Natale 2001, Natale 2018: dal Messia Monti ai novelli argonauti Di Maio e Salvini, alla ricerca del vello d’oro

Natale 2001, Natale 2018: dal Messia Monti ai novelli argonauti Di Maio e Salvini, alla ricerca del vello d’oro. Sette anni in cui il Bel Paese ha partorito un empio tempo con la novella luce funestata dai vili fumi dei nuovi labirinti barbarici. Sette anni rappresentano un tempo maturo. Se riflesso nella luce del Natale, è simbolo di rinascita, rinnovamento e quindi cambiamento, ma anche speranza e fiducia. Il sette è un numero sacro, ricco di significati, che esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico. Nell’antico testamento, nel libro della Genesi, si racconta che Dio, per creare il mondo, impiega sei giorni e dopo aver dato vita all’uomo e alla donna, il settimo si riposa e contempla la magnifica opera. Anche a noi, creature, tocca contemplare tutto ciò che l’homo oratoritaliae ha creato in questi sette lunghi e indimenticabili anni. Sotto il profilo antropologico e sociale, un ciclo di sette anni ci permette di guardare ad una certa distanza il Paese-mondo, per cogliere ciò che unisce le singole tessere con cui è stato costruito il mosaico per osservare il disegno e riflettere sui segni che sono stati disseminati e sulle messi raccolte. Ogni singola tessera, indagata e scrutata, ci ha dato delle risposte illuminanti: il presente “pre-sente” come un oracolo, sescrutato, interrogato e interpretato. Ma ormai ci siamo abituati a vivere questi nostri tempi nella empietà dei nuovi labirinti barbarici, che hanno capovolto la prospettiva, incredibile dictu: ciò che è bene lo giudichiamo male, ciò che è menzogna lo esaltiamo come verità, ciò che è brutto lo veneriamo come bello, ciò che è nocivo, lo consideriamo salutare, ciò che è cattivo lo esaltiamo come buono. Un elenco lungo che ci spiega come in questo Paese ormai i valori si siano irrimediabilmente capovolti e stravolti: più i personaggi che ci rappresentano, e che hanno una responsabilità declinata al futuro, sono i paladini di questa profonda incultura, degrado umano e ignobiltà, più ricevono consenso e si beano della loro gloria: la gloria del fumo, appunto. “Fu vera gloria?” domandava retoricamente Manzoni nell’ode il “Cinque maggio” a proposito della folgorante ascesa e caduta di Napoleone. Questa nuova mutazione antropologica in atto ci racconta più di ogni altra statistica, e non c’è neanche bisogno di fare una diagnosi profonda delle cause che hanno originato la patologia del paziente Italia. Tutto è alla luce del sole. Nell’ultimo rapporto Censis l’immondizia sociale emerge in tutto il suo cupo e inquietante splendore. Perché proprio il sette e non il tre o il cinque? Perché questo nostro dialogo è iniziato il Natale del 2011, con una epistola, scaturita dalla nascita di un nuovo “messia”, non a Betlemme, ma a Montecitorio, tra le segrete stanze del Quirinale, e con l’annunciazione dell’angelo custode di Re Giorgio. Dopo le epiche gesta del cavalier errante de l’ArCor, per far trionfare la giustizia e l’amore per la sua bella mora Dulcinea, nipote del faraone egizio Mubarak, al secolo “Ruby ruba cuori”, e dopo essere stato disarcionato nella sua epica lotta contro i mulini a vento dei mercati finanziari, Re Giorgio ha pensato bene ad affidare il comando della disastrata armata ad un nuovo salvatore della patria. Sacrifici e sofferenze per i poveri ha predicato il Salvatore Monti, e grandi ricchezze per i ricchi, con la sua evangelica parabola ispirata dal deus ex machina dei mercati. E lui, novello profeta della penitenza e dell’austerity per chi già era stato depredato e dissanguato, per questa sua alta missione, per redimere il popolo dalle sue inconfessabili colpe, è stato unto con le sante mani di Re Giorgio. Di quella missione il corpo del derelitto e ignaro popolo italico, ne porta ancora le profonde lacerazioni e le stigmate. Poi è arrivato il nuovo apologeta del cambiamento, toccato dalla grazia inusitata che traeva ispirazione rinascimentale dal carpe diem di Lorenzo il Magnifico, erede di quello oraziano, riassunto in quel famoso incipit del canto in lode della giovinezza: “Quant’è bella giovinezza,/che si fugge tuttavia!