Gli USA spiano i cittadini. L’Italia imita?

La notizia è riportata da tutti gli organi di informazione del mondo: I cittadini americani sono spiati sul web, Obama ha accesso ai dati di Google, Fb e Skipe. Uno scandalo che si allarga, la “National Security Agency statunitense è entrata nei server di aziende come Microsoft, Google, Facebook, spiando conversazioni, scambio di messaggi, utilizzo di carte di credito dei cittadini americani. Un vero e proprio abuso di potere che deve essere chiarito come invocato dal “New York Times” con un editoriale pesantissimo nei confronti del Presidente degli USA che nel frattempo ha comunicato che sono azioni autorizzate dal Congresso per garantire la sicurezza nazionale. Un’azione di monitoraggio teoricamente giustificata dagli attentati terroristici contro le Torri Gemelle dell’11 settembre. Un modello che rischia di essere scimmiottato da altre Nazioni anche nel caso di assenza di una minacci terroristica di livello elevato come quella che incombe sugli USA. Un’eventualità non remota, forse già presente anche nella realtà italiana per quanto attiene al social network Facebook. Il condizionale é d’obbligo in assenza di riscontri oggettivi, ma l’ipotesi non é azzardata se riferita a “gruppi e/o pagine” dedicate a vicende di risonanza nazionale come la vicenda dei due Fucilieri di Marina in ostaggio dell’India ormai da circa un anno e mezzo. Facebook, infatti, offre una piattaforma comunicativa di elevata valenza consentendo l’interconnessione in tempo reale di centinaia di migliaia di cittadini. Tutte persone impegnate a tenere alta l’attenzione istituzionale sulla irrisolta vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, favorendo la polverizzazione di informazioni in tempo reale coinvolgendo nello stesso momento una vastissima utenza. Costoro non sono terroristi o presunti tali, nemmeno membri di formazioni particolari caratterizzate da posizioni politiche o ideologiche estreme o appartenenti a “club esclusivi” come ad esempio la “Trilaterale” od a logge massoniche non meglio caratterizzate. Solo gente comune che non condivide la posizione di inerzia assunta dall’Italia fin dall’inizio degli eventi che hanno coinvolto due militari italiani ed innescato una controversia internazionale con l’India. Una scarsa incisività, quella italiana, che ha portato ad una vera e propria rinuncia della sovranità nazionale, fatto unico nella moderna storia del nostro Paese. Cittadini che si chiedono quotidianamente perché non si attuino le procedure previste dal Diritto Internazionale come l’arbitrato e che manifestano il proprio dissenso nel massimo rispetto delle istituzioni. A costoro viene, però, negata qualsiasi risposta concreta al di là di sporadici flash di “burocratese” ed in qualche modo anche il “diritto di mugugno”, da sempre espressione di libertà ed accettato da tutte le democrazie del mondo. Italiani che non minacciano il loro Paese, ma che credono ancora nelle Istituzioni e per questo motivo le sollecitano ad essere garanti dei diritti elementari di uno Stato custode di antiche tradizioni che hanno lasciato un segno nella storia del mondo, oggi affrettatamente abbandonate per lasciar spazio ad altri interessi. Uomini che non si riuniscono segretamente quasi fossero moderni “carbonari”, bensì esprimono la loro approvazione od il loro dissenso alla luce del sole, senza remore. Per questo non possono essere guardati con sospetto dal proprio Paese che, piuttosto, dovrebbe concedere loro il massimo rispetto per l’attaccamento che dimostrano allo Stato ad alla Bandiera, simbolo della Patria, “la terra dei padri” , la terra natale di una persona, il luogo in cui si hanno legami familiari e dove riposa chi ci ha preceduto. Si ha motivo di ritenere, invece, che quella stessa Italia che non riesce ad affermare la propria sovranitá nei confronti dell’India, guarda con sospetto a questa gente, considera il loro pensiero un’azione di disturbo da vigilare attentamente é semmai da ostacolare. Solo una sensazione che emerge spontanea nel momento che taluni pensieri affidati al social network, arrivano in rete con ritardi non giustificati da seppur possibili carenze tecnologiche e talvolta anche escludendo qualcuno dei destinatari. Accadimenti che sono aumentati mano a mano che é cresciuta l’attenzione e l’impegno degli italiani a favore dei due Marò e che la gestione degli eventi a livello istituzionale é stata caratterizzata sempre di più da incomprensibil incongruenze che hanno portato anche alle dimissioni di un Ministro della Republica. Forse assistiamo all’affermazione di un nuovo modello italiano che alla stessa stregua di quello statunitense prevaricherebbe i diritti costituzionali dei cittadini, in particolare la loro privacy ed il diritto di