Renzo Marzona

Renzo Marzona Renzo Marzona Di Vincenzo Calafiore 3 Luglio 2017 Udine “ Prima di parlare o raccontare di Renzo Marzona Bisognerebbe conoscere tutti i suoi aspetti, distinguere Renzo uomo dal Renzo Artista. Non è facile, né semplice, data la Sua complessità. E quando si pensa di averlo conosciuto, un aspetto nuovo viene e tutto si modifica. “ Vincenzo Calafiore Incipit RENZO MARZONA Dovrei chiamarlo “ Maestro “ o semplicemente Renzo Marzona? Ma so conoscendolo, che a chiamarlo “ Maestro “ potrebbe anche un po’ arrabbiarsi. Fare uso della prima persona o della terza persona, cioè, raccontare di lui con il linguaggio fluido della quotidianità evitando quello di parole che fanno eco e che in realtà non dicono nulla e non rimangono se non fissate sulla carta, sono parole blasonate o di alto rango che messe assieme formano un linguaggio tutto da decifrare ma che nella sostanza non dicono niente. Proverò quindi a raccontare Renzo Marzona, di come sa voltare pagina ogni giorno o meglio reinventarsi nella quotidianità di tutti, che un po’ annoia e un po’ ci fa invisibili a volte dimenticati. E invece contrariamente ricordarsi degli amici ( quelli veri) e lasciare tempo a loro piuttosto che ai cosiddetti “predatori “; che però ugualmente rendono il vivere difficile più di quanto sia il salvarsi da questo “ pandemonio emorragico, sboccato e invadente “. Tuttavia è anche difficile rimanere uomini con il proprio orgoglio e la propria dignità. Ma penso all’uomo Marzona, umile e cortese, di poche parole, che sa evadere suonando una chitarra, o semplicemente parlando di progetto o futuro, di umanità che nulla ha a che fare coi mercanti d’anime; capace di emozionarsi e emozionare chi lo segue, o chi ha la fortuna di essergli amico, come me o Flavio Snidero, altro personaggio, altra storia, anche lui coi suoi meravigliosi “ scatti d’autore” sa imbrigliare e emozionare. Mi piace raccontare il Renzo Marzona che chiama al telefono per chiedere: “ come stai? “ o cosa hai dentro, o semplicemente rimanere ad ascoltarti raccontare un tuo sogno, lo stesso che ha lui che poi nella sua solitudine ricompone su un legno levigato ancora pieno di profumo, di vita; la stessa che si trova in quel o in ogni suo lavoro, una specie di caleidoscopio di forti emozioni concentrate nella sferzata di una pennellata che consegna al silenzio come traccia di se, per farsi ritrovare, per cercare ancora quello che è mancato e mancherà. Tracce. Segni di lui che conducono lontano, o portano all’incontro con la grazia o cortesia, l’umiltà d’essere prima uomo coi suoi se, ancora pregno di sogni da realizzare con quel sorriso che smorza la malinconia. Ma occorre anche rendere merito alla Sua sposa Luciana che lo segue e ha cura di lui, che nell’ombra è e rimane l’asse portante attorno al quale scorre la vita di Renzo. Dunque, Renzo, è un raccontare di te che si tratta. Dell’amicizia o affettuosità che sai donare alle persone con cui più ti piace stringere amicizia, che s’intrecciano profondamente come radici e come radici legano in un infinito di parole e sogni da coltivare e da donare con albore emozione, con lo sguardo discreto di colui che non vuole profanare ma dai margini venire in contro. L’ARTISTA Fai un calco delle tue mani! Rendi lor onore, rammentando ciò che hanno dato o che danno ancora le tue mani di giovani emozioni, ricorda loro. Per quanto hanno fatto e faranno ancora con un pezzo di legno, con una tela o un foglio che diventa spazio, “ astronave a remi” per fare compiere un viaggio in te, o da condividere come fosse pane con chi meglio ti conosce o meglio di te conosce quel mare dentro. Onora il dono delle tue mani per l’incanto a cui obbligano, per la musica, per le parole ristrette in una forma o nei suoi bordi, in se, nel cielo che sgomenta in quel tratto di mare tra occhi e cuore se appena ci si ferma come fosse vita affinchè si compi ciò che è in te, in questo crogiuolo di coscienze diverse. Vincenzo Calafiore L’Artista, nasce a Verzegnis ( piccolo Comune in provincia di Udine), nel 1948. Frequenta i corsi serali di incisione del maestro Valentino De Nardo di Conegliano, dove ha imparato le varie tecniche. Successivamente, frequenta