/chi vuol esser lieto, sia:/di doman non c’è certezza”. È così il popolo italico è stato ammaliato dal suo verbo fulgente e rapido come il cavallo alato Pegaso, dimentico di quello che il suo concittadino Dante aveva concepito questi sette secoli prima: “Ahi serva Italia, di dolore ostello,/ nave sanza nocchiere in gran tempesta,/non donna di provincie, ma bordello!” (Purgatorio, Canto VI). “Cambieremo l’Italia”, “Sono gli italiani che lo chiedono e lo vogliono”, “rottamare”, era la predicazione urbi et orbi del Magnificus. Suo malgrado, guardandosi nello specchio segreto della corte medicea, per la ragion di Stato e realpolitik,è stato costretto ad innamorarsi della propria immagine, ignaro Narciso. Ricordate come ad ogni parola non poteva esimersi dal pronunciare IO, IO, IO, quasi fosse un DIO, sublime ed evanescente. Ma sono stati gli dei falsi e bugiardi ad averlo tratto in inganno, quegli stessi che aveva predicato il profeta dei disastri, sua eminenza Monti Mario. Preso da questo delirante verbo, aveva deciso anche di rottamare la Costituzione. Ha osato sfidare il firmamento e anche “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, con il sogno di temprare “lo scettro a’ regnatori”. Ma poi il suo ego-centrico verso sepolcrale ha svelato alle genti “Di che lagrime grondi e di che sangue” il potere. E adesso contempla – come aveva fatto Foscolo con l’itale glorie per trarre gli auspici “Che ove speme di gloria agli animosi/ intelletti rifulga ed all’Italia (Dei Sepolcri) – nel cimitero di Santa Croce, il corpo esamine del Partito Democratico e con la furia rotta-matrice si ritrova anche senza rotta a navigare a vista con dei suoi rottami. E in questa “landa”o “terra desolata” (The west land, Eliot) per salvare le passate itale glorie, il popolo ha eletto i nuovi dioscuri, sulla scia di Castore e Polluce. Considerati protettori dei naviganti nelle tempeste marine e sempre uniti nel compiere le loro gesta, Castore era domatore di cavalli, Polluce valente nel pugilato. Associati anche alla costellazione dei Gemelli, il mito ci racconta che furono due degli argonauti, gli eroi che parteciparono alla ricerca del Vello d’oro. Il mito ritorna, in tutta la sua carica maieutica. I novelli dioscuri che vestono i panni degli argonauti della rete fuligginosa, ce li ritroviamo al timone del Governo gialloverde, al secolo Salvini e Di Maio. E in questa ricerca del vello d’oro di Crisomallo, un ariete alato capace di volare che Ermes aveva donato a Nefele, con il potere di guarire le ferite, si sentono i nuovi eroi. E indovinate qual è il loro verbo rivoluzionario: “cambieremo l’Italia”. Un altro governo del cambiamento. Tutti vogliono cambiare, o forse scambiare. Chissà cosa penserà Tomasi di Lampedusa. Rimpiangerà quelle machiavelliche e tautologiche parole nel suo Gattopardo: “Se volgiamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, o cambiando l’ordine, “tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”. Ma sono stati i latini a intuire il paradigma del cambiamento con la locuzione “non mutantur omnia mutantur nihil”. “Nulla di nuovo sotto il sole” ha ammonito Qoèlet, “vanità delle vanità, tutto è vanità”. Eppure a qualche nostalgico dei regimi passati, è sembrato di rivivere i fasti infausti di un tempo che sembra rinascere con la volontà di potenza, al di là del bene e del male, sotto l’ala o l’alea del populismo sovranista del carroccio sormontato da cinque stelle, sulla rotta della grotta del bambin