Trento, obbligo di assistenza al coniuge o al figlio 200 violazioni all’anno

Duecento casi all’anno di sottrazione all’obbligo di assistenza, morale o materiale, nei confronti dei figli o del coniuge. Tante sono le vicende, spesso dolorose e complicate, di cui si è occupata la polizia municipale di Trento su segnalazione del servizio Attività sociali dall’inizio del 2013. Si tratta di comportamenti che, qualora non sia comprovata l’incapacità economica del genitore o coniuge, comportano una sanzione penale: la reclusione fino a un anno o la multa da 103 euro a 1.032 euro.

Gli accertamenti della polizia municipale sono conseguenza del fatto che la Provincia di Trento, per sopperire al mancato versamento dell’assegno di mantenimento e per garantire una vita dignitosa ai soggetti minori, ha da tempo previsto un sussidio economico chiamato “anticipazione dell’assegno a favore dei minori”. L’erogazione dell’assegno avviene, da parte del Servizio attività sociali del Comune di Trento, su delega della Provincia, a condizione che esista un titolo esecutivo, quale una sentenza del Tribunale, che stabilisce l’importo da versare da parte del “genitore obbligato”. Fino alla fine del 2012, sulla scorta di tali richieste, il Servizio Attività Sociali, una volta ricevuta la domanda di anticipazione dell’assegno di mantenimento, provvedeva alla segnalazione all’Autorità giudiziaria del genitore inadempiente, per violazione di quanto previsto dall’articolo 570* del codice penale.

La sola segnalazione dell’illecito penale da parte dell’ente locale non può essere automatica, ma necessita di un’attività di indagine più approfondita in modo da raccogliere tutte le informazioni necessarie a circostanziare e contestualizzare il fatto.

Tenuto conto che il servizio Attività sociali non ha la competenza e gli strumenti per svolgere indagini, a partire dai primi mesi del 2013 la richiesta di accedere al beneficio economico viene inoltrata all’ufficio di Polizia giudiziaria del Corpo di Polizia Locale, il quale ha il compito di raccogliere tutte le informazioni e di inoltrare una notizia di reato ben circostanziata all’Autorità giudiziaria.

Si tratta di un’attività della polizia locale sconosciuta ai più, ma che comporta laboriose verifiche incrociate tramite le banche dati a disposizione, accertamenti anagrafici, informazioni sulla situazione patrimoniale dell’indagato e sulla disponibilità di beni mobili (veicoli) o immobili (case, terreni ecc…), contatti con altre amministrazioni locali e nazionali. E’ inoltre necessario raccogliere informazioni dalla parte offesa (coniuge) per poter avere un quadro d’insieme e conoscere anche in questo caso la situazione economica (lavoro, beni patrimoniali, aiuti economici ecc..) al fine di verificare se viene garantita una vita dignitosa ai soggetti minori. Questa attività investigativa particolarmente onerosa è necessaria perché la responsabilità penale, secondo la giurisprudenza recente, è collegata alla concreta possibilità e capacità economica del soggetto. Infatti se la persona tenuta al pagamento degli alimenti riesce a produrre idonei e convincenti elementi da cui si desume che non le è possibile provvedere al pagamento dell’intero assegno di mantenimento e che sta già contribuendo in misura congrua al suo reddito, la responsabilità penale viene esclusa.

A conclusione dell’attività di indagine, oltre ai casi legati a liti familiari per la gestione dei figli, emergono vere e proprie situazioni di indigenza, casi in cui il genitore non è in grado di versare quanto previsto per la mancanza di qualsiasi disponibilità economica in seguito alla perdita della casa, del lavoro, di ogni avere.

A questa attività della polizia municipale, va aggiunto il lavoro che la sezione di polizia giudiziaria svolge, su segnalazione dei servizi comunali, in caso di falsità ideologica (articolo 483 del codice penale) o di false attestazioni rese ad un pubblico ufficiale (articolo 495). La prima ipotesi di reato è segnalata quasi esclusivamente dal servizio Casa (57 casi su 62 nel 2015) ed è legata a dichiarazioni mendaci finalizzate ad avere illegittimamente un alloggio pubblico e contributi integrativi al canone di locazione. Si tratta il più delle volte della non veritiera indicazione degli anni lavorativi.

La seconda ipotesi di reato invece, segnalata esclusivamente da parte degli uffici dello stato civile (anagrafe), riguarda false dichiarazioni finalizzate a ottenere la residenza anagrafica in luoghi diversi da quello di effettiva residenza. Nel 2015 sono state deferite alla Autorità giudiziaria 62 persone per falsità ideologica e 20 persone per false attestazioni a un pubblico ufficiale.

Questi casi comportano per la polizia giudiziaria una serie di accertamenti negli uffici segnalanti, tramite banche dati (agenzia delle entrate, stato civile ecc.), o grazie a persone informate sui fatti. Il fine è quello di verificare la sussistenza del reato, così da escludere dalla segnalazione all’Autorità Giudiziaria i casi in cui sia evidente l’estraneità o un palese errore del dichiarante. Si tratta di accertamenti che comportano un notevole carico di lavoro per gli uffici competenti.

* L’articolo 570 del Codice Penale sanziona penalmente con la reclusione fino ad un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro chiunque, abbandonando il domicilio domestico, si sottrae agli obblighi di assistenza, materiale e morale, inerenti alla podestà dei genitori o alla qualità di coniuge; in parole semplici la norma penale punisce chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o al coniuge. Per mezzi di sussistenza si deve intendere tutto ciò che è strettamente indispensabile a soddisfare le fondamentali esigenze di vita. Il soggetto attivo, ossia chi commette il reato, può essere il coniuge, il genitore, il tutore, l’ascendente, il discendente, anche se naturale o adottivo, nonché il coniuge divorziato. Il soggetto passivo sono i figli (legittimi, naturali, adottivi), il coniuge e i minori affidati ad una famiglia.