la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, apprendendo le tecniche sperimentali di calcografia ed il metodo Ghetz sotto la guida di Riccardo Licata e Rina Riva. Da allora non si è più fermato alternando alla pittura la musica, allestisce mostre ed organizza serate di video delle sue composizioni musicali. Il suo lavoro è documentato nel catalogo “ Terrra Madre “ che è un’appendice del precedente “ Senza Titolo “ ( Skira Ed. ) relativo alla mostra antologica tenutasi a Palazzo Frisacco di Tolmezzo nel 2009/2010. Fare un’analisi fredda dell’Artista Renzo Marzona basterebbe o potrebbe bastare una mezza pagina di parole messe in croce, ma lui è un insieme di surrealismo, espressionismo, simbolismo, in un modo o nell’altro sempre emozionante, sempre più funambolo tra un sentire e vedere o proiettare un tempo che deve venire o è già volato via. Non solo, sempre in evoluzioni sagge le sue tematiche, riprese e sviluppate; sempre più ispiratore di una significativa “ quota “ di produzione pittorica sempre più innovativa. L’Artista tolmezzino privilegia con le sue opere rappresentare la solitudine chiassosa della società dalla rinascita dalla distruzione, alla distruzione, e lo fa con la dolcezza e la delicatezza delle tinte quasi a non voler imprimere altro pensiero se non la pace, serenità. Su di essa, il pennello di Renzo Marzona ha lavorato e lavora, con particolare intensità in questi anni trasferendone gli effetti oltre a coglierne le radici del “ significato” sulla tela, come fosse un ritratto sul quale si fa sentire in maniera palpabile l’azione inesorabile del tempo, l’abbrutimento delle coscienze, il disagio di fronte alle aberrazioni. La vita di tutti i giorni che costringe l’individuo in una realtà diversa. E’ un insieme di elementi che si collocano su un percorso da esplorare ancora o da finire di esplorare e sono passati 40 anni di lavoro, nei quali ha analizzato il mondo e la sua involuzione sugli aspetti umani. Ma credo sia fondamentale il chiedersi chi è: Renzo Marzona. Domanda alla quale si potrebbe rispondere con immediatezza, invece di lasciarla frullare in testa. Solitamente quando mi trovo a dover esprimere il mio personale e modesto parere su un quadro o di una mostra o vernissage , lo faccio evitando l’uso di parole “ nobili “ per la maggior parte usate dai critici d’arte che di questo vivono, che poi dicono poco o niente, ma questo è solo un pensiero mio. Ma di fronte ai quadri di Renzo Marzona le cose cambiano e mi trovo in un mondo a se, che mi appartiene pure. E’ un uomo sempre in cammino con una valigia piena di sogni in mano, verso mete sconosciute che poi diventano “ Quadrante 1997 “, “ La lettera 1997 “. L’emozione di trovarsi in un luogo di tanti luoghi ne “ Il Viaggio “ che lui dedica a “ Quelli che ho incontrato per strada. A quelli che sono già arrivati. Dipinti, Disegni, Incisioni dal 1976 al 2017 ! Un bel viaggio. Palazzo Locatelli in Cormons, Museo Civico del territorio “ Alessandro Pesaola” è come un chiostro in cui sentirsi sereni e placati, allontanati con dolcezza dalla velocità smerigliata a cui quotidianamente si è sottoposti dolenti o volenti, sempre più immersi in una forma di aridità e cecità interiore e in certe distanze in cui non si raggrumano sogni. Che dire di un uomo che ama il suo lavoro? O di come riesce a condurre il visitatore nei suoi spazi su quella immensa “ astronave a remi” da cui l’allontana da un mondo sempre più chiassoso, sempre più vuoto. Questo “ Viaggio “ o “ Il Viaggio “ di Renzo Marzona è stato presentato al pubblico presente dalla Dott.sa Cristina Feresin che lo ha illustrato ampiamente nei sui dettagli; ma la commozione ha avuto il sopravvento quando Flavio Snidero, l’Amico di sempre di Renzo Marzona ha preso la parola è ha illustrato con il suo sentire tutto l’insieme de “ Il Viaggio “ con forti e densi spunti umanistici e proiezioni di “ quell’oltre “ che immancabilmente è presente nelle opere di Renzo Marzona a volte nascosto a volte palese, è un qualcosa che rimane dentro e lì rimane come recita in “ Le Nuvole “ ( di Aristofane), Fabrizio De Andrè! Per sentirsi umani, per un cammino di umanità, per un cenno di vita.