Gesù come i re magi guidati da una stella. Sarà proprio il popolo a provare il cambiamento sulla propria pelle, con l’esilio dei tanti Gesù e della sacra famiglia straniera e profuga. Possono ben recitare i cattolici cristiani M5S – e lo stesso Salvini che ha esibito il vangelo e il rosario – le parole evangeliche “perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto,nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Matteo, 25,31). Non è tutto qui il cambiamento. Anche se basterebbe per farci accapponare la pelle per questa onda anomala che sta sommergendo l’umanità, quella che ancora cerca di resistere alla furia devastatrice dell’empietà, dell’odio, del razzismo e dell’indifferenza. Perché ogni terremoto lascia macerie e rovine. Ne è testimone il quarto di secolo appena trascorso. Ad essere crollato per primo, è l’edificio dell’onestà, dell’intelligenza, della riflessione, della coscienza etica e critica, la capacità di leggere l’unità minima affinché una frase possa ritenersi di senso compiuto. La sintassi non è certo l’imperativo categorico che fonda l’etica di Kant, come in una delle sue definizioni: “Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.”(Fondazione della metafisica dei costumi). Siamo in un tempo in cui la società ha smarrito la capacità di intelligere, di cogliere ciò che sta dentro le cose, a partire dalle parole. Il latinista Ivano Dionigi definisce questa nostra età “pura propaganda che chiude e discrimina, non cultura che libera e unisce” (Il presente non basta), in cui vige “l’anoressia del pensiero” come è accaduto nei regimi totalitari, ricordando che personaggi come i potenti gerarchi nazisti Goebbels e Himmler furono studenti modello di lettere classiche (per chi non ricordasse, Joseph Goebbels fu il ministro della propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945, mentre Heinrich Himmler il diretto organizzatore della soluzione finale della questione ebraica all’origine dell’Olocausto, assieme ai suoi sottoposti Reinhard Heydrich e Adolf Eichmann). E ci sono grandi cultori, professoroni, scienziati, insegnanti, professionisti, che si sono lasciati affascinare da questo nuovo verbo, e da queste iperboli e metafore, che i secentisti, al cospetto, sono dei dilettanti, compreso Torquato Accetto, che ha scritto un trattato sulla “Dissimulazione onesta” (1641), meditando sul conformismo e sull’ipocrisia della società del suo tempo, e interrogandosi su quale possa essere la risposta e la reazione dell’uomo onesto. Salvini e Di Maio hanno imparato il mestiere e sono diventati dei veri maestri se hanno una foltissima schiera di seguaci. Come ci erudisce Erasmo da Rotterdam negli Antibarbari, i suoi interlocutori si interrogavano sulla decadenza del presente, e sull’inferiorità rispetto ai padri, incolpando le stelle o la religione, o la vecchiezza del mondo. E in questo “giuoco delle parti” (titolo della commedia di Pirandello) partecipa ogni tanto il leggendario cavalier Conte, mandato in avamposto per esplorare le mosse e testare le intenzioni belliche dei guerrieri che sono alla corte teutonica degli ottoniani (tanto per intenderci, i commissari UE). E così ha ottenuto invece del 2 e quattro, il 2 virgola zero quattro. Un gioco di prestigio, perché sia il due che il quattro sono stati salvati con somma felicità degli argonauti gialloverdi. Pur piegandosi non si sono piegati. Ci vuole maestria nel giocare con i numeri, per creare quegli effetti concessi solo ai maghi illusionisti. E tutti felici perché adesso saranno i barbari a convertirsi al nuovo verbo degli antibarbari. A questo punto l’unica osservazione che ci resta da fare è questa: o siamo avvolti da immenso stupor mundio da complicità. Non ci sono vie di mezzo. Perché di mezzo c’è il potere. Cambiano i nomi, le maschere con cui si nasconde il dominio, ma la