Marò, la Costituzione ed il Diritto hanno ancora valore in Italia?

E’ triste iniziare un nuovo anno chiedendosi come italiano se la nostra Costituzione ed il Diritto fanno ancora parte della cultura nazionale. E’ ancora più scoraggiante per coloro che come chi scrive hanno sempre considerato la Carta Costituzionale come un riferimento imponente ed hanno cercato negli anni di trasferire alle nuove generazioni questo concetto.

Un interrogativo malinconico indotto dalla vicenda che coinvolge i nostri due Marò e che propone una realtà ben lontana da ciò che la nostra Costituzione sancisce a garanzia dei propri cittadini e dell’onore dell’Italia. Eventi che stanno coinvolgendo da dieci mesi i due Sottufficiali della Marina Militare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, indebitamente trattenuti in India dal momento che con un preconcetto colpevolista e con una falsa comunicazione fu fatta rientrare nel porto di Koci la nave italiana Enrica Lexie sulla quale erano imbarcati con funzioni di sicurezza antipirateria.

Un atto in assoluto contrasto con la “Convezione per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima” firmata anche dall’India a Roma il 10 marzo 1988, che punisce penalmente le comunicazioni marittime consapevolmente false come è stata quella con cui è stata motivava la richiesta indiana inoltrata alla Lexie, peraltro mai contestata dalle Istituzioni italiane che non hanno nemmeno mai chiesto alla NATO un atto di “solidarietà politica attiva” come previsto all’articolo 4 della Carta dell’Alleanza.

La vicenda è ancora aperta dopo dieci mesi durante i quali nessuno fino ai massimi livelli istituzionali si è mai preoccupato di spiegare agli italiani cosa fosse successo e come si intendeva procedere a tutela dei nostri concittadini prigionieri di uno stato estero. Solo reiterati inviti a “low profile” nei confronti dell’India e retoriche parole di circostanza per i due marò.

Un obbligo di informazione sicuramente dovuto alla Nazione se non altro per motivi di trasparenza come previsto dalla Legge e come dovrebbe suggerire il buon senso. Ancora una volta, invece, si è preferito distinguere tra l’informazione istituzionale e la comunicazione politica. La prima doverosa in democrazia è venuta a mancare per scelte di cautela nella gestione della vicenda, la seconda non c’è stata per una quasi generalizzato disinteresse a livello Istituzionale e politico in generale. Naturale, quindi, chiedersi se le garanzie costituzionali e del Diritto abbiano ancora valore preminente nel nostro Paese. Molte infatti le incongruenze che in questi mesi si sono sovrapposte, fino all’ultimo impegno preso fra Esteri e Governo dello Stato indiano del Kerala sulla concessione e gestione di un permesso natalizio concesso ai due nostri Marò su cauzione. La carenza di informazioni o risposte ufficiali continua ad essere tale. Proviamo, quindi, a capire da soli traendone naturalmente le debite conseguenze. Molti i dubbi, alcuni che potrebbero essere anche rilevanti sul piano sostanziale. Alcuni fra i tanti emergono dopo un’analisi sviluppata insieme all’amico Giorgio Prinzi, anche lui amministratore del Gruppo di Facebook “Riportiamo a casa i nostri militari prigionieri”. La Costituzione italiana tratta dell’estradizione negli articoli 10 e 26 e, nello specifico, nell’articolo 27 che recita “Non è ammessa la pena di morte”. Non è, quindi, ammissibile l’estradizione verso uno Stato il cui ordinamento preveda come sanzione, per il reato al quale si riferisce la richiesta, proprio la pena di morte. Peraltro, anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vieta di allontanare, espellere o estradare una persona verso uno Stato in cui questa rischi di essere sottoposta alla pena di morte o alla tortura o a pene e trattamenti inumani e degradanti. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali il 28 aprile 1983 ha sottoscritto, inoltre, il “Protocollo n. 6 sull’abolizione della pena di morte”, reso esecutivo con legge 2 gennaio 1989. La Corte Costituzionale fin dal 1996 ha anche chiarito che la semplice garanzia formale che lo Stato richiedente l’estradizione non applicherà la pena di morte è insufficiente per la concessione dell’estradizione stessa e, più nello specifico, nel 2008 ha chiarito che “ai fini della pronunzia favorevole all’estradizione, è richiesta la documentata sussistenza e la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’estradando (…) che essa espressamente condizioni l’estradizione alla sussistenza dei gravi indizi: in regime convenzionale, invero, la sussistenza dei gravi indizi di reità va incontrovertibilmente presunta dai documenti che la Convenzione indica”.

Inoltre, l’articolo 698 del codice di procedura penale vieta l’estradizione quando è previsto che un imputato rischia di essere sottoposto ad un procedimento che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali come quello della difesa con un processo basato su prove che nella fattispecie dovrebbero essere prioritariamente rappresentate da esame autoptico e prove balistiche.

Si nutre, inoltre, qualche dubbio su un possibile “vizio costituzionale” sull’accordo intercorso fra il Ministero degli Affari Esteri ed il Governo del Kerala, sicuramente preventivamente condiviso in ambito dell’Esecutivo e quindi con sicura valenza internazionale, ma, per quanto noto, deciso senza l’avallo del Parlamento, in questo caso forse indispensabile per un atto in deroga alla Costituzione ed all’articolo 698 del Codice di Procedura Penale in materia di estradizione.

Una situazione non chiara che si riferisce a Leggi scritte e codici etici non sanciti. La Costituzione Italiana ed il diritto Penale da un lato che potrebbero giustificare il non rientro in India dei due Marò ed il Codice d’Onore Militare che imporrebbe, invece, a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone di rispettare la parola data alle Autorità indiane.

Ancora tutto rimane avvolto dalla nebbia del dubbio che però non è più accettabile a distanza di due giorni dalla scadenza del “permesso speciale su pagamento di cauzione”. La situazione di stallo è analoga a quella che ha caratterizzato questi lunghi dieci mesi e sembra lontana qualsiasi soluzione che nel rispetto della nostra Costituzione e del Diritto Penale italiano tuteli i due nostri cittadini,

Sarebbe invece auspicabile che una volta per tutte sia affermata la sovranità nazionale, applicando quanto la Costituzione italiana ed il Diritto Penale garantiscono ai propri cittadini, peraltro nell’assoluto rispetto del Diritto Internazionale disatteso, invece, da altri.