Ottimizzare le risorse pubbliche nella Pac post 2020

A quasi sei mesi dalla presentazione delle proposte della Commissione europea per la riforma della Politica agricola comune (Pac) 2021-2027, il dibattito sul futuro delle misure di incentivo al settore primario entra ormai nel vivo delle discussioni tra gli addetti ai lavori, generando interessanti spunti di dibattito che alimentano la riflessione delle organizzazioni di categoria. “Come è consuetudine, nella fase finale dell’anno le nostre imprese analizzano le proprie performance dal punto di vista agrario e, nello stesso tempo, fanno piani per il futuro, non solo in termini di scelte colturali ma anche di organizzazione aziendale”, fa notare Leonardo Bolis, presidente provinciale e regionale di Confai, associazione aderente alla Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (CAI). Il fatto nuovo è che gli imprenditori iniziano a incorporare nelle proprie valutazioni alcune riflessioni sulle future misure di politica agraria. “Benché i giochi non possano certo considerarsi conclusi – osserva Bolis –, il dato oggettivo è che ci stiamo avviando verso una Pac con meno risorse che in passato, con una riduzione dal 38% del bilancio Ue nel 2014-2020 al 28,5% nel 2021-2027. A seconda delle modalità di applicazione dei nuovi criteri e della contrazione o meno del confinanziamento nazionale, la riduzione complessiva dei contributi per l’agricoltura bergamasca potrebbe variare tra i 40 e i 50 milioni di euro nei sei anni di applicazione della nuova Pac”. Quali sono gli umori delle imprese di fronte ad una prospettiva di nuovi tagli? “Benché la riduzione dei fondi comunitari non sia mai accettata di buon grado tra gli operatori del settore – commenta Bolis –, siamo ormai abituati da anni a questo trend decrescente, al punto che le aziende maggiormente orientate al mercato considerano gli aiuti della Pac come un aspetto sempre più marginale dei propri bilanci. Ciò che ci aspettiamo ora dalle istituzioni, di fronte alla cronica sofferenza dei bilanci dello Stato, è la capacità di ottimizzare le poche risorse con politiche pubbliche di ultima generazione, che incentivino soprattutto l’azione delle imprese guidate da logiche innovative”. A questo riguardo, la novità forse più rivoluzionaria del processo di riforma della Pac in corso è la modifica della ripartizione delle responsabilità decisionali ed operative tra l’Unione europea e gli Stati membri. Questi ultimi potranno infatti decidere con molta più autonomia che in passato le modalità di impiego dei fondi Ue per l’agricoltura, così come le categorie di destinatari delle stesse. “Qualora questa impostazione fosse confermata – spiega Enzo Cattaneo, direttore di Confai Bergamo e segretario generale di Confai Academy – si potrebbe consentire l’accesso ai fondi per lo sviluppo rurale anche alle imprese agromeccaniche, attualmente all’avanguardia in termini di innovazione e tecnologie applicate. Ciò consentirebbe, peraltro, di evitare una volta per tutte la prospettiva tipicamente italiana del cosiddetto ‘disimpegno dei fondi comunitari’, vale a dire del ritorno a Bruxelles dei fondi pubblici non spesi entro i tempi rigorosamente previsti dall’Ue”. In altri termini, secondo Confai, è necessario cogliere l’opportunità del dibattito attualmente in corso per superare la logica del mero sostegno al reddito agricolo, coinvolgendo nei piani strategici della Pac le imprese agricole e agromeccaniche maggiormente orientate alla ricerca della competitività in un’ottica di piena sostenibilità delle produzioni.