scacchiera è sempre la stessa: ci sono le pedine, i cavalli, le torri, gli alfieri, poi il re e la regina. Fino ad oggi lo scacco non è stato solo matto, ma Matteo. E il re Luigi, il penta stellato, sarà non mangiato, ma divorato, e se ne accorgerà con le lezioni europee. Ma i grandi elettori del firmamento della Casaleggio associati, ancora credono nei prodigi della rete e del suo retaggio antroposofico, nonostante il tradimento di tutte le promesse, con tutta la purezza sbandierata, quella della giustizia, dell’onestà, della democrazia. Questi illuminati illuministi non solo si ritrovano con le mani in pasta nei poteri che avevano messo alla gogna, ma convivono, prendono accordi. Vedi Tav e Tap, ma anche la vergognosa storia della manovra finanziaria, che ha esautorato il parlamento dalla prerogativa fondamentale di una democrazia, quella della discussione. Un atto simile non si era mai visto, forse neanche ai tempi del sovranismo fascista! Tuonavano fuoco e fiamme contro il precedente governo quando ricorrevano alla fiducia. Una volta occupato le poltrone, sono ancora più spregiudicati: hanno dato corpo al potere dell’antipotere, evocando il bene del popolo italico e incolpando i barbari della Commissione UE. Si legge in merito su Jobsnews.it: “…Non è mai accaduto in 70 anni e oltre di storia parlamentare che il Parlamento votasse una legge finanziaria al buio, dopo aver vanificato il voto di una Camera. Incredibile ma vero, dopo queste sciocchezze dette dal premier su un quotidiano, il vicepremier, Matteo Salvini ha il coraggio di alzare gli scudi, prendendosela con giornali e televisioni: “Disinformatori di Professione”. (http://www.jobsnews.it/2018/12/manovra-impopolare-toglie-ai-poveri-e-non-tocca-i-ricchi). I fumi tossici della menzogna stanno diventando delle ciminiere che infestano gli occhi, i sentimenti, le coscienze, le parole, e il futuro delle nuove generazioni. Ma possibile che siano talmente ciechi da non avere amore neanche per le sorti dei propri figli? Basta un like e un post. L’imperativo categorico è avere il consenso, auto compiacersi nello specchio assoluto della rete e della propria vanità. Che importa se il mondo è inquinato, corrotto, pieno di marciume, abbrutito, incattivito, rancoroso, istupidito, avvelenato, drogato, degradato, carico di sporcizia: sull’altare del consenso tutto deve essere sacrificato anche creature innocenti e inermi, che ogni giorno vengono massacrate dall’avidità e dalla cupidigia, dall’egoismo,come ha denunciato papa Francesco in questo Natale, rammentando la fratellanza, l’amore per il prossimo, come principale dono per l’umanità. L’operazione che si sta compiendo è di una semplicità disarmante: togliere ai poveri per darlo ad altri poveri, pur di poter rivendicare che le promesse elettorali e del contratto siano state rispettate. Addirittura la lungimiranza dei due dioscuri e dell’alfiere Conte, è veramente incredibile: eliminare quelle poche risorse, non solo al mondo della disabilità, ma anche al cosiddetto terzo settore, con il raddoppio dell’IRES, tassando in modo indiscriminato le 6.220 associazioni di volontariato. E’ il loro regalo di Natale: 118 milioni di tasse in più nel 2019 da chi dona già se stesso per aiutare gli altri. In altre parole fare profitto sul no profit, della parte più nobile, più sana che ancora resiste in Italia. Il dono, il prendersi cura degli altri in modo gratuito è un oltraggio di lesa maestà, perché ormai impera quello che i latini definivano come “Iurare in verba magistri”, giurare sulle parole del maestro (Orazio Epistole). In questo caso i maestri sul cui verbo bisogna chiudere gli occhi e il cuore sono Salvini e Di Maio, con tutta la schiera giallo-verde, che traduce l’atteggiamento acritico dietro una autorità ritenuta superiore. Tutta questa commedia dell’arte della menzogna