Milano, la nuova piazza Missori, area pedonale, verde e pavimentazione in pietra

Un’area pedonale di 2.500 mq con pavimentazione in pietra disegnata rispettando la fisionomia storica della zona. Il nuovo volto di piazza Missori, inaugurata dall’assessore ai Lavori pubblici e Arredo urbano Carmela Rozza, propone alla città uno spazio riqualificato per i cittadini con una nuova area verde. L’intervento, durato quasi 8 mesi, è costato 600 mila euro.

“La riqualificazione di piazza Missori – ha dichiarato l’assessore Rozza – coniuga il passato con la nuova disposizione dell’arredo urbano di questa Amministrazione, caratterizzato da ampie aree pedonali e pavimentazioni con materiali che recuperano l’antica tradizione milanese. La piazza, che era un non luogo, oggi compie un salto di qualità estetica, garantisce una piena fruizione ai milanesi e migliora la vivibilità della zona. Ringrazio i tecnici dell’Arredo urbano e la società Syngenta che ha realizzato e sponsorizzato l’intervento sul verde”.

Il restyling ha previsto la sostituzione della pavimentazione in asfalto colato sui marciapiedi con materiali della tradizione storica milanese come i masselli di recupero in Cuasso che sono stati applicati nelle parti carrabili e nei nuovi spazi pedonali. La parte centrale della pavimentazione, che rievoca la presenza della antica Basilica di San Giovanni in Conca e del suo Sagrato, è stata realizzata con lastre in granito. Tutto il materiale in pietra è stato reperito dai depositi del Comune.

Al centro della nuova piazza riqualificata è stata realizzata un’ampia area a verde di circa 300 mq realizzata con essenze arbustive, in particolare graminacee, piante perenni con tappetto erboso in zolla. Il verde è stato realizzato dal Comune per quanto riguarda il movimento terra, mentre l’allestimento dell’aiuola e la manutenzione sono opera della società Syngenta. Più avanti è prevista l’installazione di proiettori, da parte di A2A, per l’illuminazione del monumento e la sistemazione di sedute in pietra come quelle di via Marconi. L’intervento del Comune completa la riqualificazione della piazza avviata con il restauro del monumento a Giuseppe Missori. Al centro di piazza Missori sorge quello che rimane dell’antica basilica di San Giovanni in Conca, illustre testimonianza di storia e arte milanese dal V-VI secolo al XVII secolo. Rimasta in piedi fino all’800, fu sconsacrata nel 1872 per ordine dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, chiusa definitivamente dai francesi e divenuta magazzino della Ferreria Vobarno / A. Migliavacca e C.. La chiesa fu in seguito sottoposta a devastazioni, asportazioni di opere e demolizioni dall’Unità d’Italia fino al secondo dopoguerra. Nel secondo dopoguerra l’edificio fu demolito tra il 1948 e il 1952, per realizzare l’asse viario di via Albricci-piazza Missori. All’inaugurazione ha preso parte la banda musicale della Polizia locale. Inoltre, la poesia “Il cavallo di Piazza Missori”, opera del poeta e giornalista Vittorio Catalani, è stata letta da Gemma Pozzi, figlia del pittore Walter: a lui, grande amico di Catalani, il Comune di Milano dedicò una mostra antologica a Palazzo Reale nel 1975.

Il cavallo di Piazza Missori – di Vittorio Catalani A Paolo Cattaneo

Non sorridere senza pensare che il cavallo di piazza Missori, così stanco di dentro e di fuori, fece quello che pochi san fare.

Era degno del suo generale questo coso che più non ha voce. E sapeste com’era marziale, e sapeste com’era veloce…

Raggiungeva il nemico e la gloria, galoppando sull’ala del vento. Era proprio un cavallo portento, un cavallo che fece la storia.

Una semplice storia. Si sa. Ma pensiamoci bene un momento: la chiamarono “risorgimento”. C’è qualcuno che ancora lo sa?

Quanti echi di quelle battaglie, quante luci nell’occhio severo del cavallo che fece il guerriero senza chiedere greppie o medaglie.

