Ormoni e antibiotici agli animali da allevamento, attenti alle bufale!

In molti danno per scontato che fenomeni come l’antibiotico-resistenza siano causati dagli allevamenti, o che gli animali di oggi crescano di più per l’uso di ormoni della crescita. Niente di più falso. Gli allarmismi legati alla presunta somministrazione ormoni e antibiotici agli animali da allevamento sono tanto numerosi quanto infondati. Da una parte, gli antibiotici negli allevamenti italiani ed europei vengono utilizzati solo ed esclusivamente a scopo terapeutico, dall’altra animali come polli, maiali e bovini oggi diventano molto più robusti e prestanti in poco tempo, specialmente rispetto a quanto avveniva anni fa, grazie alla selezione genetica e degli incroci tra razze ad accrescimento veloce. Niente a che vedere quindi con la somministrazione di ormoni. Questi, infatti, oltre a essere illegali in Europa sin dal 1981, rappresenterebbero una soluzione decisamente non conveniente a livello economico. Selezione genetica è semplicemente il riconoscimento degli esemplari di volta in volta più “prestanti”, niente di diverso rispetto a quanto avviene da diversi secoli in agricoltura. In questo modo, anno dopo anno, gli animali da allevamento sviluppano il massimo del loro potenziale in conformità al loro patrimonio genetico: niente di forzato o pericoloso. Ragionando pragmaticamente, inoltre, è molto intuibile l’interesse da parte dell’allevatore nell’avere del bestiame di qualità, in modo tale da ottenere il miglior prodotto finale. L’utilizzo di antibiotici a scopo preventivo negli animali è vietato in Europa sin dal 2006. Il loro utilizzo, invece, è consentito quando prescritto dal medico veterinario in caso di malattie degli animali che, così come l’uomo, necessitano di cure e del maggior benessere possibile. Anche in questo caso, è interesse di ogni allevatore poter fare riferimento su capi di bestiame in perfetta salute, in modo da avere una produzione ottimale. Se vengono dati dei farmaci agli animali, la legge impone di aspettare che questi vengano completamente smaltiti dall’animale prima di macellarlo, in modo da non trovarne residui nelle carni. Il periodo necessario affinché questo avvenga varia in base alla specie e alle dimensioni degli animali, e si chiama tempo di sospensione. L’Italia si contraddistingue nel panorama mondiale dell’allevamento animale per la meticolosità con cui si dedica al rispetto delle norme nel settore della produzione alimentare, il che si traduce nella tolleranza zero nella somministrazione di ormoni e antibiotici non necessari. Affinché le regole vengano rispettate, il Belpaese aggiunge ulteriori verifiche alle molte già imposte dall’Unione europea, tanto che il nostro Paese fa da solo più controlli di tutta l’Ue messa insieme. In Italia si lavora inoltre per rendere quella delle carni una filiera integrata, in grado quindi di garantire il controllo assoluto di tutte le singole fasi dell’attività – dalla selezione dei mangimi all’allevamento, dal trasporto alla macellazione – fino alla distribuzione e alla vendita dei prodotti. La produzione zootecnica italiana, grazie a questi strumenti, si pone dunque come una delle realtà più controllate, sicure e qualitativamente all’avanguardia in tutto il panorama internazionale. Il modello zootecnico italiano e in genere europeo, invece di essere attaccato con allarmismi e accuse perlopiù infondate, dovrebbe essere esportato negli altri Paesi, in modo da garantire il benessere degli animali e un prodotto sano a ogni consumatore. A differenza di quanto avviene da noi, infatti, la somministrazione preventiva di antibiotici e l’uso di ormoni della crescita negli allevamenti non è sempre vietata. Come ad esempio nell’America di Trump.