Ordine degli Architetti di Milano, 21 osservazioni per il nuovo Regolamento Edilizio

“Questo Regolamento, così com’è, è senza dubbio in passo avanti rispetto al passato. Le osservazioni dell’Ordine mirano a dare un contributo ulteriore alla qualità della vita di tutti, un tema che abbiamo sempre condiviso col Comune, le istituzioni e le parti sociali coinvolte nel dibattito. Attendiamo con fiducia le considerazioni di Palazzo Marino – al lavoro sul tema anche durante il mese di agosto, cosa di cui la città deve essere grata – che in questa partita, come mai prima in passato, si è dimostrato sensibile al concetto che la buona qualità progettuale, per contribuire al bene della città, ha bisogno di regole chiare e indicazioni prestazionali più che prescrittive”.

Il 6 ottobre, dopo 15 anni, Milano avrà un nuovo Regolamento Edilizio.

Delle 464 osservazioni presentate, 21 sono dell’Ordine degli Architetti di Milano, che collabora sul tema con Palazzo Marino dal 2008.

L’Ordine concentra il tiro sui temi della semplificazione, della spinta al Riuso e dell’approccio prestazionale, mentre esprime soddisfazione per i suggerimenti sinora accolti. “Il nostro auspicio, come Ordine che tutela la buona progettazione a favore dei cittadini, è il miglioramento della qualità della vita”.

Così come siamo soddisfatti di alcuni aspetti innovativi, tanto non intendiamo perdere di vista alcuni temi strategici per la città e i Milanesi.

Abbiamo iniziato a collaborare con Palazzo Marino nel 2008 sul R.E., e all’ultimo miglio continuiamo a farlo nella convinzione che nel testo finale vi siano ancora diversi punti migliorabili: le 21 osservazioni si concentrano per lo più in tre ambiti: approccio prestazionale, decisa spinta al riuso del patrimonio esistente, semplificazione/trasparenza.

L’Ordine milanese, infatti, non nasconde alcune perplessità di fondo sul tema della semplificazione: “se nel nostro settore c’è una irragionevole stratificazione di norme, anche contraddittoria e farraginosa, il nuovo R.E. su questo punto non è stato in grado di cambiare passo”. Sono aumentati gli articoli, quasi raddoppiata la lunghezza del testo, ci sono margini di inapplicabilità in alcuni passaggi.

Tuttavia, sono convinti nella sede di via Solferino, il R.E. può davvero far recuperare a Milano quella posizione di avanguardia che in passato le apparteneva: una città che ha rappresentato per decenni un modello del costruire e dell’abitare. Molto si gioca sulle norme che incidono concretamente sulla possibilità di riutilizzo del patrimonio edilizio esistente. Ad esempio, gli artt. 87 e 114, così com’erano, rischiavano di condannare al degrado moltissimi edifici, con problemi di sicurezza, legalità, e consumo di nuovo suolo.

In questi casi, come in altri, si tratta di presunti dettagli che però, da soli, possono davvero far dipendere grandi cambiamenti, in positivo o in negativo. Com’è stato per l’art. 109, di cui rivendichiamo – non da soli – la stesura: nella speranza che il Comune non cambi rotta proprio sul filo di lana, porta profonde innovazioni in ambito di igiene edilizia, consentendo tra l’altro di avere servizi senza luce/aria naturale: un articolo che, da solo, è in grado di poter dare una svolta molto significativa allo sviluppo edilizio, poiché prende atto che i progressi impiantistico, tecnico e tecnologico attuali sono in grado di garantire, in certi ambiti sinora regolamentati da norme obsolete e paradossali, una migliore qualità della vita. Questo articolo dà alla città un respiro, una prospettiva davvero moderna ed europea in termini di sviluppo progettuale, costi e qualità della vita.

Vi sono anche altri aspetti innovativi di grande interesse, messi a punto anche grazie al recepimento di alcuni nostri contributi (es.: i concorsi di architettura e le premialità volumetriche per gli operatori li attueranno), mentre non mancano perplessità sul tema dell’efficientamento energetico: le osservazioni depositate mirano a far prevalere l’aspetto prestazionale su quello prescrittivo (in soldoni: sì al ‘si deve raggiungere questo risultato’, no al ‘fate così per raggiungerlo’): devono essere la libertà e l’innovazione continua progettuale a trovare soluzioni che rispondano ai parametri richiesti, addirittura migliorandoli.

Molti gli esempi: tra gli altri gli artt. 102 (riscontro d’aria), 106 (illuminazione), 112 (distanze), 114 (cavedi),133 (serre bioclimatiche), 135 (prestazioni energetiche in estate).

All’Ordine affermano inoltre: “Per quanto riguarda gli obiettivi di sostenibilità ambientale del Regolamento Edilizio dobbiamo rilevare che il passaggio attraverso gli emendamenti ha ridotto ulteriormente l’efficacia delle norme e degli incentivi previsti. Si percepisce un senso di rinuncia rispetto ai grandi temi e alle sfide contemporanee. In alcuni articoli sarebbe bastato poco, si sarebbero potuti utilizzare altri strumenti già utilizzati con successo in altri contesti. In ultimo, sarebbe stato interessante dare a questi elementi di innovazione un carattere meno frammentario, in modo che gli operatori e i progettisti potessero trovare un approccio progettuale olistico e più indirizzato al comfort dell’utente e all’ambiente in cui vive, piuttosto che limitatamente ai consumi delle risorse.”

Abbiamo poi evidenziato molti articoli che regolano aspetti che nulla hanno a che vedere con un Regolamento Edilizio e che sono spesso inapplicabili per committenti e progettisti, seppure ne comprendessimo l’intento. Uno per tutti: l’art. 13 sulla presenza di sale da gioco entro i 500 metri dall’immobile oggetto di intervento.

“Questo Regolamento, così com’è, è senza dubbio in passo avanti rispetto al passato. Le osservazioni dell’Ordine mirano a dare un contributo ulteriore alla qualità della vita di tutti, un tema che abbiamo sempre condiviso col Comune, le istituzioni e le parti sociali coinvolte nel dibattito. Attendiamo con fiducia le considerazioni di Palazzo Marino – al lavoro sul tema anche durante il mese di agosto, cosa di cui la città deve essere grata – che in questa partita, come mai prima in passato, si è dimostrato sensibile al concetto che la buona qualità progettuale, per contribuire al bene della città, ha bisogno di regole chiare e indicazioni prestazionali più che prescrittive”.