La comunità di Calimera ha rievocato la figura di don Francesco Comandè
Era il 22 agosto del 1963 quando don Francesco Comandè si spegneva a Sant’Eufemia d’Aspromonte, suo paese natale. Un anno che segna anche la scomparsa di Papa Giovanni XXIII (giugno) di cui don Comandè era diventato “cameriere segreto” (17 febbraio 1962). Ma la sua vita, la sua storia, il suo apostolato, la sua missione, sono intrecciate in modo indissolubile con la comunità di Calimera: il 16 luglio del 1925, con bolla vescovile (mons. Paolo Albera), viene inviato come parroco e ci rimane fino al 13 agosto del 1963. Nato l’11 settembre 1899 (da Vincenzo e da Domenica Fedele), voleva fare il missionario. Una missione più ardua però lo attendeva a Calimera: prendersi cura dei fedeli di una comunità attraversato da forti tensioni sociali tra le due famiglie che si contendevano il dominio, i Massara e i Pugliese, che aveva avuto esiti drammatici, come testimonia il manoscritto di don Giacomo Pugliese, alias Giobbe Puntarolo, ripreso da mons. Filippo Ramondino nel testo “L’eroe che soffre e tace. Triste storia di un’ anima angosciata dal dolore”, in cui si consuma lo scontro con don Francesco Massara, suo concorrente e temibile avversario.
La storia del sacerdote di Sant’Eufemia d’Aspromonte con la comunità di Calimera si intensifica a 25 anni dalla sua morte, con il trasferimento dei resti proprio nella chiesa che lui stesso aveva voluto che fosse eretta. Infatti, all’indomani della nomina a parroco, sua prima preoccupazione fu proprio quella di darle una chiesa ed una canonica che nel 1929 furono inaugurate. All’epoca era parroco don Tommaso Franzè. Come allora, l’attuale parroco, don Francesco Pontoriero, per la ricorrenza dei 50 anni dalla sua morte, ha voluto che la memoria di don Comandè risuonasse con più forza nella storia della comunità di Calimera, dedicando un monumento e una piazza, e il suo sacerdozio diventasse un docu-film, “Kalimera, Don Comandè”, in cui emerge l’autentica vocazione evangelica di fede e di amore per il prossimo. Una ricostruzione compiuta attraverso il ricordo di chi lo ha conosciuto, con la regia di Andrea Aragona e Nazzareno Suriano (realizzato da “CineDue”), proiettato nel corso della tavola rotonda che si è svolta il 13 agosto nella chiesa, per rievocare quel 13 agosto del 1963, quando don Comandè, a causa delle sue gravissime condizioni di salute, è stato trasferito a Sant’Eufemia, per morire 9 giorni dopo.
È stata una celebrazione commovente ed emozionante, con una partecipazione corale in cui i ricordi e i sentimenti hanno creato un tessuto vivo, e la comunità di Calimera ha ritrovato la sua storia, la sua identità e si è sentita protagonista attraverso il valore della missione di un uomo che si è prodigato per i più poveri e per i più bisognosi, vivendo con profonda coerenza il messaggio evangelico e la passione di Cristo, con un’attenzione all’educazione e alla cura dell’infanzia, istituendo l’asilo parrocchiale e portando il cinema nella piccola località con finalità pastorali, come testimonia lo stesso sacerdote nel 1931 in una sua breve nota nel bollettino parrocchiale.
La commemorazione è stata contrassegnata dalla relazione di mons. Filippo Ramondino (cancelliere della Curia di Mileto-Nicotera-Tropea), che ha affrescato il contesto storico-sociale che don Comandè ha dovuto affrontare e vivere; dalla testimonianza dell’ex parroco Tommaso Franzè, che si è fatto artefice per il trasferimento dei resti del sacerdote 25 anni fa; di mons. Giuseppe Fedele (parroco di Sant’Eufemia) che ha raccontato alcuni aneddoti, oltre alla personale testimonianza, la personalità di don Comandè); ed infine il parroco di Calimera Don Francesco Pontoriero ha illustrato il significato pastorale, umano e spirituale dell’opera di don Comandè e il valore storico-religioso della sua vita. A dare un’ulteriore testimonianza, l’on Luigi Fedele (assessore alle Politiche comunitarie della Regione Calabria), che per via materna ha un legame familiare con don Comandè. Infine si sottolinea l’intervento del commissario straordinario Andrea Cantadori del Comune di San Calogero, il quale ha rilevato l’importante significato della commemorazione e l’ottimo lavoro fatto nella realizzazione del docu-film.