A cura della dr.ssa Debora Tonello
La Neuropsicologia è una scienza nata negli anni ’80 e rientra nella branca delle Neuroscienze. Ha le proprie radici nella psicologia cognitivista, nella neurologia, nella neurofisiologia, nella neuroanatomia e nell’intelligenza artificiale, ma si configura come scienza autonoma, in cui aspetti clinici e di ricerca si integrano, nel tentativo di comprendere le basi neurali dei processi cognitivi. Questa disciplina, infatti, studia le funzioni cognitive e comportamentali legate all’attività di ogni specifica area cerebrale al fine di valutare e trattare le disfunzioni neuropsicologiche.
Di cosa si occupa?
Per disfunzioni neuropsicologiche si intende un’anomalia di funzionamento di un individuo, che si esprime a livello cognitivo-comportamentale, come quando si verifica una compromissione di alcune funzioni cognitive superiori, quali: il linguaggio, la memoria, l’attenzione, la percezione, la motilità intenzionale e le funzioni esecutive. L’eziologia di tali compromissioni è varia, ad esempio: danni cerebro-vascolari, traumi cranici, neoplasie, sclerosi multiple, cerebropatie non chirurgiche, interventi neurochirurgici, malattie neurodegenerative, ecc. Questi danni possono avere ripercussioni sul versante cognitivo-comportamentale del paziente.
Quando si sospetta una disfunzione nelle facoltà superiori è il neuropsicologo, mediante l’osservazione del comportamento, il colloquio clinico, la somministrazione di batterie di test standardizzati, che sarà in grado di delineare il profilo cognitivo del paziente, evidenziando quali, e in quale misura, alcune funzioni risultano deficitarie, e quali, invece, risultano preservate.
La Valutazione Neuropsicologica è quindi fondamentale per l’inquadramento diagnostico del paziente e per la determinazione di sintomi di disturbi psicologici eventuali, poiché è il punto di partenza per la creazione di progetti di riabilitazione neuropsicologica personalizzati, che tengano in considerazione il suo funzionamento cognitivo, la sua storia di vita e le sue caratteristiche di personalità.
Cos’è la riabilitazione neuropsicologica?
Citando Mazzucchi possiamo definirla come: “lo studio delle opportunità riorganizzative assunte dal cervello che è stato leso. Essa parte dal presupposto che le capacità neuroplastiche del nostro cervello, presenti dopo la lesione, siano guidabili per ottimizzare il trattamento riabilitativo orientato al raggiungimento del massimo grado possibile di autonomia e di indipendenza attraverso il recupero e/o la compensazione delle abilità cognitive e comportamentali compromesse. Tale provvedimento risulta essere finalizzato, pertanto, al miglioramento della qualità della vita del paziente ed al reinserimento dell’individuo nel proprio ambiente familiare e sociale”.
Cos’è la stimolazione cognitiva?
La Stimolazione Cognitiva è un intervento volto a incrementare il coinvolgimento della persona in compiti finalizzati alla riattivazione delle competenze residue e rallentare la perdita funzionale dovuta alla patologia/demenza/invecchiamento. In particolare, questa tecnica si rivolge ai soggetti che in fase molto precoce accusano sintomatologia riconducibile a Mild Cognitive Impairment (deterioramento cognitivo lieve, MCI), soggetti con malattia degenerativa (es. Malattia di Alzheimer) e soggetti anziani con fisiologico deterioramento cognitivo.
In linea generale, nelle demenze l’intervento è centrato sull’utilizzo della memoria procedurale e sull’allenamento delle abilità di ragionamento, giudizio, attenzione e prassia. L’obiettivo è contrastare il declino cognitivo e favorire i meccanismi di compensazione. La persona è così stimolata a sfruttare delle strategie che la aiutino a memorizzare le informazioni e, in seguito, a recuperarle. Il SSN purtroppo, a causa degli importanti tagli, è impossibilito ad offrire un servizio di questo genere. Per fortuna esistono associazioni, che svolgono questa attività.