ricorda la famosa scena del film “Totò a colori”, girato nel 1952. Il musicista Antonio Scannagatti, si prende gioco di un onorevole incontrato sul treno. Con la sua arte, con la sua intuizione, il principe della risata, Antonio De Curtis, aveva prefigurato il grottesco del tragicomico e ne ha fatto una illuminante parodia. “Non avete capito con chi state parlando. Io sono l’onorevole Cosimo Trombetta. – Chi siete voi? – L’onorevole. – Ma chi? – Io. – Ma mi faccia il piacere”. Proprio tale sequenza – la più famosa della pellicola, poi assurta tra le più note del cinema comico italiano – fu ispirata da un vero incontro, avvenuto sempre in un wagon-lits, tra Totò e l’onorevole Giulio Andreotti. Essere buoni, essere cristiani, è un grave oltraggio; essere delinquenti è lecito, come ha dato eccelso esempio il ministro dell’Interno Salvini, vantandosi di abbracciare un pregiudicato, l’ultras rossonero. Ma come, i pentastellati non si scandalizzano più? Il messaggio è chiaro: bisogna essere cattivi, corrotti, ingiusti, egoisti, non avere pietà, umanità, prima con i migranti, adesso con chi fa il volontariato, domani con chi non la pensa come i populisti. Tutto già scritto, come ci rammenta il sermone del pastore luterano e teologo tedesco Martin Niemoller, pronunciato in seguito all’ascesa dei nazisti: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era nessuno a protestare”. Lo conferma il recente rapporto Censis che testimonia un declino delle relazioni verso la disumanizzazione. Emerge che gli italiani sono preda del “sovranismo psichico” che li ha portati ad essere incattiviti, rancorosi, avvelenati dalla paure nei confronti del diverso che, come si legge nel report, “assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria, dopo e oltre il rancore, diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata”. La tecnica della costruzione del capro espiatorio è l’arma agitata da parte degli attuali responsabili governativi per distrarre l’attenzione dalle reali cause dei problemi e oscurare le coscienze attraverso il fumo tossico dei social. In questo clima, si sottolinea ancora nel rapporto del Censis, si alimenta “un cattivismo diffuso che erige muri invisibili ma spessi”. Tutto questo si è emerso da quando hanno preso il potere i nuovi dioscuri. Prima giudicavano la pagliuzza negli occhi altrui, adesso che hanno la trave nei lori, non la vedono. E quindi si spiega il perché, per tutto ciò che crea vera ricchezza – non certo il Pil – come la crescita culturale, la salvaguardia dell’ambiente, la sensibilità ecologica, la solidarietà, la scuola; nonostante le campagne propagandistiche del M5S, non c’è alcun cambiamento di rotta. Per non parlare della montagna di fondi spesi per le armi. Altro che taglio! E nella lotta alla criminalità? L’Italia deve marcire nel rancore, nella grettezza umana e culturale, in tutto ciò che va contro i principi costituzionali, cristiani, umani, per anestetizzare la coscienza etica, la riflessione e la comprensione di ciò che si chiama realtà. Basti riascoltare le parole di Antonio Gramsci sul senso comune, che ritroviamo nel primo quaderno dal carcere, per capire quello che sta accadendo sotto i nostri occhi. Per il pensatore sardo arrestato dal regime fascista quando era segretario del partito comunista,che lo ha portato alla morte (1937) il senso comune è un prodotto storico. Non è immutabile e permanente, ma si trasforma.Per Gramsci il senso comune si oppone alla presa di coscienza delle masse, e le sottopone al dominio intellettuale della classe dominante, la quale è riuscita a fondare la sua concezione del mondo come filosofia del popolo, a fare in modo che gli schiavi si credano liberi, perché il padrone è diventato interno a loro stessi, è diventato la loro coscienza morale, la loro coscienza politica. Ecco che cosa è successo e