Mio fratello

Avere la piacevole sensazione svegliandomi, del giorno buono, lo sento dentro e così poi si manifesta, prende piega dal momento che appoggio i piedi a terra.

Camminare a piedi nudi fino in cucina è piacevole, così mi preparo il caffè e rimango lì davanti alla caffettiera come davanti ad un oracolo….

Mentre in testa frulla qualche pensiero.

Non è un “qualche pensiero” è mio fratello.

Colui che da ben 69 anni non è stato mai capace di chiamarmi per nome, di non condividere nessuna mia cosa. Colui che poi negli anni a venire, una volta che io, per mia volontà, abbandonato gli studi e la mia famiglia mi misi in viaggio sulla mia strada che non conoscevo e non sapevo dove questa mi avrebbe condotto.

Fu un vero atto di coraggio, avevo appena 15 anni.

Tutte le mattine così per una vita intera.

Tutte le mattine con quel pensiero conficcato come un ago chissà in quale zona del mio cervello che ha rilasciato solo veleno.

Mio fratello!

Che bello poterlo dire nelle circostanze che accadono e si susseguono nel corso della nostra breve esistenza, magari agli amici, ai conoscenti, a chicchessia: mio fratello, o mia sorella, la stessa identica cosa. Non mi è stato concesso.

La lontananza. Per comodità o per vizio, le si addossa la colpa del disastro, può essere, ma forse la verità andrebbe ricercata in noi, ed io lo feci ogni santissimo giorno, anche nel loro lento scorrere.

Ma la domanda che mi ponevo e mi sono posto fino nell’ottobre del 2014 era ed è stata sempre: perché non c’è mai stata in lui la necessità di chiedersi…. “ ma mio fratello o mia sorella, è indifferente, come sta, come se la passa, sta bene, sta male, è felice o infelice?

Be, il mio viaggio su quella strada intrapresa non è stato agile, come per tantissimi altri coraggiosi o coraggiose, come me.

Sono stati anni, ma moltissimi anni, di solitudine, di lunghissimi silenzi, di privazioni, di divieti, di fame e di miseria. A volte sono stato preso dalla paura dell’ignoto, sono stato umiliato nella mia dignità di uomo, sono stato privato della mia libertà, tutto sacrificato a quel mio cosiddetto – avvenire – .

Io per raggiungerlo attraversai l’Italia intera tutto in un tiro, per riprovare il piacevole senso della felicità, per risentire un po’ il calore della mia vita spezzata. Così per anni, tanti anni! E lui, mio fratello invece era da me sempre più distante, sempre più irraggiungibile; finivano le mie brevi, brevissime vacanze e su, con l’auto tutto un tiro per tornare a casa “mia” sempre più solo, sempre più deluso e amareggiato.

Si è proprio come si suol dire: mi sono fatto uomo da solo, come tutto quel che ho, anche la mia poca cultura.

Ma io la mia vita zeppa di errori e di contraddizioni, la mia vita di miseria e di dignità, di amore verso coloro che mi stanno attorno, dei tantissimi amici, degli studi completati, dei miei traguardi tagliati, l’amo, l’amo tanto.

Mio fratello è stato quel compagno di banco assente, un compagno mancato alla fine da me abbandonato; si alla fine e al numero civico nr 69 ho detto basta.

Per poter vivere serenamente i miei ultimi giorni,

per ritrovare la pace,

per risentire la mia vita o per riprendermi la vita.

Di mio fratello non ho che vaghissimi ricordi, forse lui non avrà neanche questi. E sta accadendo in me un miracolo: vedo una gomma che pian piano, con lo stesso moto del respirare lento, sta cancellando la sbiadita immagine ancora giacente nella mia testa. E’ una strana sensazione, più di sollievo che di dolore, perché alla fine del mio viaggio ho potuto comprendere che solo ero all’inizio e solo sarò alla mia fine. Si, perché questa verrà, è dietro l’angolo, ma potrò andarmene non sbattendo la porta in faccia a nessuno, perché ho tutto l’amore del mondo attorno e in me, ma socchiudendola piano, come il mio pensiero vuole sia.