Dopo l’ultima grande battaglia, congedandolo in mezzo alla strada, gli promisero sacchi di biada, ma gli dettero un pugno di paglia.

Lui non fece un nitrito. Tacendo, scosse il muso e si mise in cammino, come un povero vecchio ronzino, triste e solo, in un mondo tremendo.

In un mondo nel quale nessuno gli diceva di farsi coraggio. Ma quand’era un cavallo selvaggio, ma quand’era davvero qualcuno, quanti amici se lo contendevano, regalandogli zucchero e biada. “Questo sì che divora la strada!”. “Ma che bravo cavallo!”, dicevano.

Un cavallo che, in quelle giornate, al comando “si vince o si muore!”, rispondeva, vincendo il terrore: “Signorsì, signorsì, comandante!”.

“Signorsì, se mi fermo spronate!”, ripeteva al galoppo, ma quando si sentiva le briglie allentate era lui che prendeva il comando.

Ed allora quel coso pedestre, che vedete così sonnolento, ricordava il più bel monumento dell’alata retorica equestre.

Ricordava davvero quei fieri scalpitanti cavalli marmorei, che troneggiano alteri e scultorei come tutti i cavalli guerrieri.

Come tutti i cavalli retorici, cavalcati da re o imperatori. Ma il cavallo di piazza Missori, che rifulse nei giorni più storici di quel tempo, davvero lontano, era proprio un cavallo assai strano, che benché fosse pieno di gloria mai peccò d’ingordigia o di boria.

Dopo l’ultima grande battaglia, congedandolo in mezzo alla strada, gli promisero sacchi di biada, ma gli dettero un pugno di paglia.

Lui non fece un nitrito. Obbedendo, fiutò l’aria, ed attese gli eventi, ripensando remoti momenti di quand’era un cavallo stupendo.

Col suo passo di vecchio ronzino, l’occhio triste, parlando e tacendo, tutto solo in un mondo tremendo, zoppicando si mise in cammino.

Troppo stanco di dentro e di fuori, brontolando, però senza voce, trasportando, anziché la sua croce, ritto in sella Giuseppe Missori.

“Il cavallo di Piazza Missori” apparve per la prima volta su un quotidiano milanese nel 1953. Sette anni dopo, il pittore Walter Pozzi, sfogliando una vecchia raccolta del giornale, mise l’occhio su questi versi e propose in seguito di ripubblicarli, in occasione delle celebrazioni di “Italia 61”.

Grazie all’iniziativa del Pozzi, la ballata sul generale Missori o più precisamente sul suo cavallo stanco, di cui a Milano si continua a sorridere bonariamente, ai primi del 1961 ricomparve in una veste degna: un fascicolo, formato 37×28, stampato in offset e illustrato da un gruppo di artisti di chiara fama, tra i quali oltre a Walter Pozzi, Lucio Fontana, che firmò la copertina, Renzo Bassi, Ibrahim Kodra, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu.

Dalla pubblicazione (di cui furono tirati duecento esemplari in edizione numerata e altre duemila copie, che l’industriale grafico Piero Capitini inviò in omaggio agli amici) riportiamo – per quei lettori che non conoscessero la milanese piazza Missori e il suo monumento – parte della prefazione: “Ma chi è, che cosa rappresenta, il cavallo di piazza Missori? E perché malgrado se ne parli con ironia, tutti dimostrano di volergli bene? Dicono che abbia combattuto da valoroso, ma non gli vediamo medaglie. È un richiamato alle armi, che s’avvia filosoficamente verso il congedo. Un cavallo “anti-equestre”, che par fatto apposta per starsene a Milano.

Del Ripamonti, che fu il suo scultore, e di Giuseppe Missori, generale garibaldino, sarebbe ovvio parlare. Il Ripamonti volle farne un umile cavallo vero. Il generale che lo cavalca venne dopo. Il tutto doveva diventare semplice e solenne. Doveva essere anti-eroico com’è antieroica la cittò alla quale il nostro cavallo è approdato”.

Testi tratti da: Vittorio Catalani, Con dolce rabbia. Poesie, Cappelli editore.