Lo studio ACTIVE (Unverzagt, 2009) è uno dei più importanti studi circa l’utilità della stimolazione cognitiva. Attraverso di esso, sono stati valutati gli effetti di tre trattamenti cognitivi (memoria, ragionamento e velocità di processamento) in un campione di 3000 persone (dai 65 anni in su) con un buon funzionamento cognitivo. I risultati hanno mostrato chiaramente gli effetti positivi di tutti e tre i trattamenti, sia nell’immediato sia a distanza di cinque anni, e la loro utilità nel mantenere la salute cognitiva. Il meccanismo su cui si basa questa tecnica è la plasticità neuronale.
Quali sono le basi scientifiche della stimolazione cognitiva e della riabilitazione neuropsicologica?
Il concetto di neuroplasticità, è alla base sia della Riabilitazione Neuropsicologica sia della Stimolazione Cognitiva.
Per neuroplasticità si intende la capacità adattativa del sistema nervoso e la sua abilità di modificare la propria intrinseca organizzazione strutturale e funzionale: essa rende capace il cervello adulto di attivare aree prima silenti e/o di formare nuove connessioni nervose. In generale, l’adattamento plastico dei sistemi neurali e muscolo-scheletrici avvengono in risposta al trauma o in risposta a cambiamenti dell’ambiente interno ed esterno. In generale, l’apprendimento induce dei cambiamenti funzionali e/o strutturali nel SNC, quindi, anche un cervello “vecchio” può subire delle modificazioni; può verificarsi, infatti, una riorganizzazione delle funzioni esistenti e, dopo un danno cerebrale, possono apparire nuove operazioni cognitive.
Seguendo una recente tassonomia di Cappa si possono evidenziare quattro principali forme di neuroplasticità:
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reclutamento di aree perilesionali: espansione delle mappe rappresentazionali;
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riassegnazione cross-mediale per effetto della quale, ad esempio, individui ciechi dalla nascita mostrano attività nella corteccia visiva durante il compito di lettura richiesto dal Braille;
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reclutamento di aree omologhe dell’emisfero non dominante: adattamento di aree omologhe a quelle lese, che consente, anche se solo in alcune circostanze, di ricaricare la funzione danneggiata (es.: recupero del linguaggio da attivazione di aree perilesionali);
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compenso mascherato: adozione di “nuove strategie cognitive” per esplicare la funzione perduta; prevede che un sistema cognitivo intatto prenda in carico le funzioni di un sistema leso riducendo la gravità di un dato deficit (ad es. nella messa in atto di strategie verbali per compensare alterazioni delle funzioni spaziali).
L’esistenza della neuroplasticità è ciò che fa si che sia possibile, per chi viene colpito da una problematica neuropsicologica (ictus, emorragia cerebrale, trauma cranico, autismo), aspirare ad un recupero o al mantenimento delle capacità residue. Per concludere vorrei evidenziare che le patologie neurodegenerative necessitano di una presa in carico globale e interdisciplinare. Il solo intervento del neuropsicologo può rivelarsi vano se la persona non assume correttamente la terapia farmacologica (qualora ci sia), se non è seguito dalla logopedia, dalla fisioterapia e non ultimo, dal medico di base.
FONTI:
– Stringer, Guida alla diagnosi neuropsicologica nell’adulto, ed. Edra, 1998 – Mazzucchi A., La riabilitazione Neuropsicologica – premesse teoriche e applicazioni cliniche, Elsevier 2012 – Willis SL, Tennstedt SL, Marsiske M, Ball K, Elias J, Koepke KM, Morris JN, Rebok GW, Unverzagt FW, Stoddard AM, Wright E; ACTIVE Study Group.( 2006) Long-term effects of cognitive training on everyday functional outcomes in older adults. JAMA;296:2805-14 – Nudo R, Plautz E, Frost S (2001) Role of adaptive plasticity in recovery of function after damage to motor cortex. Muscle & Nerve 24: 1000-1019.