Sugli indumenti di Yara Gambirasio un dna diverso da quello di Massimo Giuseppe Bossetti

Una nuova possibile svolta nel caso di Brembate. Trova una nuova traccia sui vestiti della sfortunata tredicenne. Si tratta di un Dna sconosciuto, diverso da quello di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore in carcere per l’omicidio della ginnasta. A fare la scoperta, negli atti dell’inchiesta, è stata la genetista torinese Sarah Gino, consulente della difesa di Bossetti. I difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini attribuiscono una grandissima importanza alla scoperta e si preparano a dare battaglia. L’architrave dell’accusa contro il loro assistito poggia infatti sul suo codice genetico trovato sugli slip e i leggings di Yara.

Si apprende anche che Yara Gambirasio aveva nella memoria del suo cellulare soltanto 9 numeri, ma quella della Sim ne conteneva altri 79, protetti da un codice d’accesso di cui solo la minorenne era a conoscenza. È emerso analizzando i tabulati e in seguito la carta telefonica riposta in una tasca del giubbotto quando il corpo della piccola Gambirasio venne ritrovato in un campo a Chignolo d’Isola. Si potrebbe trattare di numeri memorizzati da chi aveva quel cellulare prima di lei. Gli investigatori hanno ascoltato molti dei titolari delle 79 utenze che hanno negato una loro conoscenza con la ragazzina. Uno di loro, un tredicenne, non ha saputo spiegare perché, nel gennaio 2010, risultavano 109 contatti fra il suo cellulare e quello della Gambirasio. Non possedeva il numero della ragazzina di Brembate di Sopra, aveva spiegato, e a volte gli capitava di prestare il telefonino agli amici.

Il 27 aprile Bossetti affronterà l’udienza preliminare davanti al Gup di Bergamo Ciro Iacomino. I difensori chiederanno il proscioglimento. In caso di rinvio a giudizio non percorreranno la strada di un rito alternativo e affronteranno il processo in Corte.