che cosa sta succedendo nell’antropologia dei sostenitori leghisti, ma soprattutto M5S che hanno nella sua folta schiera, molti insegnanti, e tanti che si professano cattolico-cristiani. Ma come è possibile dare il proprio sostegno a gente che fa strage di diritti, che semina odio, che nega i valori umani e toglie le poche risorse a chi cerca di aiutare i derelitti, i disperati, gli emarginati, giustificando questo scempio con la promessa del reddito di cittadinanza? Ma è solo una menzogna che alberga già della definizione. Come si può chiamare reddito se si tratta di un sostegno alla povertà? Il reddito si ottiene quando si svolge una attività, un lavoro. E tutti ad ingoiare, come affamati, una simile idiozia linguistico-propagandistica. Significa non solo essere in malafede, non solo miopi, ma accecati dal delirio che ormai sta infestando le coscienze, l’intelligenza e i sentimenti umani. Si rimane letteralmente allibiti del degrado etico-culturale e sociale. E ritorna prepotente la massima di Einstein: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi”. Che cosa si può sperare per il futuro delle nuove generazioni se quella classe che dovrebbe essere esemplare, pur di sentirsi compiaciuta dal potere, non dimostra nessuna coerenza, è ipocrita, si vende l’anima, diventa merce e uccide il futuro dei loro figli. Lo ha denunciato una ragazza di 15 anni, svedese, alla conferenza sui cambiamenti climatici organizzata dalle Nazioni Unite, che si è svolta in Polonia (Katowice 2 – 14 dicembre): “Il mio nome è Greta Thunberg, ho 15 anni e vengo dalla Svezia. Molti pensano che la Svezia sia un piccolo paese e a loro non importa cosa facciamo. Ma io ho imparato che non sei mai troppo piccolo per fare la differenza. Se alcuni ragazzi decidono di manifestare dopo la scuola, immaginate cosa potremmo fare tutti insieme, se solo volessimo veramente”. Greta si è poi rivolta ai Governi: “Per riuscirci dobbiamo parlare chiaramente, anche se può risultare scomodo. Voi parlate di crescita senza fine in riferimento alla green economy perché avete paura di diventare impopolari. Parlate di andare avanti ma con le stesse idee sbagliate che ci hanno portato a tutto questo. Ma a me non importa di risultare impopolare, mi importa della giustizia climatica e di un pianeta vivibile. La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso.Voi dite di amare i vostri figli ma state rubando loro il futuro davanti agli occhi. Finché non vi fermerete a focalizzare cosa deve essere fatto anziché su cosa sia politicamente meglio fare, non c’è alcuna speranza. Non possiamo risolvere una crisi senza trattarla come tale. Noi dobbiamo lasciare i combustibili fossili sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza e se le soluzioni sono impossibili da trovare in questo sistema significa che dobbiamo cambiarlo.Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene alla gente”. Sembra di riascoltare lo stesso accorato grido che nel 1992 la dodicenne Severn Suzuki ha rivolto ai potenti del mondo durante la Prima conferenza sul clima che si è svolta a Rio in Brasile: “Noi siamo i vostri figli, voi state decidendo in quale mondo noi dovremo crescere. I genitori dovrebbero poter consolare i loro figli dicendo: “Tutto andrà a posto. Non è la fine del mondo, stiamo facendo del nostro meglio”. Ma non credo che voi possiate dirci più queste cose. Siamo davvero nella lista delle vostre priorità? Mio padre dice sempre siamo ciò che facciamo, non ciò che diciamo. Ciò che voi state facendo mi fa piangere la notte. Voi continuate a dire che ci amate, ma io vi lancio una sfida: per favore, fate che le vostre azioni riflettano le vostre parole”. Il fascino seducente del potere ottunde tutto il resto, e quindi si confeziona ad arte la menzogna pur di poter ostentare il proprio narcotico egocentrismo,perché il