Anna Maria Vidoni, Espressioni fluide di colore

images-jpeg-amapola Espressioni fluide di colore Carezze di gratitudine Anna Maria Vidoni Tolmezzo, 22 Ottobre- 6 Novembre 2016 Udine lì, 04-11-2016 La mostra si snoda su un percorso ben preciso lungo le pareti della sala di esposizione presso il Palazzo Frisacco, una bella cornice, alle opere esposte dalla pittrice Anna Maria Vidoni che ha volutamente suddividere in periodi, come gli anni della vita. La pittrice Anna Maria Vidoni, viene o nasce da un “suo” personale periodo che l’ha vista vincere e trionfare a una condizione altrimenti buia e grigia. Appunto la sua arte di acquerellare, è una forte e calda esplosione di colori e tinte tenue, quasi rassicuranti in questi tempi di mediocrità; lei riesce a consegnare al foglio bianco ciò che il suo occhio cerca e trova: il contatto diretto, quasi familiare con la natura, della quale sa coglierne oltre che le sfumate tinte, anche le essenze. Non a caso le sue opere rappresentano fiori dai colori ora accesi, ora tenui, che portano a cogliere il momento in cui lei lo ha visto e fissato sul foglio. Ci si commuove di fronte a tanta genuina forma espressiva, ci si commuove sentendola confessare l’amore e il desiderio di poter fare ciò che più ama: l’arte dell’acquarello!, ma più di tutto l’umiltà sua di non sentirsi “ Artista” o essere giunta chissà dove!, sentirsi invece donna capace di emozionarsi, commuoversi, di fronte a una bella cosa, come lo potrebbe essere, un fiore dentro un bicchiere! La sua non è solo voglia di conoscenza, quella che insistente la porta a tenere in mano una matita, un pennellino, è un amore per l’arte, delle belle cose, che la portano in certi universi in cui è facile sentirsi estranei se non si ha in se: la fiaba che continua! Io penso che ci voglia poesia per vivere! E lei, Anna, la poesia in se l’ha, è una poesia che la fa scendere nel profondo della sua esistenza, nella sua vita con tanti punti cardinali; lei senza la sua passione sarebbe trascinata certamente chissà in quali paure liquide. Per usare la metafora di Zygmunt Bauman. E lo fa con la dolcezza, ma anche con la forza, con i toni a tratti icastici, a tratti sognanti, dell’uomo che cerca, con il viaggio, di scarnificare la realtà, di metterne a nudo il corpo generoso e complesso di una “ umanità “ lentamente svanita.