Leopardi amato dai giovani e dal cinema

Ancora un ritorno, alcune settimane orsono, tra la suggestiva e poetica Recanati dell’immenso Leopardi. Sul Colle” tra il verde e la suggestione del mistero mi hanno fatto felice impressione le tantissime firme incise, qua e là, sui muretti del centro leopardiano di giovani studenti e soprattutto una comitiva di ragazzi attenti e riflessivi. Sostavano, direi devotamente, davanti alla casa del poeta, nella piazzetta del Sabato del villaggio, davanti alla finestra diSilvia, ai piedi della Torre del passero solitario e soprattutto tra il verde delColle che sovrasta un’immensa vallata e l’Adriatico. Già i giovani…a Recanati davanti a Leopardi, il poeta della sofferenza e del dolore, il poeta che, eccezionalmente, rimane il loro prediletto. Lo provano le statistiche, ma lo prova soprattutto l’esperienza di chi ha trascorso molti anni davanti ad una cattedra, in mezzo ai diciottenni apparentemente smaliziati o indifferenti, distratti dal telefonino e dal consumismo. Lo prova l’esperienza vissuta dello scrivente davanti a giovani che soffrono e vogliono la parola amica del prof. amico che li incoraggi nei momenti bui della loro esistenza. Giovani che sanno piangere, che hanno il coraggio di piangere al cospetto del prof. I giovani di oggi hanno una sensibilità che forse le generazioni passate non avevano e sanno apprezzare valori che un tempo sapevano molto di retorica. Chi scrive, appunto, ha avuto continuamente modo di osservare lacrime furtive e rapidamente asciugate e soprattutto dopo la lettura di una lirica leopardiana. Perché piace tanto un poeta ritenuto pessimista per antonomasia, cantore della disperazione esistenziale e del dolore? Sì, piace Leopardi perché, più di altri è vicino a certi passaggi e certe malinconie tipiche dell’età giovanile. In Leopardi i giovani scoprono immediatamente la voce di ciò che avrebbero voluto dire, se l’avessero saputo dire; essi lo sentono dalla loro parte, vicino ai loro dubbi, interprete straordinario delle loro segrete paure, delle loro malcelate paure, delle loro interiori aspirazioni, delle loro, perché no, ribellioni. Chi scrive e tanti di quella età hanno sperimentato che la giovinezza non è un’età felice, come potrebbe sembrare in apparenza, né serena e né tranquilla. È la stagione dei conflitti interiori, delle contraddizioni, degli squilibri interiori, delle incertezze solitarie che forse nel chiuso del nucleo familiare si avvertono e non. I giovani vivono il dubbio, l’insicurezza e il mistero. Leopardi è amato per questo: per la sua voglia di fuggire, di contestare il paese e i suoi genitori, di non accettare l’ovvio, il quotidiano, il compromesso, la mediocrità, per quel suo essere e sentirsi incompreso da tutti. Ah, i nostri figli, i nostri studenti! Guardiamoci attorno! Riflettiamo! I giovani sono sempre radicali, non si rassegnano facilmente, non si adattano alle mezze misure. Misurano il mondo col metro degli adulti e con la fantasia, come il poeta recanatese che adulto non lo è mai diventato. Se Leopardi piace ai giovani, se li prende, se li affascina e li commuove è perché egli sa dire cose che forse i genitori e i proff. non danno dire. I canti leopardiani sono la risposta della coscienza universale, del buio del cuore, il grido dell’infinito che è dentro ciascuno di loro. È una sofferenza vera, di un giovane vero e non costruito a tavolino, sofferenza non ipocrita, ben lungi dalla retorica di tanti altri poeti, narratori e filosofi, creduti maestri dell’educazione nazionale. Leopardi e il suo pianto e il suo pessimismo non sono prefabbricati e quindi vuoti ed impersonali. Sono veri sentimenti ed accattivanti ed educativi. Già! Stimolano all’amore per la vita e alla forza per combattere il male che sta attorno. Leopardi, insomma, diversamente da tantissimi filosofi meramente sofisti, parla ai giovani da giovane, da pari a pari, provando e trasmettendo sensazioni indicibili: “Tutta vestita a festa/ la gioventù del loco lascia le case,/ e per le vie si spande;/ e mira ed è mirata, e in cor s’allegra.” La vita è bella, mi vien da dire, e così avrà pensato il buon Giacomino perché lui come i suoi coetanei ha “sentito” i brividi del primo turbamento o del primo affanno del cuore: “Lingua mortal non dice/ quel ch’io sentia in seno” davanti a Silvia. Beh, giovane tra i giovani! E non è solo linguaggio della poesia, ma soprattutto linguaggio dei sentimenti che raggiunge direttamente al cuore, mettendo in subbuglio i meccanismi dell’io più profondo e recondito e provocando commozione, tanta commozione. Ed è questa sublime commozione che innamora i giovani e che riscatta Leopardi dal considerarlo semplice filosofo dell’assurdità della vita, lui che della vita ha celebrato i più alti ed intramontabili ideali. Ed oggi, il buon Giacomo è amato non solo dai giovani ma anche dal cinema. Alla recente Biennale di Venezia, 71^ Edizione del Festival del cinema, il film sul poeta recanatese “Il giovane favoloso” del regista Mario Martone ha riscosso un successo travolgente di pubblico e critica. Vuoi vedere che i giovani accorreranno in massa a vedere il loro amico Leopardi nelle sale cinematografiche in ogni angolo della penisola