potere ti accarezza come il diavolo e ti trascina verso l’obbedienza. Socrate, Cristo, Dante, Gandhi, don Lorenzo Milani, vox clamantis in deserto! Tutto si ripete. “Forti con i deboli e debole con i forti”. Il chiasmo ribadisce ciò che la storia ha dato terribile testimonianza, come le leggi razziali e il manifesto firmato da eminenti pseudo scienziati, che pur di avere onori, e con viltà hanno annientato la propria coscienza etica. Sulle orme del padre Dante la dedica corrosiva che Pier Paolo Pasolini ha fatto all’Italia nella poesia “Alla mia nazione”: “…e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, governanti impiegati di agrari, prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino! Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti, tra case coloniali scrostate ormai come chiese. Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti, proprio perché fosti cosciente, sei incosciente. E solo perché sei cattolica, non puoi pensare che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male. Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo”. Cari navigatori sulle rotte della Casaleggio associati o della nuova Chiesa di facebook, credete ancora ai re magi Salvini, Di Maio e Conte che portano oro incenso e mirra al povero tra i poveri? Chi ha ancora occhi e orecchi per intendere si faccia un esame di coscienza per salvare l’uomo dalla barbarie della disumanità, come ci invita a fare il premio Nobel per la letteratura 2010 Mario Vargas Lliosa: “Per non regredire verso la barbarie dell’incomunicabilità e affinché la vita non si riduca al pragmatismo degli specialisti che vedono sì le cose in profondità ma che allo stesso tempo ignorano ciò che sta loro intorno, ciò che sta prima e ciò che sta dopo” e “per non diventare servi e schiavi delle macchine che noi stessi abbiamo inventato. E perché un mondo senza letteratura si trasformerebbe in un mondo senza desideri né ideali, né disobbedienza, un mondo di automi privati di ciò che rende umano un essere umano: la capacità di uscire da se stessi e trasformarsi in altro, in altri, modellati dall’argilla dei nostri sogni.” (Elogio della lettura e della finzione). Per concludere e per festeggiare in “bellezza” questa epistola a sigillo del settennato come il mandato del presidente della Repubblica, una riflessione sul Natale, compiuta da Vito Mancuso, che ospitiamo come augurio di una prossima palingenesi nel nuovo tempo: “Qual è il messaggio di Natale? La possibilità che in noi umanità, nonostante la nostra meschinità, tutte le malvagità di cui siamo capaci, la possibilità che in noi nasca il divino, la possibilità offerta ad ognuno di ospitare il divino nella propria esistenza… Il corpo di Gesù bambino, il corpo della Madonna Madre di Dio, sono l’indicazione di ciò che anche le nostre esistenze possono diventare. – Il verbo di Dio si è fatto ciò che noi siamo per fare di noi ciò che lui stesso è – (Ireneo di Lione). Ognuno di noi guarda in modo personale alla celebrazione storica di Gesù. C’è chi prende sul serio i racconti evangelici anche da un punto di vista storico e vi sarà chi li interpreta come un mito. Ma la posta in gioco è la medesima. “Come si può fare esperienza qui e ora del divino diventando anche noi figli di Dio? E addirittura madri di Dio? Cioè pieni di Grazia. Lo si possa fare aprendoci alla Bellezza. Da oggetto esteriore da contemplare, diviene musica interiore che scaturisce in noi passo dopo passo. Come si diventa interiormente belli? Questa è la domanda natalizia. Vasilij Grossman ( in Il bene sia con voi) ha scritto: ” il dono supremo dell’umanità è il dono della bellezza spirituale”. La Bellezza è la via attraverso il quale la nostra vita può giungere alla salvezza” (Dostojevski, La bellezza salverà il mondo, in L’idiota, ndr). (da Uomini e profeti, Radio Tre Rai, 23 dicembre).