dissenso, solo perché potrebbe creare imbarazzo a qualche apparato dello Stato o singole figure istituzionali. Un’accelerazione di “verifica” che sembra essere in essere dopo la pubblicazione del “I due Marò: Due Italiani Dimenticati” (https://itunes.apple.com/it/book/i-maro-due-italiani-dimenticati/id657253645?mt=11). Un volume che oltre a narrare le vicende ed a presentare alcune valutazioni tecniche sull’accaduto, raccoglie i principali articoli e notizie di stampa che nel corso dei mesi hanno riguardato gli eventi. Il tutto non commentato, solo raccontato, proponendo al lettore una storia completa da cui poter trarre le proprie conclusioni. Un testo che forse per la sua linearità di contenuti potrebbe rinnovare interrogativi negli italiani su una vicenda tuttaltro che chiara, anche e soprattutto in termini di responsabilità specifiche. La storia dei Fucilieri di Marina in ostaggio dell’India sta superando tutti i misteri d’Italia messi insieme e giorno dopo giorno si consolida come uno dei momenti peggiori della storia del nostro Paese. Per i Marò fin dal primo momento è stato deciso per motivi ancora non chiari che non si dovesse parlare. Una disposizione immediatamente rispettata dalla maggior parte degli organi di informazione compreso il Servizio Pubblico televisivo che solo raramente ha dedicato risorse per raccontare agli italiani sulla sorte di due “servitori dello Stato” destinati a rischiare severe condanne per fatti ancora da provare e comunque avvenuti mentre tutelavano gli interessi dello Stato. Moltissimi italiani non hanno invece rispettato questo “desiderata istituzionale” e fin dal primo momento si sono impegnati a tenere alta l’attenzione sugli eventi, attraverso un network strutturato su Internet, mediante il quale trasferire un proprio e personale pensiero sul tema specifico. Costoro, da subito, sono stati divisi in “buoni e cattivi”. Buoni coloro che plaudevano alle decisioni ufficiali, cattivo chi esprimeva garbatamente il proprio dissenso o sottolineava le decisioni istituzionali non condivise. Ai primi ampio spazio e massima divulgazione delle loro affermazioni. I secondi trattati come fossero un “virus informatico” da veicolare in quarantena monitorandone i contenuti prima di restituirli alla piattaforma comunicativa a cui erano destinati. Se venisse confermata l’ipotesi di un possibile monitoraggio istituzione dei network attivati da chi ha deciso di impegnarsi per i due Marò, verrebbero a mancare le garanzie elementari dovute ai cittadini di uno Stato moderno che fonda i pilastri della sua democrazia sul rigetto dell’oscurantismo della censura ed osannato, invece, la libertà di espressione come uno dei concetti primari da tramandare alle future generazioni. Questi cittadini italiani che hanno la sola responsabilità di essere impensieriti perché l’Italia continua ad essere ostaggio dell’India, non meritano di essere monitorati mutuando un modello statunitense adottato per individuare terroristi di Al Qaeda. Devono invece rappresentare un modello da pubblicizzare in un momento in cui quotidianamente decadono i più elementari valori etici che hanno fatto grande l’uomo. L’iniziativa americana, peraltro autorizzata dal Congresso, è finalizzata alla prevenzione di possibili azioni terroristiche, se mutuata per altri scopi fino a diventare generalizzata, oltre ad intaccare il diritto di privacy dei cittadini potrebbe addirittura inficiare l’azione di “monitoraggio preventivo antiterroristico”, con una conseguente ricaduta negativa per la sicurezza nazionale ed internazionale. Istituzioni che guardano sempre ed ovunque attraverso il “buco della serratura” non ostacolano ne tantomeno prevengono la minaccia, piuttosto favoriscono le strategie eversive che potrebbero approfittare dell’azione del controllo generalizzato, statisticamente destinato ad essere aggirato. Monitorare cittadini impegnati a favore di altri connazionali in pericolo perché “colpevoli” di difendere gli interessi nazionali come sta avvenendo per Massimiliano e Salvatore, non favorisce la soluzione del problema né tantomeno ne accelera i tempi. Offende solo le persone e per taluni aspetti favorisce la controparte. Monitorare l’espressione del libero pensiero è una prevaricazione dei diritti delle persone e dimostra incertezza gestionale se, nello stesso tempo, si accetta che uno Stato terzo offenda la sovranità nazionale, senza portarlo a giudizio di arbitrati internazionali. Il controllo, in questo caso, non è un atto di autotutela per la sicurezza dello Stato, piuttosto la dimostrazione di essere forte con i deboli e debole con i forti. L’India lo ha compreso e ne sta approfittando. Noi continuiamo a denunciarlo senza remore e senza timore di essere inscritti nella black list dei cattivi !