Limbadi, Polo antimafia il 30 aprile la consegna dei fabbricati

Beni confiscatiProcedono con rapidità insperata i lavori. Lo stato di avanzamento dell’opera scandisce il 50 per cento. Il 30 aprile, data prevista per la consegna dei fabbricati, dovrebbe essere rispettato. In sei mesi, quindi, si è a metà dell’opera. Impensabile quando i lavori per la realizzazione del primo “Centro studi antimafia e della cultura della legalità” a livello nazionale, sono ricominciati (28 agosto 2014), dopo un iter che ha conosciuto diverse fasi e diverse interruzioni, tanto da far presagire che sarebbero stati insormontabili gli ostacoli. A dare letteralmente la scossa alla realizzazione dell’opera, è stata l’attuale commissione straordinaria composta da Anna Aurora Colosimo e Domenico Fuoco che, appena insediatesi, ha preso in mano la situazione. In particolare è l’ingegner Fuoco, che segue da vicino l’evolversi dei lavori, ad esprimere fiducia, ed è convinto che l’ultimazione dell’opera, prevista per il 30 aprile, verrà rispettata: “Da fine agosto a metà dicembre avevano uno stato di avanzamento del 25 per cento, in due mesi siamo al 50”.

Da quel lontano 2008, anno in cui l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni aveva assegnato all’associazione “Riferimenti”, presieduta dalla coordinatrice di “Gerbera gialla” Adriana Musella, sul Polo antimafia sono stati puntati i riflettori dei media nazionali, dopo le visite a Limbadi dell’allora Procuratore nazionale Antimafia, Pietro Grasso (maggio del 2011) e della stessa Presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi (aprile 2014), che ha avuto come riflesso, poco dopo, le dimissioni dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Francesco Crudo.

L’importo complessivo dei lavori, a seguito della variante del 20/01/2014 apportata al progetto iniziale è di circa 2 milioni e 800 mila euro, interamente finanziati dal Pon Sicurezza (il primo finanziamento, che risale a marzo 2011, prevedeva un importo di circa 2 milioni di euro). I fabbricati coinvolti sono tre. Due si trovano in località “Giardino”, dove sono previsti gli alloggi e gli uffici; un altro, che si trova in località “Santa” è stato destinato alle attività didattiche. Il significato simbolico ma anche socio-antropologico che riveste quest’opera, va oltre un discorso meramente tecnico. Attivare delle attività culturali nel luogo simbolo del potere del clan dei Mancuso, avrebbe un impatto mediatico importante, con risvolti positivi per l’immagine stessa del territorio, che ormai viene sempre associato alle vicende di cronaca nera relative all’attività criminale della cosca. Da una parte la presenza “forte” dello Stato, dall’altra la cultura del rispetto della legalità e dei valori democratici, potrebbero cambiare la storia di questo territorio e non solo, per il destino delle nuove generazioni. Dalle informazioni e notizie riferite dagli organi dello Stato e dalle ricostruzioni storiche compiute da esperti, ma anche dalle continue notizie di cronaca, presentano i Mancuso come una delle più pericolose organizzazioni di ‘ndrangheta, in quanto ha costruito una rete di relazioni criminali non solo sul territorio del Vibonese, ma anche a livello nazionale e internazionale.