L’altra vita che non conosci

occhi L’altra vita che non conosci Di Vincenzo Calafiore 19 novembre 2015-Udine Ora che i giochi si sono conclusi, restano i ricordi. Io ho sempre creduto nella sua esistenza, ho sprecato una vita a cercarla e ho sempre intrapreso viaggi per raggiungerla < il viaggio comincia dove finiscono le certezze> è, la sfida della conoscenza attraverso il dubbio alla presunzione delle verità o delle abitudini, al mondo chiuso e circoscritto nei confini del proprio spazio vitale. Quel mio essere nomade nella mia vita stessa non è mai stato solo voglia di conoscere, quella che insistente conduce verso l’altrui; in cui ci si sente estranei almeno fino a quando non si annullano i preconcetti, i rifiuti di ogni diversità, le riserve mentali, la presunzione arrogante. < Tu sei una tartaruga che porta ovunque il suo bagaglio di cose senza apprendere>. E’ naturale la necessità al passaggio da sé all’altro, è un ponte tra sponde di personali caratteri che possono, anzi devono unirsi nel nome dell’amore. Già, l’amore! Solo un attimo di piacere spirituale fine solo a se stesso. Quell’attimo di piacere che insegue soprattutto chiunque sia sopravvissuto alla furia distruttiva alle guerre interiori e che si trova, per miracolo a vivere la magia della quiete di un’età sfinita. Vorrei lasciare il tuo mondo orrendo. Vorrei lasciare le tue guerre inutili e voglio allontanarmi dal tuo voler vivere appieno il presente, senza passato, senza ricordo, senza pensare alle brutture che un futuro incerto potrebbe riservare. Perché,Vita, non significa di vivere in una stagione scelta a caso. La morte sicura è quando si smette di tormentarsi e di sognare nelle prigioni delle distanze; ma c’è una sottile linea di confine ed è quella del volersi bene che ne costituisce il filo conduttore nel viaggio, che nutre di ardore ancora giovanile, ancora tempo che deve venire. Il morire dentro inizia con una marea di ricordi, e finisce con la malinconia di un sorriso che non sorvola più il cielo! Vivere è un raccontare sfolgorante di emozioni che riaccendono fervori attraverso la loro simultaneità, favorendo lo sviluppo di una motivazione valida per vivere tra uno scenario personale e l’altro appartenente a un contesto anche se qua e là risuonante su un cartone comune e maleodorante. Tuttavia c’è la speranza di un’altra vita opposta,che si potrà trovare solo ascoltando i racconti dei gabbiani, per allontanarsi da una maestosa decadenza picchiata da una tramontana cattiva.. Vivere è allontanarsi da un magma mondano e incorposo, cornice della stanza buia in cui siamo stati cacciati da falsi richiami che non danno tregua, luoghi desolati dove gli uomini conducono un’esistenza costruita sulle paure e paurose distanze senza passioni e accucciati nei grovigli di un tempo che li dissolve nelle sue stesse ceneri. Se tu sei un uomo sai che per vivere occorre il calore umano di una stretta di mano, segno di pace; del respirare del cuore che riesce a interrompere perfino la pigrizia degli occhi schiusi in un’atmosfera lenta e sospesa su giorni ancora nei ventri di dei pagani. Vivere è non fare della tua vita << di un già visto>>, di stare come un nascosto in un mondo di fantasmi, di cose scolorite, di irrimediabili perdite, grumi di gesti inutili; rimanere lontano da realtà provvisorie e concrete in apparenza, stravolte da un’incessante trasformazione. Vivi con guizzi d’ironia, trova nuove vie, scompagina e ricomponi in nuovi assetti la tua vita, cerca quelle figure che passando leggere, quasi incorporee e senza tracce, ma che spesso nei tuoi sogni sono state più vere della stessa condizione mentale che le ha generate. Vuoi tu?