Roma Jazz Festival, novembre a tutto swing

E’ all’insegna dello swing la 38ma edizione di Roma Jazz Festival, dal 9 al 30 novembre tra Villa Torlonia (il teatro in via Lazzaro Spallanzani 5), Auditorium, teatro Quarticciolo e teatro Tor Bella Monaca. La vasta rassegna, co-prodotta da IMF Foundation e Musica per Roma, si aggancia all’attuale revival degli “anni ruggenti” (i ’20 – ’30 – ’40 del secolo scorso) e propone un ventaglio completo dei fenomeni che segnarono quell’epoca e delle correlazioni che ne fecero un’irripetibile fase della storia e del costume. Una stagione, la swing era di Ellington e Basie ma anche di Scott Fitzgerald e di Roosevelt, in cui jazz (in piena evoluzione), ballo, crisi economica e successiva ripresa, stili di vita e umori collettivi appaiono fusi in un unico calderone vitale. Il 2014, del resto, è l’anno del quarantennale della scomparsa di Duke Ellington e dei settant’anni dalla Liberazione di Roma, la cui colonna sonora era incisa sui v-disc degli yankee che portavano con sé il boogie-woogie di Glenn Miller. E fu subito America, l’America che s’era ritrovata nel new deal dopo il buco nero del ’29; l’America che aveva dato forma sonora e motoria alla ripresa con i baccanali danzanti nei locali di Harlem come il Savoy, dove si suonava e ballava il lindy hop immersi in un magma di sudore e fumo di Chesterfield. Di quel clima il festival prova a restituire tutte le facce, non senza interrogarsi su certe specificità della fase swing: il nesso musica-ballo, che mai s’era manifestato con tanta forza prima d’allora e mai lo farà in seguito, quando con il bebop il jazz diverrà musica d’ascolto per palati fini; la straordinaria sovrapponibilità tra musica, costume e vicende politico-economiche, fenomeno anch’esso mai ripetuto almeno in quella misura. C’è davvero tutto lo swing nella rassegna romana, quello canonico e le sue molte periferie: le big band smaglianti di ottoni e sassofoni (la Bix Big Band il 16/11, la Swing Valley Band il 23, l’iperfilologica Orchestra Operaia Swing&New Deal il 30) come le declinazioni minimaliste per due-tre strumenti (una per tutte, il duo Dave Holland – Kenny Barron il 14/11) , il sestetto di fiati e l’organ trio, la grande voce nera (Dee Dee Bridgewater il 25/11) e i crooner di razza (Anthony Strong il 28/11). Ci sono i “tributi” come quello ad Ellington con l’ensemble Swinging Duke capitanato da Fabrizio Bosso (19 novembre), c’è un monumento vivente come la banda della Marina Usa (15 novembre), ci sono le esplorazioni storico-didattiche del fringe festival, il corposo corollario in cui si parla di swing e lo si ascolta, con presenze – ad esempio Gegè Telesforo, Max Ionata, Dado Moroni – che certo non sfigurano accanto ai nomi della rassegna principale. E c’è un workshop di danza jazz-swing, tre giorni per ballerini – professionisti e non – sulle orme di Fred Astaire, Ginger Rogers e Gene Kelly. E c’è ancora altro: contaminazioni, rivisitazioni contemporanee, progetti che rilanciano lo swing da diverse prospettive…