Italia Nostra per il Si al referendum di domenica prossima
Forte appello ai cittadini della Delegazione Vibonese di Italia Nostra per il Si al referendum di domenica prossima. Bisogna andare a votare per salvaguardare l’ambiente e i beni della collettività dagli interessi rapaci delle compagnie petrolifere, che saranno le sole a beneficiare del regalo fatto con l’emendamento alla legge di Stabilità dal Governi Renzi. La Delegazione Vibonese di Italia Nostra è in prima linea per il Si al referendum del 17 aprile e invita i cittadini ad andare a votare domenica prossima. A tal proposito il presidente Gaetano Luciano richiama l’appello del Presidente della Corte costituzionale Paolo Grossi fatto nei giorni scorsi: “Si deve votare – ha dichiarato – ogni cittadino è libero di farlo nel modo in cui ritiene giusto. Ma credo si debba partecipare al voto: significa essere pienamente cittadini”. Una dichiarazione che si contrappone in modo perentorio alle irresponsabili parole di non andare a votare enunciate da chi rappresenta le istituzioni come il Presidente del consiglio Matteo Renzi e che è segretario di un partito che si definisce democratico. Come ha ribadito Luciano, è molto importante partecipare al voto e mettere al centro dell’attenzione le conseguenze nefaste per i territori e per l’ambiente se non si raggiungesse il quorum e non si affermasse il Si. L’oggetto del referendum è la norma introdotta con l’ultima finanziaria che consente alle società concessionarie il diritto di coltivazione dei giacimenti petroliferi a mare entro le 12 miglia marine e di poterli sfruttare fino al loro esaurimento (anche se entro le 12 miglia resta vietata la concessione di nuove concessioni di ricerca e coltivazione). La proroga delle concessioni sine die voluta dal Governo Renzi nella legge di Stabilità 2016, è un chiaro regalo alle compagnie che potranno così beneficiare di un bene pubblico e trarre profitti privati a discapito della collettività, inquinando il mare e producendo danni irreversibili per l’ambiente. Infatti, con questa modifica inserita dall’emendamento, le società che estraggono petrolio e gas potranno non pagare royalties, in quanto è prevista una franchigia (come risulta dai dati che si trovano pubblicati dal Ministero dello Sviluppo economico) e quindi hanno tutto l’interesse ad estrarre al di sotto della soglia. Questi sono i reali motivi di quell’emendamento e ci svela del perché il Governo abbia voluto favorire i signori del petrolio, senza curarsi delle ricadute in termini di benefici economici per i territori e del loro inquinamento. Un atteggiamento che è emerso anche per quanto riguarda il recente caso relativo al campo di estrazione petrolifera di Tempa Rossa in Basilicata, interessato da un controverso piano di potenziamento della raffineria Eni di Taranto, che ne tratta il greggio. Questa vicenda ha costretto alle dimissioni l’ex ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi per le intercettazioni con il compagno Gianluca Gemelli, nell’inchiesta portata avanti dalla Dda di Potenza. Cosa temono i fautori del no? Due cose principalmente: primo, che passi il messaggio che possiamo fare a meno del petrolio e che possiamo produrci l’energia di cui abbiamo bisogno in altro modo senza continuare a dare soldi ai petrolieri; secondo, che passi un altro principio, ben più importante per loro, quello per cui le concessioni scadono. La chiave sta in due parole: royalty e franchigia. Il referendum interesserà in modo diretto solo diciassette concessioni da cui si estrae il 2,1 % dei consumi nazionali di gas e lo 0,8 % dei consumi nazionali di petrolio gas. Si tratta di percentuali irrisori che, anche se dovessero venire a mancare da un giorno all’altro, come sostengono coloro che si oppongono al referendum, compreso il Governo e molti esponenti del PD, non succederebbe nulla di grave e, al calo di estrazioni, si potrebbe benissimo far fronte con un minimo di risparmio energetico (quindi incentivando un comportamento virtuoso) e incentivando le energie rinnovabili, settore che ha già trainato e che potrà trainare l’economia e verso cui si devono orientare gli investimenti, per non pregiudicare una situazione ambientale già gravemente compromessa. E a tal proposito, è bene sottolinearlo, il Governo Renzi ha tolto gli incentivi per le rinnovabili, evidentemente per fare dei regali ai petrolieri.