Intervista ad Aldo Calo’ Gabrieli

Foto - Aldo Calò Gabrieli - Primo piano1       Abbiamo incontrato Aldo alcuni anni fa, in occasione dell’uscita del suo primo libro di poesie. Era timido ma, determinato. Dimostrava una spiccata sensibilita’e nello stesso tempo un’inusuale determinazione che lo ha portato nel tempo a non abbandonare la sua passione per la scrittura ed a raccontare in modo sempre piu’ dettagliato la vita attraverso la poesia. 1) Chi è Aldo Calò Gabrieli? Attualmente sono un laureando in Scienze Filosofiche presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” con una Tesi sull’opera d’arte e la poesia in Heidegger, dopo aver conseguito nel 2011 la Laurea Triennale in Filosofia mediante una Tesi sul teatro dal titolo «Il tragico e la tragedia in Schopenhauer». Dal 2007 ad oggi ho studiato recitazione e movimento scenico con Flavio Albanese, Laura Pasetti, Graziano Piazza, Marinella Anaclerio, Maricla Boggio e Susanna Beltrami. Ho lavorato, tra gli altri, in qualità di attore, con Flavio Albanese, Irene Noli e Laura Pasetti nel «Giulio Cesare», messo in scena nel 2011 presso il Teatro Franco Parenti di Milano e la Società Filodrammatica Piacentina; in qualità di mimo presso il Teatro Petruzzelli di Bari, con Federico Tiezzi nell’opera «Lo stesso mare» nel 2011, tratta dall’omonimo romanzo di Amos Oz, e con Mario Martone nel «Don Giovanni» nel 2012; in qualità di assistente alla regia, nel 2013 con Maurizio Pellegrini in “Io parlo napoletano, scusate…” sul teatro di Eduardo De Filippo. Dal 2006 a oggi ho pubblicato tre raccolte di poesie e pensieri: «Primi passi (nei sentieri dell’anima)» (2006), «Scenari sbiaditi, frammenti di cuore» (2008), entrambi per la WIP Edizioni di Bari, e «Ciò che resta» edito dalla FaLvision di Bari (2012). Nel dicembre del 2012 l’Aletti Editore e la Rivista Orizzonti di Roma hanno pubblicato nell’ontologia «Verrà il mattino e avrà un tuo verso – edizione X» una mia poesia dal titolo «Nel nostro respiro». 2) Che cos’è la poesia? Bella domanda. Sette anni fa, ai tempi del Liceo Classico, avrei risposto che la poesia, quella vera, poteva consistere in un’arte pura, magica o, addirittura “divina”, capace di conservare in eterno la bellezza superstite del mondo. Un qualcosa che veniva da sé, così spontanea da non dare conto a nessuno, libera e naturale come un girasole illuminato dalle prime luci del giorno: una risposta allo scorrere inevitabile del tempo, alla precarietà dell’esistenza umana e allo sfiorire dello splendore naturale e morale contemporaneo. Oggi posso dire che quando si parla di poesia non si deve ridurla, in quanto lettori, ad un semplice strumento di lettura o di intrattenimento personale. Si deve cercare, invece, di coglierla come una possibilità di apertura verso ciò che ci circonda: spesso, ad esempio, vediamo le cose che abbiamo intorno solo come mezzi da utilizzare a nostra discrezione, senza soffermarci affatto su una cosa in quanto cosa, su un albero in quanto albero, su una sedia in quanto sedia. Ecco, la poesia grazie al suo ricco e variegato linguaggio, alla sua polisemia, può essere in grado di farci esplorare gli angoli più nascosti del mondo, le radure inviolate delle vite nostre e altrui. Una possibilità che non va’ sprecata o minimizzata, ma che non deve neanche venire da noi portata a termine compiutamente: una possibilità resta tale solo se non si realizza. La poesia, con il suo canto libero, deve rimanere sospesa, schiusa e inesausta per illuminare quel sentiero fatto di sensibilità, ascolto e incontro che non porta a nient’altro che a noi stessi o, meglio, a inediti noi stessi. 