Milano. Le storie dei dipendenti comunali deportati

Quindici persone, quattro donne e undici uomini, quattro delle quali sarebbero state deportate nel campo di concentramento nazista di Auschwitz. Tanti sono i dipendenti del Comune di Milano che tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939 furono “esonerati” o “dispensati”, tecnicamente non “licenziati” dal lavoro per effetto delle leggi razziali fasciste, di cui il prossimo 17 novembre cade l’ottantesimo anniversario.

Nomi e numeri che sono il risultato non definitivo di una ricerca condotta presso la Cittadella degli archivi del Comune di Milano da nove studenti del Dipartimento di Storia dell’Università Statale. Gli studenti hanno lavorato per tutto il 2017 grazie all’attivazione di stage trimestrali e in collaborazione con il Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC). L’indagine, i cui risultati sono stati esposti a Palazzo Marino, è frutto di un ordine del giorno votato dal Consiglio comunale il 26 gennaio del 2017 e si concluderà il prossimo novembre con la messa online dell’intero lavoro.

Intanto, l’esito della ricerca effettuata incrociando i dati delle deliberazioni podestarili del 1938 e del ‘39 con il “Censimento degli israeliti”, i “registri delle denunce di appartenenza alla razza ebraica” del Comune di Milano e la “Rubrica degli ebrei residenti a Milano” nel 1942, ha permesso di ricostruire le vicende di queste 15 persone. Storie di impiegati, medici, farmacisti, ragionieri, operai, scrivani, segretarie, costretti a lasciare il posto di lavoro presso l’Amministrazione milanese a seguito del Regio decreto legge 17 novembre 1938 nr. 1728, che all’articolo 13, riferendosi “alle amministrazioni dei comuni e degli enti, istituti e aziende mantenute con il concorso dei comuni” prescriveva il divieto di “avere alle proprie dipendenze le persone appartenenti alla razza ebraica”.

Quattro dei 15 furono poi deportati nei campi di concentramento nazisti e uno di questi morì internato ad Auschwitz. Per lui, venti anni dopo la fine della guerra la moglie riuscì ad ottenere dal Comune il riconoscimento degli anni di servizio perduti e quindi la pensione da dipendente dell’Amministrazione.