, non posso scrivere, raccontare, inventare Amore senza la grande capacità e coraggio di amare e di dare agli altri questo amore. Ma c’è la “ Pegasus” un viaggio fantastico oltre l’amore, oltre la vita. E vallo a spiegare agli altri che non sono uno scrittore di professione, non potrei esserlo mai libero come sono , ma la fantasia a volte non riesce a trovare una grammatica capace di spingerla ancora più in su verso gli infiniti spazi di un amore che nasce e muore come un sogno.

Redazione

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