3) Perché i lettori dovrebbero comprare il tuo ultimo libro, «Ciò che resta»? Non si tratta di un ennesimo libro di poesie, bensì di una raccolta di poesie, pensieri e disegni con all’interno un CD musicale e multimediale. Non si tratta nemmeno di un audio-libro: in quest’ultimo la voce di un attore o di un’attrice recitano i versi sotto delle note quasi sempre di sottofondo. Questa volta ho voluto creare qualcosa di diverso e nuovo rispetto al classico repertorio di pubblicazioni poetiche. Oltre al prodotto cartaceo, vi è un CD musicale, i cui brani sono stati composti da tre musicisti tarantini (il chitarrista e tastierista Andrea Casale, il bassista, pianista e chitarrista Claudio Ciaccioli e il fagottista Riccardo Rinaldi) che hanno preso sempre spunto dai miei scritti. È importante sottolineare che nel CD non c’è alcuna voce che legge i testi; abbiamo voluto che la musica “parlasse” da sé attraverso le sue note, lasciando così, chi ascolta e legge, libero di immedesimarsi in quelle stesse sensazioni ed esperienze per assegnarle una propria, personale, interpretazione: viverle, senza limiti, quasi come se fossero le proprie. Un CD anche multimediale; ovvero, se inserito all’interno di un PC, dà vita sullo schermo a presentazioni dove le musiche (Ambient, Fusion Jazz, Alternative Rock) si alternano agli scritti e alle trascolorazioni dei disegni del libro. Devo ringraziare, in modo particolare, per l’ideazione e l’attuazione di questo lavoro sperimentale, Claudio Ciaccioli, grazie al quale è stato reso possibile l’incontro del libro cartaceo con il mondo multimediale e musicale custodito nel CD. Vi sono così due diverse chiavi di lettura: una, ascoltare il CD in uno stereo mentre si leggono le pagine del libro; due, osservare gli scritti sullo schermo del computer, visionando allo stesso tempo disegni e musiche. 4) Da dove sopraggiungono le tue ispirazioni? Non c’è un luogo, una persona o un oggetto specifico da dove si prende spunto per scrivere. Personalmente ho sempre sperimentato che, quando l’istinto di scrivere non arriva, è inutile e improduttivo forzare la mano. La poesia deve viaggiare libera tra la mente ispirata, la mano operatrice e il foglio vergine da inaugurare. Credo che, almeno per quanto mi riguarda, più emozioni e visioni si riescono a provare sulla propria pelle (e per emozioni o visioni non parlo di gesta forti o spericolate da intraprendere, ma di sensazioni e impulsi che provengono dalla cura per le piccole cose e atti quotidiani, senza mai renderli banali), più si riesce a gettare via su carta il proprio microcosmo. 5) Un augurio all’Italia. Ce ne sarebbero di cose da augurare, ma probabilmente sarebbero parole utopistiche buttate al vento. Spero vivamente che il nostro popolo inizi ad apprezzare molto di più le grandi ricchezze che possiede (una storia antichissima che nessun’altra nazione occidentale possiede, parallelamente alla Grecia; un patrimonio artistico, culturale e turistico immenso e invidiato all’estero) piuttosto che lamentarsi continuamente di ciò che non ha. Ai politici italiani è bene non dire niente, sarebbe fatica sprecata. Mi auguro essenzialmente che questo Paese risorga, prima o poi, con una rivoluzione più mentale e culturale che armata e guerrigliera, cambiando una buona volta il nostro modo standardizzato di pensare. 6) Un augurio a te stesso. Poiché ho il difetto di essere alquanto scaramantico non posso rispondere esplicitamente, ma posso augurarmi di guardare il mondo sempre con occhi diversi, positivamente parlando. È una bella sfida; non di certo facile da mettere in pratica. Il rapporto è sempre a due e mai univoco. 7) Una citazione che ti rappresenta con la quale vuoi concludere l’intervista. «La vera esistenza dell’uomo è ciò che di fatto accade al suo interno.» Arthur Schopenhauer “Ciò che resta” di Aldo Calò Gabrieli – FaLvision Editore è acquistabile, oltre che via web sul sito dell’Editore F.A.L. VISION EDITORE SNC – EDITORIA BRAILLE E LIS o scrivendo [email protected] , su tutti i migliori web store tra cui: http://www.ibs.it/code/9788896931219/calograve/cio-che-resta.html. E’ possibile comunque ordinarlo in qualunque libreria d’Italia. Consultabile presso le biblioteche nazionali di Roma, Firenze e Bari.